A volte ci giriamo intorno per trovare il termine giusto, la locuzione più appropriata, la frase più opportuna per definire correttamente qualcosa che ci piace o che non ci piace.
Molto spesso, riusciamo ad esprimere solo in parte le nostre sensazioni, lasciando in noi un qualcosa di irrisolto. Altrettanto spesso, possiamo trovare piena espressione delle nostre idee nelle parole di qualcun altro: a me è successo ieri con Noel Gallagher, storico membro della band inglese degli Oasis insieme al fratello Liam, entrambi celebri tifosi del Manchester City.

CITIZENS. Nato a Manchester da una famiglia di origini irlandesi, Noel ha deciso sin dall'infanzia di sostenere i Citizens come il padre, nonostante il resto della famiglia fosse tifosa della parte Red e vincente della città. Liam invece deve la sua fede ad un maestro delle elementari, tifoso scatenato del City, il quale aveva portato con sé i ragazzi della classe per assistere ad una sessione di allenamento del portiere Joe Corrigan a Maine Road, vecchio stadio del City. 
Quando nascono gli Oasis e la musica entra prepotentemente nella vita dei fratelli Gallagher, il City vi resta dentro come parte integrante: l'iconica copertina di Definitely Maybe ritrae la band casualmente disposta in una stanza, con diversi oggetti intorno e tra questi, appoggiata al caminetto, la foto di Rodney Marsh, attaccante dei Citizens di metà anni Settanta, acquistato all’epoca per la cifra record di duecentomila sterline.

Ma come un contrappasso dantesco, la fama degli Oasis è indirettamente proporzionale alla sorte del loro amato club del cuore: nell'agosto 1997 esce Be Here Now, disco che conquista tutte le classifiche di vendite (un milione di copie vendute in meno di una settimana), proprio agli albori della peggiore stagione nella storia del club che, per la prima volta, retrocede nell’inferno della First Division, la Serie C inglese.
Undici anni dopo, sempre ad agosto, una delle tante ed incontrollabili liti tra i due fratelli sfocia nello scioglimento degli Oasis: quasi contemporaneamente, l’emiro Al Mubarak getta le basi per la creazione di una squadra stellare che avrebbe dominato il calcio di Sua Maestà per il successivo decennio ed oltre. E' l'inizio di un'era fatta di spese folli, qualcosa come due miliardi di euro di campagne acquisti, con Mancini, Pellegrini e Guardiola in panchina, con Tevez, Agüero, Fernandinho, Balotelli, Dzeko, Sterling, Bernardo Silva e De Bruyne (tra gli altri) in mezzo al campo. 
Anni ed anni di titoli e di calcio stellare, col grande sogno chiamato Champions League sempre accarezzato ma ancora mai assaporato (e forse, quest'anno, è la volta buona..), divenendo comunque l’unico club inglese in grado di aggiudicarsi tutti i trofei della Football Association in una sola stagione (2018-2019) ed in un anno solare (2019).

