Laconico, il filosofo Sgalambro diceva che “la specie non è niente, alcuni uomini sono tutto.” Perché senza il singolo la specie non ci appartiene. Il poeta John Donne diceva che "nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto... La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te". Individuo e umanità, ente ed essere.

E le campane da morto che ieri notte hanno suonato per annunciare la morte di Paolo Rossi in un certo senso hanno annunciato la morte di ciascuno di noi. Di un'Italia unita, gioiosa, laboriosa e per questo speciale, così normale che in quella normalità ciascuno si riconosce. Paolo Rossi è stato un campione, ma prima di tutto un uomo, con i suoi silenzi, la sua tenacia, la sua ingenuità. Era una farfalla, volava grazie a quella crisalide cresciuta nel fango, nell'offesa, nella fragilità di un'onta che l'ha segnato ma che non è stata capace di piegarlo. Il campione che si illumina di azzurro, che sogna la gloria proprio nel momento in cui la specie desidera quella gloria.

Lo ricordiamo tutti in quelle notti del 1982, quando l'Italia dopo un girone infernale è risalita grazie ai suoi gol, al suo tempismo. Se riguardi i video della sua, della nostra impresa, ti accorgi che Rossi non va mai a cercare il pallone, è il pallone che lo desidera, che desidera quell'attaccante gracile dai piedi raffinati. Ci sono situazioni che sono inspiegabili, ma che quando li leggi con gli occhi della purezza si fanno miracolo.

Questo era il calcio di Paolo Rossi.«Io non segno quasi mai di potenza, generalmente conquisto quei due metri che costano il goal all'avversario. Per me, è fondamentale il gioco senza palla, lo smarcamento, quando la palla non c'è, è indispensabile. Non ho avuto dalla sorte un grande fisico e mi debbo far furbo». Il limite che diventa astuzia, che si fa beffa della sorte.

Prima cannoniere del Lanerossi Vicenza, poi del Perugia, quindi della Juventus, e in mezzo tre anni, poi ridotti a due, di sospensione, ridotto a scherno per un'ingenuità mai veramente approfondita, l'onta del calcioscommesse. Ma in questo dramma della coscienza ecco due uomini tendere la mano, farsi padri, quasi icone laiche della misericordia di Dio: Boniperti e Bearzot, e dall'altra parte l'umiltà di un giovane, di un campione umile e pacato. Rossi ricordò così la fiducia del presidente della Juventus: «Boniperti mi chiamò: "Verrai con noi in ritiro, ti allenerai con gli altri, anzi più degli altri". Mi sono sentito di nuovo calciatore. La lettera di convocazione adesso farebbe ridere. Diceva di presentarsi con i capelli corti, indicava cosa mangiare e cosa bere. Boniperti era un mago in queste cose. Quando arrivai mi disse: "Paolo, se ti sposi è meglio, così sei più tranquillo". Mi sono sposato a settembre. L'avrei fatto lo stesso, diciamo che sono stato un po' spinto. Comunque devo ringraziare lui, Trapattoni e Bearzot».

Sì, perché nonostante tre sole partite nella Juventus che vinse il suo ventesimo scudetto, Bearzot convocò l'attaccante per schierarlo centravanti della Nazionale che poi vinse il mondiale 1982. La misericordia e la fiducia, l'umiltà e la caparbietà. Così Papa Francesco: “Senza la misericordia, senza il perdono di Dio, il mondo non esisterebbe, non potrebbe esistere.” E laicamente potremmo dire che senza un padre che ti incoraggia, la crisalide non sarebbe mai stata farfalla. Ecco ciò che ci racconta la storia di Paolo Rossi: tutti abbiamo bisogno di una mano che accompagna, perché senza di quella l'errore non avrebbe mai redenzione.
E poi c'è il Paolo opinionista, l'uomo che ha mostrato umanità, competenza e pacatezza in un mondo di urlatori. L'urlo, l'unico degno di considerazione è quello di Munch, ma lì l'urlo non viene disatteso.

Terminai l'articolo su Maradona dicendo che Dio forse non sarà un campione di calcio, ma in fatto di umanità è la sovrastruttura (ahimè che brutta parola!) che sostiene la fragilità; Paolo, magari davanti ad un bianco frizzantino, saprai convincere il Padre a riportare anche il calcio allo sport che tutti amiamo.
Grazie.