Mi chiedo e vi chiedo, come fa una società che è ancora in corsa per l’Europa League e per la qualificazione in Champions a sgretolarsi mediaticamente. In meno di 8 mesi il pianeta Roma è passato dall’entusiasmo per un progetto affidato ad un nuovo allenatore alle critiche continue nei confronti di una società che non ha mai convinto. Fonseca riuscì nel compito di creare una nuova strada, basata su un gioco divertente, sulla buona gestione della rosa e su un turnover che ha valorizzato alcuni giocatori anche in funzione delle cessioni. La stagione 19-20, ripartita con la Coppa Italia, ha ancora due obiettivi aperti, altrettanto importanti e per vari aspetti. Andare avanti in Europa League garantirebbe entusiasmo e moneta sonante, per non parlare di un quarto posto che porterebbe i giallorossi in Champions con tutto ciò che ne consegue a livello economico. Vietato balbettare in questa fase, in cui chi parte meglio arriva prima e dove tutti provano a rimettere a posto i tasselli dopo il confinamento forzato.
A Roma tutto ciò non accade. Mi chiedo e vi chiedo, come è mai possibile che a Trigoria non capiscano quanto sia fondamentale accantonare per un attimo i dissapori per tentare unitamente la caccia agli obiettivi? 
Una risposta sembra scontata, ma mi piacerebbe chiederla ai protagonisti di questa storia.
Pallotta deve risanare, per farlo non bastano i premi ma servono le cessioni. Petrachi invece ha già parlato in direzione opposta. Chi ce la mette la faccia se parte Zaniolo? Chi lo spiega al popolo romanista già orfano di tanti pupilli, che la lista vendite provocatoriamente redatta dai tifosi può diventare realtà? Non di certo Petrachi, che intento prova a far quadrare le entrate e le uscite per ripartire almeno da Smalling. Mi chiedo e vi chiedo quindi, e questa volta estendo la domanda anche ai due protagonisti di questa vicenda. Qual è il senso di continuare insieme se l’offerta di Friedkin è stata frettolosamente rispedita al mittente? Petrachi la riteneva fondamentale per la prosecuzione del suo lavoro, Pallotta necessaria per coprire un buco insanabile. Verrebbe da pensare che le strade sono irrimediabilmente separate, almeno non parallele.
A questo punto mi verrebbe da porre ai lettori e ai protagonisti di questa vicenda la terza domanda.
Cosa cambia se al posto di Petrachi o degli altri dirigenti arrivano ancora nuovi attori in questo che sembra un film dal finale scontato? Nessuno ha la bacchetta magica, e non bastano acquisti sensati per coprire milioni e milioni da sborsare per rianimare un club al momento in grave difficoltà. Non è più un problema di acquisti, ma di cessioni, e chi è in grado in questa fase di far digerire ai tifosi le cessioni di Under, Zaniolo, Pellegrini o le mancate conferme di Smalling o Mkhitaryan? Una cosa è certa. Le dichiarazioni di Petrachi, deciso a non smobilitare l’attuale parco calciatori, sono sembrate una forzatura, perché a giudicare i bilanci giallorossi, le strade sono due. Vendere il club o ridimensionare rosa e aspettative. È evidente che gli americani non le abbiano digerite, e per questo la frattura sembra insanabile.
Petrachi, ora più che chiedere a lei, faccio una considerazione personale. La abbiamo apprezzata per la sua schiettezza, per il suo operato preciso e sempre responsabile. Valuti se fare davvero un passo indietro, forse con questa società non è possibile proseguire nel suo progetto e sarebbe tacciato di essere l’esecutore materiale di una serie di addii che fanno male.
Sarebbe l’ultimo di una lista di professionisti che avevano capito tutto prima, e che hanno scelto di non diventare i boia di una squadra in corsa per obiettivi importanti.