Durante questi otto lunghi anni di dominio bianconero in serie A, più volte s'è sentita ricorrere l'espressione "ossessione-Champions", a dire il vero già ben nota anche in altri lidi tipo sulla Senna o sulla sponda City di Manchester... Conte prima e (soprattutto) Allegri poi ne sono stati infettati, provando dapprima a negarne l'esistenza per poi arrendersi ad essa incondizionatamente. Certamente a monte del problema sta il fatto che di Champions League ne viene assegnata soltanto UNA all'anno; oltretutto abbiamo visto come per vincerla occorra una concomitanza di fattori talvolta scollegati da fatturato-monte ingaggi-palmares.

E' quantomeno curioso che a questo punto la società bianconera abbia affidato la panchina a Sarri per guarire da questo orribile morbo, e non per le qualità del tecnico che si è ben comportato e ha lasciato un'ottimo ricordo di sè pressochè ovunque, da Pescara a Londra, passando per Empoli e Napoli. Sarri è giustamente (a mio avviso) uno dei tecnici più apprezzati del momento, ed è diventato garante a livello internazionale di una espressione sbiadita (questa sì, invece) che è "bel gioco".

Il "problema" di Sarri può essere un altro: da quando ha salutato il presidente Corsi nel 2015 infatti, si è sempre classificato primo sì, ma tra i "terrestri". A Napoli è stato costretto per tre stagioni ad ammirare da lontano la supremazia schiacciante della Juventus, mentre l'anno scorso al Chelsea ha vinto la volata degli inseguitori di una coppia (City e Liverpool) che ha fatto campionato a sé stante dall'inizio alla fine.

E' strano il caso del signor Maurizio Sarri, condannato a vincere un titolo che sinora ha potuto "non vincere" con una certa serenità. Ed è strano come Sarri potrebbe trovarsi sul banco degli imputati quest'anno, magari più dopo un pareggio con la Lazio che non dopo una sconfitta col Real...