Non sono un estimatore di Pallotta, anzi, questo è giusto dirlo subito. Non gli imputo l'assenza di risultati sportivi, anche questo voglio dire subito. La Roma in questi anni ha fatto tutto sommato bene sotto quel profilo, anche se non mi piace chi considera questo periodo di sostanziale permanenza in zona CL un risultato “unico” nella storia della Roma dovuto all'arrivo della proprietà USA.

  • La Roma negli 8 anni di Pallotta (2011-2019): tre volte 2° posto, due volte 3° posto, 2 volte 6° posto ed una volta 7° posto.
  • La Roma nei precedenti 8 anni (2003-2011): cinque volte 2° posto, 2 volte 6° posto, una volta 8° posto.

Risultati assimilabili, in contesti assimilabili, sia sotto il profilo delle tribolazioni societarie e sia sotto il profilo sportivo, con la prima parte caratterizzata dalla parziale assenza della Juve e la seconda dal periodo buio delle milanesi, una situazione più unica che rara nella storia della serie A moderna. Reputo la gestione di Pallotta inadeguata, non tanto rispetto ad un passato che di certo non brilla in tal senso, quanto piuttosto rispetto ad una continua autorappresentazione che non trova riscontri con la realtà e che aveva creato notevoli aspettative. E invece, assenza di programmazione, navigazione a vista, turnover dirigenziale e degli asset sportivi eccessivo, assenza di una politica commerciale efficace etc. Il tutto condito da un interesse praticamente esclusivo nei confronti di uno stadio costruito in proprio, di cui l'AS Roma sarebbe solo un'affittuaria con godimento di alcune partecipazioni ed esclusive sulle altre attività. Lo stadio nella versione Raggi poi mi risulta ancora più indigesto essendo sparite opere di viabilità non solo necessarie ma fondamentali, e tutta una serie di vincoli che rendevano lo stadio, pur se di proprietà privata, maggiormente vincolato all'asset societario della AS Roma.

Chiariamo subito, non sto dicendo che per la AS Roma lo stadio non costituisca un miglioramento rispetto ad oggi, ed è chiaro che una AS Roma ed uno stadio risulterebbero appetibili ad investitori importanti che potrebbero quindi in seguito riunire i due asset con ulteriori benefici economici. Ma, signori, penso ci siano pochi dubbi sul fatto che chi fa l'affare della vita è Pallotta, o meglio, gli azionisti del suo fondo di investimento, che, in estrema semplificazione, venderanno a proprio titolo uno stadio costruito con un capitale il cui costo è coperto dalla AS Roma con la sua locazione. Operazione fruttuosa sebbene ad alto rischio. E guardate, ancora ancora giustifico la necessità di una serie di cessioni, mi reputo un tifoso commercialista e quindi consapevole che le esigenze di bilancio possono (e direi spesso devono) anche essere prevalenti rispetto alle esigenze sportive. Lo posso capire.

E cos'è quindi che imputo a Pallotta? Gli imputo la sua totale assenza del limite. Tutto ciò che ho detto è comprensibile, ma ha un limite, e questo limite è rappresentato dall'amore, la passione, i sentimenti di chi appartiene a questi colori. La totale incapacità di capire l'immedesimazione che c'è tra la Roma ed i sui tifosi, una simbiosi che non si è mai nutrita di successi, perchè non ne abbiamo mai avuti, ma di sentimenti, e di orgoglio nel provarli e difenderli. Ecco, Pallotta non ha limiti, calpesta tutto con indifferenza, con arroganza, con disprezzo a volte, e sempre con il cinismo proprio del businnes man, senza riuscire mai a capire che in qualche modo lui è proprietario di un bene... collettivo. Mi si dirà che il cinismo è strumento utile se non necessario alla vittoria, può essere, non lo metto in dubbio, la storia insegna che può essere così, ma proprio per questo il cinismo è un lusso riservato ai vincenti, a chi non vince, si lascino almeno i sentimenti, l'identità, almeno per quanto possibile. E sarebbe stato possibile farlo... di più... molto di più. Questo è ciò che non me lo fa chiamare "presidente", perchè in questo caso io non posso usare il termine senza aggiungerci... "mio".

Fatta questa lunga premessa vorrei entrare in tackle sulla vicenda DDR, che per quanto mi riguarda ha rappresentato la classica goccia che fa traboccare il vaso. Tralascio di commentare un articolo che sulla base di una mail nella quale Lippie riportava di una serie di lamentele da parte di alcuni giocatori (perchè questa è l'unica cosa che eventualmente costituisce un "fatto") ha costruito un castello di supposizionie e di illazioni nauseabonde. E mi dispiace davvero leggere diversi dei mie presunti "co-tifosi" bersi tutto questo letame e poi sputare violentemente veleno contro le poche persone che hanno saputo interpretare, pur con i loro difetti naturalmente, la nostra passione in questi anni. Entro invece nel merito dell'ultimo atto, la lunga lettera di Pallotta, e voglio subito dire che sarei disonesto a non ammettere che finalmente c'è stato un cambiamento di rotta. Intanto sotto il profilo strettamente comunicativo, dove finalmente si è andati oltre le tre righe di un tweet condito di parolacce, anche se è inevitabile rilevare come una lettera rappresenti sempre uno strumento comodo, non contempla contraddittorio, come una conferenza stampa ad esempio. Ma è nel contenuto che il cambiamento di rotta è più evidente, qui bisogna dare atto a Pallotta di essersi finalmente assunto delle responsabilità e di recitare il mea culpa rispetto a tutta una serie di questioni. In questo senso non faccio fatica ad ammettere che l'approccio risulti molto più apprezzabile.

