«Pronto? Di Canio? So’ Claudio Lotito. Venimo ar dunque: che devi fa’?» 
Io rimasi senza parole. Ma come che devo fa’? 
«Devi venì o non devi venì? Se devi venì, tu lo sai, qui non c’è ‘na lira, se sei laziale vieni qua pure gratis.» 
Era il nostro primo contatto e lui mi aveva fatto imbestialire in un secondo. 
Racconta così Paolo Di Canio, in un suo libro sul ritorno alla Lazio, la prima occasione in cui ebbe a che fare con lui, Claudio Lotito, all’alba di quello che non sarebbe stato mai, da quel giorno ad oggi, un buon rapporto.  

Claudio Lotito, uno dei personaggi più controversi e chiacchierati degli ultimi anni nell’ambito calcistico e non solo. È sempre stato così, diretto, imperturbabile, disarmante. Da sempre, le cose vanno fatto come, dove e quando dice lui. Altrimenti? Altrimenti non si fa niente. L’imprenditore romano entra in scena il 19 luglio del 2004 quando diventa il presidente della Lazio e da qui parte la sua scalata incontrastata ai vertici del calcio italiano.
Salva la squadra biancoceleste dal fallimento con un autentico capolavoro economico-finanziario ottenendo una rateizzazione fiscale fino al 2028 e inizia un progetto di risanamento della società attraverso una gestione di tipo aziendale che prosegue tutt’ora. Da quel giorno Lotito di strada ne ha fatta tanta (dal 2011è presidente anche della Salernitana, è stato nominato consigliere di Lega), e su quella strada si è fatto anche tanti nemici, o detrattori, o come li si voglia chiamare. 

Leggevo in questi giorni di una discussione fra il patron biancoceleste e Inzaghi e pensavo: “Certo che non gliene fanno passare una a questo qua! Uno non può parlare al telefono dei cavoli suoi che c’è subito qualcuno che ti mette in rete". O almeno non puoi farlo se ti chiami Lotito. Ancora una volta dipinto come quello che detta legge e comanda tutti a bacchetta senza fregarsene di nulla e di nessuno. Stavolta avrebbe detto a Inzaghi di non lamentarsi e di pensare solo ad allenare nell’ambito di un problema riguardante lo staff medico del club. Sarà realmente così? Mah... Era già successa una cosa simile, ricorderete tutti quello che è stato addirittura definito “il caso Iodice”, quella chiacchierata telefonica in “amicizia”, divulgata senza consenso dell’interessato, dove Lotito definiva Carpi e Frosinone squadre non appetibili per i diritti tv. Oppure quel simpatico episodio venuto fuori secondo cui avrebbe lanciato la bresaola per terra alla mensa di Formello, innervosito riguardo qualche dettaglio sulle mensilità da pagare ad Antonio Candreva alla vigilia della cessione del centrocampista. Altra leggenda metropolitana. 
L’importante è che al centro dello scandalo mediatico, in veste di dittatore e figura negativa ci sia lui, l’uomo che, per tanti e tanti motivi, nessuno sopporta. 
Sarà perché non scende a patti con nessuno, perché non lascia i suoi giocatori a condizioni economiche che non siano le sue, e piuttosto li manda in scadenza facendo leva sui suoi principi: «I contratti esistono per essere rispettati». Da Ledesma a Pandev, fino al più recente De Vrij. Non è bastata un’estate di articoli e pressioni su Milinkovic Savic per convincerlo ad accettare proposte più basse di quelle che erano le sue richieste, daltronde«PAGARE MONETA, VEDERE CAMMELLO» . Avrà fatto bene? Chissà. Il tempo ce lo dirà. 

Sarà perché ha cambiato, e cerca ancora di cambiare, un sistema sbagliato e retrogrado, un sistema che evidentemente sta bene a molti. Lotito disse qualche anno fa: «Nel mondo del pallone ho trovato più prenditore che imprenditori, più magnager che manager». Quella del presidente della Lazio è una lotta contro una logica della consuetudine, sarebbe infatti delittuoso non citare almeno uno dei suoi tanto cari proverbi latini, «consuetudo magna vis est» consuetudini che talvolta sono sbagliate e vanno pertanto rivisitate, in nome del cambiamento dei tempi e delle logiche a esso legate.  

Di consuetudini Lotito ne ha cambiate molte in questi anni, attraverso quei suoi punti di forza che spesso gli piace ricordare: i tanto amati valori morali, valori della democrazia e delle pari dignità, quelle che spettano a tutte le squadre del campionato di Serie A e non solo a quelle con un bacino di utenza maggiore. Così la coalizione delle squadre minori palesemente guidata da lui qualche hanno fa ottiene la maggioranza in Lega, appoggiata da presidenti che non erano più d’accordo a una divisione dei proventi nettamente a favore delle solite squadre; un altro traguardo raggiunto da Lotito. 

La laurea in pedagogia, per sua stessa ammissione, lo agevola nei rapporti interpersonali, lo facilita nella comprensione strategica della psicologia interna del suo interlocutore. Lotito sa sempre come sollecitare colui con cui parla, come tirare le corde giuste e provocare una reazione positiva. Per questo forse molti gli vanno appresso. 

Per carità, non arriviamo alla santificazione di questo personaggio! Ci sarà pure un motivo se ha una fila infinità di persone che lo definiscono presuntuoso, prepotente, e chi più ne ha più ne metta. Ci sarà anche un motivo per cui da tredici anni la maggior parte del tifo laziale lo odia e ha fatto dei cori contro di lui, uno dei passatempi più ambiti allo stadio. Qualcuno forse ricorda quel famoso Lazio-Sassuolo e il “Libera la Lazio”. Anche qui la storia è lunga ed inizia con il suo difficile rapporto con la parte calda del tifo biancoceleste. Anche qui si parla di consuetudini cambiate, ma ci dilungheremmo troppo per ripetere un concetto già spiegato. 

Detto questo Lotito rimane, pro e contro, pregi e difetti, uno dei personaggi che più ha segnato quest’epoca calcistica e forse politica; stimato, odiato, temuto e anche imitato da chi ne riprende le frasi che ormai hanno fatto storia.