Sarò polemico, molto polemico, chiaro? Siete avvertiti.
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Se il Milan non ha meritato di vincere è, di certo, per la parte iniziale del 1° tempo in cui è sceso in campo spocchioso e irritante, quasi che la partita col Lille non fosse mai stata giocata. E' paradossale dirlo, ma sarebbe stato meglio che la sconfitta con in francesi avesse lasciato qualche strascico, perché in qualche maniera, oltre alla stanchezza, ci sarebbe stata una sana rabbia e voglia di rivalsa. Invece, i rossoneri davano l'impressione di sentirsi dei fenomeni capitati per un disguido fra i mortali. Qualcuno poi, fresco di convocazione in nazionale, doveva essersi montato la testa. Mi riferisco a Calabria che Zaccagni, onesto mestierante del calcio e non Garrincha, ha trattato da zerbino rischiando di mandare in gol Kalinic. Donnarumma, oggi sul pezzo, ha salvato, ma sul successivo calcio d'angolo la traversa lo ha tradito, mandando il pallone a stopparsi sulle terga di Gigio e regalando ad Antonin Barak il minuto di gloria della sua carriera. Calabria, poi, convinto ormai di essere un azzurro di lungo corso, andava col piede di burro su una conclusione dal limite e siglava la più classica delle autoreti. Tutto ineccepibile fin qui, perché quando ci si crede dei padreterni senza esserlo, Eupalla, dea del calcio cantata da Brera, la prende molto male e spedisce jatture e punizioni. E' il caso di dirlo che, in certi casi, il rimpallo sa dove deve andare.

La dea, tuttavia, ha apprezzato il repentino pentimento dei giocatori milanisti che, da quel momento in poi hanno preso a correre come volenterosi somarelli. Niente di che, ma quando entri con la guardia bassa e ti fai stendere con il classico 1-2, ha bisogno di tempo per raccapezzarti ed è già tanto che il knock-down non sia diventato un impietoso knock-out. Kessie tocca un traversone e una maglia gialloblu, ricordandosi di una vecchia pubblicità della lacca, fissa morbido morbido il pallone nella propria area. "Un gol non cercato, vero" sembra dire il sorriso beffardo di Eupalla, "ma come la mettiamo coi rimpalli del Verona? Non sono così cattiva da non tenerne conto.". Da quel momento, comunque, per quanto il Milan faccia poco, non c'è più neanche tanto Verona, se non un po' di sana corsa proletaria. Ibra, piuttosto, gira a vuoto per il campo senza trovare la posizione e il suo stato confusionale lo porta a tentare il gol da 40 metri su una punizione impossibile.

Nell'intervallo, Juric, un allenatore che mi ispira simpatia quanto mia suocera quando viene a farmi visita durante la partita, si ricorda che tutti i non milanisti stanno spingendo per il crollo dei rossoneri e decide con cinismo di cavalcare a suo favore gli umori dell'opinione pubblica. Il Verona inizia a randellare senza scrupoli e pietà, contando sul fatto che il signor Guida dà l'impressione di essere piuttosto incerto. Il Milan, inoltre, sta portando in avanti il proprio baricentro e si scopre, per cui gli scaligeri hanno un'ultima ghiotta occasione. Eupalla, tuttavia, decide di spedire la palla oltre i pali, non fosse altro, perché ha visto che Juric e i suoi iniziano a credersi, a loro volta, dei piccoli padreterni. E non sta bene, non lo sono neanche loro.

C'è solo il Milan che si è ricompattato ed è tornato a essere una squadra che gioca a memoria e rischia gli scambi veloci anche a costo di perdere la sfera. E' normale che sei match consecutivi in tre settimane abbiano tolto un po' di velocità ai giocatori, ma la crescita progressiva col passare dei minuti, testimonia che la tenuta sul fondo c'è tutta. Calabria è tornato coi piedi per terra e sputa sangue con grinta, mentre Ibra continua a stentare. Gli scaligeri sono alle corde, ma si chiudono e restano in piedi grazie al mestiere. Fioccano le occasioni per la squadra di Pioli, compreso un incrocio dei pali, ma Silvestri gioca il match della vita, come il polacco Tomachewsky a Wembley nel 1973. Chala segna, ma è in fuorigioco millimetrico, mentre Ibra tocca il fondo togliendo a Kessie la battuta di un rigore sacrosanto, pur senza sentirsi sicuro. Sbaglia, infatti, ma ha gli attributi di bronzo e da lì inizia a giocare meglio. Tutto il Milan sta dimostrando di avere attributi massicci e spinge incurante di ogni avversità, come chi sa di essere dalla parte della giustizia e lotta col sacro furore degli ideali in cui crede.

Il finale è un'autentica corrida e ne fa le spese Leao, eliminato con un intervento brutto, ai limite del codice penale, perché oramai, anche per colpa di una direzione arbitrale di poco polso, il Verona sembra convinto di avere la licenza di uccidere. Quando, poi, pareggia Calabria, riscattando i primi minuti del match, intorno al timidissimo Guida si scatena una gazzarra e Juric sembra pretendere dal direttore di gara l'annullamento della rete. L'arbitro è quasi trascinato di forza al VAR e ritorna verso il centro del terreno con lo sguardo del condannato a morte, perché le immagini gli hanno detto che il pallone è rimbalzato fra portiere e la spalla di Ibra, ma decide come se lo svedese abbia bloccato la sfera e l'abbia consegnata brevi manu all'autore del gol. Grottesco e surreale come "l'age d'or" di Luis Buñuel!

Eupalla non si scompone, perché sa già che la ybris di Juric sarà vendicata e senza che sia necessario un intervento soprannaturale. Come in un famoso giambo latino, il Milan urla "Malum dabunt Metelli Naevio poetae". Ed è Ibra a colpire la squadra di Juric come se fosse uno dei Metelli contro il poeta rivale Nevio. Lo fa con un colpo di testa in pieno recupero, salendo lassù sulle montagne fra boschi e valli verdi. Considerando il poco tempo trascorso fra il gol annullato a Calabria e quello di Ibra, si può dire che, per buona sorte, la precedente decisione di Guida sia stata ininfluente, ma la dice tutta sul clima velenoso creatosi in campo e non per colpa dei rossoneri. Per il Verona dovrebbe essere un punto importante, ma è uno schiaffo a chi gustava la ricca pietanza della vittoria e si ritrova con meno di mezza porzione. Ci si sfama, ma si rimane insoddisfatti. La stessa mezza porzione vale quanto una doppia razione per i rossoneri, perché hanno dimostrato di avere attributi e capacità di reazione alle avversità, che non possono non capitare e capiteranno ancora nel corso della stagione. Un buon segno e, in prospettiva, un punto di forza. L'arbitro Guida è una brava persona, ma ieri è sembrato in balia di chi alzava più la voce e questo non deve più capitargli. Essere arbitri implica polso.

Alla Domenica Sportiva, dove ogni risultato positivo del Milan viene vissuto come un lutto in famiglia, diranno che, col gioco mostrato ieri, il Milan non può vincere lo Scudetto. Il Milan, infatti, non vincerà lo scudetto, ma sta facendo punti e se li tiene. Potrebbero far comodo a fine campionato per cogliere qualche obiettivo intermedio da cui ripartire per fare ancora meglio nelle stagioni prossime. Il Milan lo rammenterà a quei signori della TV con puntiglio, punto dopo punto e domenica dopo domenica.