Ciononostante però non trovo l'apertura di Pallotta convincente, o almeno non del tutto, non so, mi appare strumentale sotto diversi profili, e offensiva, sotto il profilo intellettuale, nel passaggio su De Rossi. Trovo strumentale accollare a Monchi sostanzialmente tutte le responsabilità del disastro. Per carità, il mago di Siviglia ha fatto più danni che altro, ma pensare che decidesse tutto da solo, che non vi fosse un confronto, ed anche un avallo a monte, è a mio avviso improbabile. D'altronde non fu lo stesso Pallotta a dire: “Strootman? A che serve sostituirlo?”, ed ancora il primo agosto 2018: "Che Roma sta nascendo? Sulla carta la più forte della mia gestione. Sulla carta almeno. Certamente siamo migliorati con gente come Pastore, Marcano, Kluivert, Cristante, tutti ottimi giocatori. In più Schick è tornato, Karsdorp è tornato, Pellegrini e Ünder sono cresciuti di un anno. E abbiamo ancora delle cose da fare, conoscendo benissimo il valore del nostro organico. Un'ala destra? Alt, noi non abbiamo bisogno di nessuno. E tantomeno di un giocatore in quel ruolo. Non dimentichiamo che abbiamo già in rosa sei attaccanti. Uno tra Perotti ed El Shaarawy può giocare a destra. E all’occorrenza là davanti possiamo mettere anche Schick e persino Florenzi. E' già capitato se non sbaglio".

Monchi è stato peggio di un passaggio di locuste, e quando Pallotta dice che per rimediare ci vorrà del tempo ha ragione, ma dire che c'erano già da agosto delle perplessità e che si sia solo commesso l'errore (oltre che della scelta) di lasciare una delega troppo larga mi sembra un po' troppo confortevole oggi. E anche il passaggio sul fair play finanziario è a mio avviso usato strumentalmente. Non faccio fatica ad ammettere che questo incida, e che apprezzo il fatto che la Roma ne tenga conto con serietà, ma per quelle che sono le mie valutazioni (per passione e deformazione mi leggo i bilanci, i regolamenti FPF, gli articoli di analisi economica finanziaria del calcio etc.) è stato a volte usato come scudo di un ridimensionamento scientemente deciso (anche comprensibilmente nel momento in cui si ragiona in termini esclusivamente economici) nel momento in cui la qualificazione alla CL è stata allargata al 4° posto. Ridurre i costi per ridurre la pressione finanziaria, obiettivo 3°/4° posto per garantirsi i ricavi CL, fare lo stadio e vendere tutto, con l'AS Roma alleggerita sotto il profilo del conto economico. Tutto perfetto, ma tutto fatto troppo oltre il limite, come sempre. E d'altronde, perdonatemi anche un po' di diffidenza rispetto ad un cliché che ho visto tante volte in questi ultimi anni, quello dei giocatori che prima di essere venduti vengono rappresentati come mele marce. Qui Pallotta non c'entra, ma il retropensiero faccio fatica a levarmelo.

E infine, ma non da ultimo, la questione Daniele De Rossi, nei riguardi del quale Pallotta usa il nome proprio: "Daniele". No, qui non ci siamo proprio, qui è tutto sbagliato. Innanzitutto nulla viene detto in merito al fatto che per un anno nessuno è andato a parlare con DDR, e nemmeno rispetto al fatto che la AS Roma liquida un pezzo della sua storia con un tweet... "Daniele". E poi, al dunque, quale sarebbe il motivo per il quale non si terrebbe un giocatore dallo spessore universalmente riconosciuto (a parte da qualche presunto "co-tifoso"), che potrebbe risultare fondamentale nella gestione di un ricambio dell'organico nel senso della compatezza (lo dice Pallotta stesso che non è uno spacca spogliatoio), che potrebbe aiutare un nuovo allenatore a tenere la barra dritta in un mare che, almeno in partenza, si preannuncia tempestoso, e che non da ultimo, potrebbe tenere accesa la fiammella di un legame ormai prossimo alla rottura? Si rinuncia a tutto questo perché? Perché nel gioco delle coppie con cui si costruiscono le rose "Daniele" è di troppo? Perché non ci si può permettere un ingaggio leggero "in più" per un ruolo? Una squadra che aveva Defrel-Schick-Dzeko e giocava con una punta? Una squadra che ha tre ali sinistre (Perotti, Elsharawy, Kluivert)? Una squadra che paga ingaggi osceni a giocatori mediocri (Juan Jesus 2,5 milioni che cito solo a titolo di esempio ma la lista è lunga) o finiti come Pastore? No ma davvero? Qualcuno mi vuole davvero dire che non si può tenere "Daniele" perchè la sua utilità (intesa in senso complessivo non esclusivamente sportivo) non vale due milioni a stagione? Nel nostro contesto attuale? Mi spiace, questa non me la bevo, offende la mia intelligenza prima ancora che la mia passione. No Pallotta, questa lettera ben scritta non mi basta, non mi convince.