Il compianto Franco Rossi usava ricordare che il calcio non va confuso con i tuffi o la ginnastica artistica, dove il risultato è determinato da un voto assegnato alla prestazione. Il calcio, viceversa, è sport di risultato, per cui qualsiasi esito maturato secondo le regole è meritato per definizione. L'obiettivo è, tanto per semplificare, quello di segnare più gol dell'avversario subendone di meno. Fatto quello, ogni disquisizione sul merito della vittoria, dovrebbe lasciare il tempo che trova. Se hai tenuto tanto la palla e alla fine sei arrivato ai calci di rigore, se hai dato l'impressione di poter fare quello che volevi e non lo hai fatto, se hai fatto la voce grossa, ma hai ottenuto solo il risultato di rimanere senza voce... be' alla fine non hai meritato una cicca e gli avversari ti hanno fatto fare la figura dello sprovveduto. E' scritto nel Dao, nella Via insomma, del calcio. Ne costituisce l'essenza. Luìs Enrique, persona intelligente, lo ha capito e, pur sottolineando le cose buone della propria squadra, ha avuto la presenza di spirito di uscire di scena con stile ed eleganza.

Nel finale dei tempi regolamentari, a dire il vero, precisamente all'80', gli azzurri hanno fatto una gran figura da imbecilli. Si sono trovati schierati sulla difensiva in 8 contro 3 maglie rosse, riuscendo a mandare Morata in gol solo soletto davanti a Donnarumma. Incredibile, ma vero, addirittura inspiegabile. Il centrocampo si è aperto come il Mar Rosso di fronte a Mosè, poi Bonucci si è perso Morata e, infine, Donnarumma non ha seguito l'azione, commettendo un errore tecnico evidente, quello di non fare un movimento obliquo in avanti per chiudere alla sua destra sull'accorrente spagnolo. Morata si è così ritrovato più di metà porta impresidiata e ci ha depositato il più agevole dei palloni. E' stata la classica situazione in cui il primo errore, il cedimento della linea di centrocampo, ha determinato un piano inclinato, in cui la strada è diventata in discesa per gli attaccanti e un erta ripidissima per i difensori. Più è andata avanti l'azione e più una situazione banale è diventata improvvisamente letale. Orrore puro che una squadra come l'Italia non dovrebbe commettere, ma che l'Italia stessa è stata brava ad assorbire dondolandosi alle corde per qualche minuto, come un pugile che cerca di far passare lo stordimento dopo un pugno terribile.

All'inizio, la Spagna aveva sorpreso l'Italia, una squadra tendenzialmente lunga, che non ha il suo punto più forte nel rendere densi gli spazi. Nella prima mezz'ora, gli iberici hanno creato la superiorità numerica a centrocampo, con i giocatori che rimanevano corti e facevano correre il gioco a memoria, anche grazie al continuo movimento senza palla. Nel prosieguo del match, hanno continuato a farlo, ma a sprazzi, con meno continuità. Dani Olmo, che svariava per tutto il fronte d'attacco, è stato esaltato come Diego Armando Maradona redivivo, ma all'atto pratico, ha fatto molto fumo sbagliando diverse conclusioni.
La Spagna ha fatto tanto fumo, come piace a coloro per i quali si gioca a tenere palla e non a segnare. L'Italia ha messo sul fuoco tanto arrosto, proprio perché è stata spesso in difficoltà e ha tenuto botta, se si esclude il minuto di follia all'80'.
L'Italia ha avuto il merito, man mano che trascorrevano i minuti, di abbandonare la pratica suicida dell'impostazione dal basso, che si era rivelato un regalo agli Spagnoli, addensati in avanti col pressing alto.
Pian pianino, in effetti, da parte degli azzurri si sono visti sempre più scambi veloci in verticale, che consentivano di uscire dall'area o, se portavano alla perdita della sfera, lo facevano in zone del campo meno pericolose. In varie occasioni dopo la prima mezz'ora, la Spagna ha comunque intercettato gli scambi degli azzurri, sempre un po' lunghi, proprio perché più corta e più addensata, ma le sue azioni sono state come quei corsi d'acqua che evaporano per il caldo e non arrivano al mare, morendo in pozze d'acqua stagnante.

Giunti ai rigori, di solito un punto debole degli azzurri, l'errore del fenomeno Dani Olmo ha compensato quello dell'inesperto Locatelli. Alla fine, l'esito dei tiri lo si è potuto leggere in anticipo negli occhi dei giocatori. Thiago Alcantara aveva lo sguardo di Charles Bronson in "C'era una volta il West", Morata quello di un marito che teme le ire della moglie italiana, ma Jorginho mi ha dato l'impressione dello sceriffo Pat Garrett nel film di Sam Peckinpah, quando attende che l'ignaro Billy the Kid si giri, prima di sparare. Sapeva già che l'avversario non aveva scampo.

Immobile, in versione Blissett contro il Belgio, ieri ha giocato una partita molto efficace ed è stato importantissimo in occasione del gol di Chiesa, tenendo palla finché il compagno non è arrivato in posizione. Chiesa, autore di un gol spettacolare, è stato il migliore in campo finché ha giocato, altro che Dani Olmo! Barella era in serata da brividi e le ha perse tutte, ma può capitare alla sesta partita. Donnarumma ha confermato che è tutto vero quello che si dice di lui, tanto nel bene che nel male. Preso nel complesso, è un estremo difensore che ha una cifra tecnica altissima, ma ha anche dei black-out per cui, in certi momenti, non segue più l'azione. Contro l'Austria ha chiuso male e in ritardo in occasione di due gol, di cui uno è stato annullato, mentre ieri ha lasciato lo specchio della porta libero per Morata. E' un limite che si porterà dietro per tutta la carriera e che i suoi ammiratori tenderanno sempre a negare, mettendone in evidenza le doti enormi. Negarlo non ha senso, perché il primo non esclude le seconde e vicecersa. Parlando di doti, su Dani Olmo e sul rigore di Morata, Gigio le ha dimostrate tutte.
Eccellente Brych. Si sa che non ama estrarre i cartellini e ha applicato questa regola con equanimità.
Del resto, troppe partite vengono falsate da gialli distribuiti come rimesse laterali o da giocatori che si rotolano come tarantolati per appesantire la situazione disciplinare degli avversari. E poi sono irritanti quelli che, al primo fallo, corrono dal direttore di gara facendo il gesto del cartellino. Io ammonirei proprio loro o li caccerei a pedate dal campo. Ovviamente, dopo la partita, i commentatori RAI hanno trovato ogni difetto possibile nella direzione di gara, forse perché convinti che gli arbitraggi variopinti di cartellini del nostro campionato rispondano a un comando divino. Il calcio richiede contatto fisico, quello dei giochi elettronici è un'altra cosa. I falli non sono necessariamente randellate da sanzionare con provvedimenti disciplinari.

A questo punto, sarebbe bene incontrare l'Inghilterra, perché i danesi sono forti lo stesso e hanno meno fascino. Se devi rischiare, tanto vale farlo in grande stile con dei rivali storici. La sensazione, in effetti, è che ieri l'asticella fosse ai limiti delle possibilità attuali degli azzurri e, infatti, ha tremato a lungo rischiando di cadere. La speranza è che in finale quell'asticella sia posta più in basso.