Ma prima di tutto questo, gli Oasis hanno rappresentato il Manchester City nel mondo. POLITICALLY UN-CORRECT. L'avanzata a suon di sterline dei Citizens, coincide con la caduta degli odiati rivali cittadini dello United, vittime della propria stessa grandezza nel dopo-Ferguson. E Noel, sincero come sempre, dichiarò in tutta onestà: «Se io avessi saputo che sciogliere gli Oasis avrebbe significato vincere la Premier per il City, lo avrei fatto almeno quindici anni fa».
Quando nel 2011 Gary Neville, storico capitano dello United e grande fan degli Oasis, ebbe la malaugurata idea di citare "Fade Away" in un tweet che celebrava la vittoria dello United contro il Chelsea, Noel rispose con questa dichiarazione al Sun: "Se il signor Neville continua ad usare le sacre scritture degli Oasis per comunicare con la plebe Cockney, potrei vedermi costretto ad andare nel Cheshire nel bel mezzo della notte e fare irruzione a casa sua. Poi lo legherei ad una sedia e gli farei ascoltare il Best Of dei Simply Red mentre lo spenno un capello grigio alla volta, con i miei denti. Poi libererei per sempre quei dischi degli Oasis e cagherei nel suo borsello. Questo è un avvertimento!" 
L'ex calciatore decise allora di inviare alla star della musica la sua chitarra, in segno di pace. 
La risposta di Noel Gallagher? Strumento rispedito al mittente, con la scritta MCFC (Manchester City Football Club) sulla parte frontale della chitarra ed una dedica speciale sul retro: "Caro Gary, quante presenze hai totalizzato con la Nazionale Inglese? E quante di queste hai meritato? Te lo dico io? Nessuna! Con amore, Noel".
Ancora oggi Noel, col suo progetto solista Noel Gallagher’s High Flying Birds, porta sul palco uno stendardo del Manchester City come parte della scena. E quando un anno fa, i Citizens hanno vinto la Coppa di Lega, la terza consecutiva e la settima nella storia del club, egli stesso ha animato la festa nello spogliatoio: dopo il successo per 2-1 a Wembley contro l'Aston Villa, Gallagher ha festeggiato sulle note della celebre sua celebre hit Wonderwall preso a braccetto dal terzino francese Fernand Mendy. 

LA SUPERLEGA E GLI IDIOTI. Un personaggio così innamorato del calcio, del suo club del cuore e così poco incline al viscido piattume del politically correct, ha avuto modo di dire la sua anche sul progetto della Superlega, del quale il City doveva essere parte integrante. Prima del flop, nel giro di quarantott'ore.
Senza peli sulla lingua, come sempre. Intervistato a Radiofreccia, riguardo alla sua nuova raccolta "Back The Way We Came: Vol 1 (2011 - 2021)", non le ha mandate a dire a nessuno: "In realtà, io penso che la Superleague sia stata un'idea migliore di quella avuta dalla UEFA per l'attuale Champions League. Purtroppo, quando hanno annunciato che sarebbe stata composta da dodici squadre che non possono essere retrocesse, tutti hanno odiato la cosa: in questo senso, è stata un'idea terribile e nessuno la vuole. Ma, allo stesso tempo, il modo in cui la UEFA ha esteso la Champions League è un'idea ugualmente terribile e allo stesso modo nessuno la vuole. Ci dovrebbero essere meno squadre in Champions League, così le partite sarebbero più belle: non servono più squadre! Voglio dire, nessuno vuole vedere una squadra come il Milan che gioca contro qualche squadra del Kazakistan, nessuno vuole una roba del genere. Quelli che gestiscono il calcio sono degli idioti, questo sport è stato preso in mano da burocrati e milionari".
Amen.

L'avevamo detto anche noi, su questo blog, forse con meno pathos ma con lo stesso sentimento profondo: oltre le parole intrise d'ipocrisia, di chi canta gli Osanna per il "calcio del popolo" e poi intasca gli stipendi a sei o sette zeri, bisogna capire il significato profondo del progetto "Superlega", che sta nell'esigenza di alimentare il sistema con nuovo denaro frusciante.
Ci auto-citiamo, con orgoglio: "Chi è preoccupato per le problematiche etiche, per i tifosi, per il popolo del calcio, sappia che i Club sono arrivati alla canna del gas proprio per pagare gli stipendi faraonici dei calciatori e per sottostare ai ricatti dei procuratori dei calciatori. Gli stessi che hanno speso parole al vetriolo contro "il calcio dei ricchi" e la Superlega. La soluzione ai mali economici del pallone è semplice: anzichè riempirvi la bocca di frase fatte, al prossimo rinnovo di contratto accontentatevi di chiedere qualche euro in meno, sarete sempre ricchissimi".

Ma purtroppo, come dice il buon Noel, il calcio è in mano ad un branco di idioti, burocrati e milionari.
E se vuole, io mi candido a prendere il posto di Liam.