Il Movimento Calcio in Italia ha sempre più l'aspetto di un grattacielo decrepito, di cui giorno dopo giorno cade un pezzo...

Nessuno sembra rendersene conto (di quelli che sono al comando ovviamente) oppure fa comodo continuare a nascondere la testa sotto la sabbia, per non perdere il potere che la poltrona occupata gli sta garantendo.
Il risultato però è sotto gli occhi di tutti. Prima di arrivare all'epilogo della mancata partecipazione ai Mondiali di Russia c'è sempre lo scadimento in termini di interesse del nostro Campionato di Calcio relegato in ambito europeo alla stregua di un Campionato Portoghese o Greco.
Colpa dei grandi capitali cinesi (dicono alcuni) o i pochi capitalisti russi o thailandesi, che hanno invaso il calcio europeo diventando proprietari dei Club più prestigiosi. Il fatto è che in alcuni Paesi (Spagna, Germania e Inghilterra su tutte) le Federazioni hanno saputo vedere in lontananza anticipando i tempi critici attuando tramite i governi locali delle leggi ad hoc capaci di alleggerire fiscalmente gli oneri delle società di calcio, le quali a loro volta hanno reinvestito quel denaro risparmiato dal fisco nel rinnovamento delle strutture (dagli stadi di proprietà ai campi di allenamento e alle strutture per lo sviluppo dei giovani talenti).

In Italia, nonostante il grido d'allarme lanciato da qualche sporadica voce, non è stato programmato alcun intervento per mantenere quantomeno inalterato il livello raggiunto fino ai primi anni 2000 e i risultati sono quelli che vediamo oggi.
Gli interessi di una visione ''politica'' di un Movimento (Federazione e Leghe) che nulla dovrebbero avere a che fare con la politica spicciola in uso al Governo centrale hanno portato insieme alla complicità dei Club (soprattutto quelli più importanti) a delle enormi perdite economiche generali ma soprattutto nella cattiva gestione del patrimonio strutturale che ad oggi non è paragonabile neanche al Brasile ultimo organizzatore del Torneo Mondiale.
Il discorso è certamente più ampio, parallelamente alla gestione delle infrastrutture pubbliche di ogni singola città capoluogo o paese che dir si voglia da parte delle amministrazioni locali; ma l'immobilismo e lo scarso peso di chi ha presieduto e presiede ai vertici di CONI, Federcalcio e Leghe di A e B nel far comprendere alla politica italiana il non più procrastinabile rinnovamento delle infrastrutture è colpevole dello status attuale quanto i stessi proprietari dei Club che non hanno fatto fronte comune contro il lassismo dei Governi. Qualcuno per proprio conto, a macchia di leopardo, ha ristrutturato o costruito nuovi stadi a norma e comodamente fruibili dagli appassionati grazie solo alle proprie forze e accordi personali con imprenditori locali.

Le perdite economiche dovute alla mancata partecipazione ai Mondiali coinvolgono non solo Federcalcio. ma anche in misura rilevante tutto un indotto che coinvolge turismo e commercio nel senso più ampio del termine.
Le dimissioni di Tavecchio e speriamo dell'intero Consiglio Federale devono servire a un deciso cambio di rotta soprattutto nella politica di amministrazione del movimento e della gestione del calcio in ambito nazionale. Occorrerà definire le priorità e in particolare le competenze di ogni singola Lega ma soprattutto chi sovrintende chi, dal momento che finora si è goduto di fin troppa autonomia.
E unità d'intenti tra tutte le categorie laddove le proprietà dei Club professionistici sono quelle destinate a rimetterci maggiormente in caso di un perdurare della spaccatura esistente tra grandi e piccoli.