Se potessimo riavvolgere la pellicola di un film sul Milan, di cui conosciamo perfettamente la trama, ma non il finale, l'alternanza di emozioni a cui saremmo sottoposti amplificherebbe quella soddisfazione di essere milanisti e quella gioia con cui condividiamo la nostra vita quotidiana. Il presente è la conclusione di questo campionato, ancora ampiamente aperto ad ogni scenario, sia esso splendidamente entusiasmante o, al contrario, drammaticamente deludente. E' fin troppo evidente che, per evitare la seconda, che appare la soluzione più logica e probabile, serve un aiuto dal mercato e non lasciare nulla al caso. Serve non accontentarsi solo di un piazzamento utile ai bilanci, che non incrementa l'albo delle vittorie. Solo facendo così, sarà comprensibile e accettabile ogni risultato che verrà sancito dal campo, giudice unico e imparziale delle gesta sportive, anche a fronte di una vittoria dell'altra squadra di Milano, più attrezzata alla vittoria. Non vogliamo insomma trovarci a rimpiangere un'occasione perduta. Sarebbe il peggiore dei finali. 

Un'introduzione obbligatoria per anticipare ciò che appare fin troppo definito, ma che viene considerato come giusto, logico e specialmente immutabile. Da quando Elliott ha rilevato il Milan, con una operazione da "Alta Finanza", dai contorni poco eleganti, ma perfettamente legali, i tifosi hanno sempre sostenuto la proprietà, fiduciosi di poter tornare a competere per vittorie importanti. Sempre propositivi e collaborativi.                  Gazidis al timone, inizialmente Leonardo e Maldini, garanti di quella storia calcistica, ricca di vittorie e soddisfazioni. Con Scaroni, nel ruolo di Presidente, per consolidare l'idea della serietà di una proprietà non transitoria, ma al contrario coinvolta in un  progetto a medio o lungo termine.
Se ripercorriamo ciò che è successo in questi quasi quattro anni di proprietà americana, troveremo anche sbagli, tanto preventivabili quanto giustificabili, che fanno parte della quotidianità sportiva e lavorativa, ma anche un fastidioso senso di occasione persa, di incapacità a cogliere l'attimo fuggente, a prendere sempre più forma. Senza una motivazione logica e giustificabile, ad una crescita costante della squadra, confermato dai risultati sul campo, la risposta della proprietà è sempre stata "pragmatica" e ben inferiore alle aspettative di una tifoseria, al contrario, sempre partecipe e propositiva. Il risultato è fin troppo evidente, con una squadra giovanissima a competere ugualmente per traguardi apparentemente impossibili, ma costantemente incompleta per riuscirci. Lo scetticismo che circondava l'arrivo di Gazidis era più che comprensibile e il fatto che fosse straniero, non parlasse la lingua italiana e fosse totalmente estraneo al nostro calcio, un'ulteriore aggravante per aprire all'ottimismo. Solo Leonardo, scegliendo Paolo Maldini per affiancarlo in una scommessa da vincere subito, aveva fatto la migliore delle scelte, riuscendo nel più classico dei "colpi da Maestro", proteggendo sia se stesso che la proprietà dalla eventualità che la tifoseria, organizzata e non, mal digerisse sia il ritorno del "traditore patentato", sia un eventuale ridimensionamento sportivo.

Di Leonardo possiamo scrivere e discutere di moltissime cose, ma sul fatto che sia intelligente e conoscitore del calcio ci dovremmo trovare tutti d'accordo. Lui aveva puntato sull'immediato ritorno in Champions. Su quella logica a cui il calcio si affida da sempre, anche se le teorie dei "commercialisti del calcio", insistono nello spiegarci altro. Spendere per guadagnare, ben diverso dal non spendere per non indebitarsi. Non c'è riuscito per un punto (e la papera di Gigio a Genova, sponda Samp, sarebbe sufficiente a racchiudere 38 giornate di campionato), ma specialmente perchè non aveva fiducia nel lavoro proposto da Gennaro Gattuso (a mio modesto parere, a ragione), pagandone le colpe di persona e salutando la compagnia.
Sulle spalle di Leonardo ha pesato il suo passato, obbligandolo a sacrificare su quell'altare del "milanismo", che assegna "poteri divini" il più delle volte ben superiori alle reali capacità, chi ha indossato la storica maglia rossonera. E' già successo a molti e ricordare Seedorf, Inzaghi o Brocchi serve solo per evidenziare quanto sia facile sbagliarsi. All'attuale dirigente del PSG è mancato il coraggio di fare una scelta apparentemente impopolare, ma per nostra fortuna ci ha lasciato in eredità Paolo Maldini e di ciò gli dobbiamo un ringraziamento. Ricordo ancora quei lunghi giorni di incertezza in attesa di sapere se il Paolino Milanista avrebbe accettato ruolo e incarico. Non sapevamo certamente tutti i limiti a cui avrebbe dovuto sottostare, ci era sufficiente che lui restasse e così fu, oltretutto affiancato da Boban, altrro cuore e cervello rossonero di cui fidarsi ciecamente.
Benchè le direttive fossero fin troppo chiare e definite: competere, senza spendere più delle entrate, sono riusciti a costruire una squadra, fatta anche di prestiti, ma in grado di competere in modo ben superiore alle stagioni precedenti. Purtroppo non avevano preventivato l'impreventivabile, è cioè che l'allenatore Giampaolo, da loro scelto per dare inizio ad un percorso che si auguravano lungo e vincente, fosse totalmente incapace di gestire una squadra e una piazza così importante, smarrendosi sia tatticamente, che a livello umano. Rinunciando anche al confronto, nel tentativo di salvare una situazione rilevatasi, fin dai primi giorni, fallimentare. Il Milan di oggi ha preso forma da quelle difficoltà, dal cambio di allenatore, con l'arrivo di Pioli, ma anche sostituendo giocatori che giocavano per se stessi e per lo stipendio, con altri che avrebbero dovuto essere valori aggiunti, a prescindere da costo o ingaggio. L'importanza di aver inserito in un gruppo giovanissimo giocatori come Ibraimovic e Kjaer non andrà mai dimenticato, così come la volontà di Boban di non scendere a compromessi e difendere sia l'autonomia del ruolo societario, sia la possibilità di contribuire a far tornare il Milan competitivo. A mio parere l'allontanamento di Zorro è stato un autogol, privandosi di un valore aggiunto, stimato in tutto il mondo, oltre che conoscitore di calcio, cosa non sempre scontata. Un'altra testa caduta in nome di un poco elegante: "COMANDA CHI PAGA".
Per la fortuna di noi tifosi milanisti, chi paga non voleva spendere troppo e l'ombra di Rangnick, con conseguente allontanamento di Pioli, Maldini e Ibra, svanì in una serata vincente a Sassuolo, autorizzando finalmente a posare il primo mattone di una costruzione che lentamente inizia a prendere forma. Lo scorso anno, Pioli, squadra e dirigenti riuscirono a concretizzare i desideri della proprietà, ottenendo un impronosticabile secondo posto e riducendo notevolmente sia il tetto ingaggi che le perdite, anche rinunciando a provare a vincere uno scudetto che, per quanto difficilissimo, era alla portata del Milan protagonista indiscusso fino a Natale. Servivano tre rinforzi, era risaputo, ma non arrivarono, lasciando la strada spianata ai rivali cittadini.
Quest'anno, con la partecipazione alla Champions, con gli stadi nuovamente aperti, anche se con capienze limitate, con gli sponsor che tornano ad interessarsi di una squadra così importante e conosciuta come è il Milan, un ulteriore miglioramento del bilancio è assicurato, con la più che probabile possibilità di raggiungere quella sostenibilità e quindi zero perdite, tanto auspicata dal fondo americano. Ciò anche grazie alla vendita di Casa Milan. Eppure ad inizio del girone di ritorno di un campionato dove il Milan è stato costantemente nelle prime due posizioni di vertice, nonostante una serie di infortuni e assenze, che avrebbero dovuto azzerare ogni possibile aspirazione di poter lottare per una vittoria finale che pareva ad appannaggio di altre formazioni, la sensazione che si possa fare l'impresa è concreta. Cosa servirebbe per fortificarla? Sicuramente tre rinforzi, ma due potrebbero essere sufficienti. Due Centrocampisti, uno per sostiutire Kessie, ora assente per la Coppa d'Africa, con Bennacer e Ballò Tourè, ma destinato a salutare la squadra a giugno, senza portare entrate economiche e un sostituto di Diaz, visto che ad oggi un'alternativa all'altro partente, il turco, non è mai stata trovata.

A diciassette giornate dalla conclusione il Milan rincorre l'Inter, potrebbe superarla rinforzandosi? Certezze non se ne possono avere, ma è indubbio che le probabilità si alzerebbero notevolmente. Spetta a Paolo Maldini e al ruolo che ricopre e rappresenta difendere i sogni e le aspettative del popolo rossonero. Accettare di rinunciare a poter vincere il titolo nazionale calcistico più importante, per priorità economiche, è una mancanza di rispetto verso la Nostra storia e milioni di tifosi che attendono da un decennio di veder convalidato il gol di Mutari, Peggio ancora è affermare che serve solo un innesto difensivo per sostituire Kjaer, oltre che una non verità che non onora né la sua gloriosissima storia calcistica né la riconosciuta qualità di saper affrontare e raccontare la realtà. Alla quinta giornata di campionato si giocherà il derby e già si potranno valutare molte situazioni. Se a quella data il distacco dalla capolista non fosse superiore ai quattro punti, rinunciare ad intervenire con decisione sul mercato, sarebbe una delusione di difficile comprensione. Cercare occasioni, riserve delle riserve, o soluzioni fantasiose, quando il campionato volge alla conclusione, non avrebbe alcuna utilità anzi potrebbe destabilizzare uno spogliatoio che trova la sua forza nella compattezza. Sarebbe solo la ripetizione di uno sbaglio già fatto lo scorso anno.
Ma rinunciare anche di segnalare pubblicamente alla proprietà, ciò che è risaputo, per cogliere un'occasione solo apparentemente impossibile, avvallando l'idea che la squadra sia ugualmente competitiva e in grado di contrastare una rivale, indebolita rispetto ad anno fa, ma ugualmente maggiormente attrezzata, è inconcepibile.
Un segno di resa non accettabile da chi ci rappresenta e a cui facciamo affidamento: Paolo Maldini, complice consenziente di un progetto che sorvola su vittorie, sconfitte, opportunità o rimpianti, nel solo scopo di salvaguardare bilanci e guadagni, non quelli dei TIFOSI, ma di un Fondo Americano, proprietario di una squadra di calcio per fini economici.
Paolino, salvati e salvaci da questo scempio, ma purtroppo sarà difficile.