Il Vangelo è lampante. Per mettere in difficoltà Gesù, i farisei gli chiesero se fosse lecito pagare i tributi a Roma. Il Maestro si fece mostrare una moneta e osservò che vi era l’effige dell’Imperatore. Disse: “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. Questa massima ha un significato teologico molto importante e legato a un concetto di denaro tipico del cristianesimo. Tale religione non è attaccata alla materialità dei beni rappresentati dal soldo, ma bada alla spiritualità e alla salvezza delle anime. Crede che la vera vita sia dopo la morte terrena. Quello attuale è un passaggio. E’ un dono che Dio concede al suo figlio per prepararlo alla gloria eterna. Proprio per un simile motivo occorre condurre al meglio gli anni concessi ed essere pronti all’inizio del nuovo gioioso viaggio. La storia, però, ha tramutato l’insegnamento del Nazzareno in un concetto non propriamente identico a ciò che voleva rappresentare. Ci può stare. Il Popolo interpreta e, con il trascorrere del tempo, il significato muta. Non si tratta, inoltre, di uno stravolgimento globale, ma di una sorta di semplificazione dell’astrazione. L’attuale modo di dire indica il concedere l’onore del merito a chi effettivamente ha compiuto un’opera degna di plauso. Così dovrebbe essere, ma in realtà risulta attività sempre molto complessa. L’orgoglio, infatti, spinge lo sconfitto ad accampare miriadi di giustificazioni volte a ledere il pregio di chi l’ha battuto. E’ atteggiamento utile a salvaguardare sé stesso e il proprio percorso, ma può risultare a tratti molto indisponente perché il vincitore non riesce mai a provare l’appagamento di udire un plauso. Gradirebbe sentirsi affermare: “Bravo! Hai trionfato perché hai dimostrato di essere il più forte”. Il campione, quindi, dovrà avere la capacità di recuperare al suo interno la soddisfazione che è praticamente impossibile ricevere dagli altri, ma vantare pure la costanza di ascoltare le critiche. Le dovrà analizzare, spurgare come si fa con le cozze e trattenerne soltanto la polpa. Non è sicuramente semplice. Tutt’altro. E’ necessario, però, riuscire nell’intento senza cadere in una vana esaltazione personale che risulterebbe assolutamente dannosa. Serve una dote fondamentale in ogni istante della vita. Si tratta dell’equilibrio. Chi è provvisto della virtù può considerarsi parecchio fortunato perché avrà sempre la chance di una valutazione proporzionata di ogni situazione ed è chiaro che la reazione agli stimoli lascerà aperto un maggiore raggio d’azione. Anche un eventuale errore, quindi, sarà corretto con minor fatica.

ONORE ALLA JUVE
Al netto di un harakiri disastroso e impronosticabile, la Juventus vincerà il suo nono Scudetto consecutivo. Da Conte a Sarri passando per Allegri, è quasi una decade che la coccarda tricolore ricopre la maglia bianconera e il prossimo anno potrebbe essere raggiunto uno storico, incredibile traguardo. Levi una mano al cielo chi, nel 2011, si attendeva un simile exploit. Credo siano davvero in pochi. La Vecchia Signora ha compiuto un autentico miracolo ricostruendosi dalle sue ceneri come l’Araba Fenice. Nel 2006 cadde sino alla serie B a causa di Calciopoli. Dodici mesi più tardi riconquistò il campionato che più le compete. Con Ranieri al timone tornò a disputare la Champions con 2 stagioni sufficienti. Ferrara, Zaccheroni e Delneri vissero l’incubo di 2 settimi posti consecutivi prima che il salentino iniziasse il capolavoro proseguito dal livornese. Ora è la volta del tecnico di Figline, ma “mutando l’ordine degli addendi, il risultato non è variato”. In questa triste e particolare stagione frustrata dall’emergenza dovuta al coronavirus, i sabaudi hanno raggiunto la finale di Coppa Italia, dove sono stati sconfitti dal Napoli, prima di portarsi a un soffio dal più importante titolo dello Stivale. Non avranno nemmeno il tempo di concedersi troppi bagordi perché dovranno affrontare il Lione in Coppa con la grande speranza di raggiungere la Final Eight di Lisbona. Maurizio, quindi, potrebbe regalarsi soddisfazioni ancora più importanti rispetto a un già immenso Scudetto. Il successo nel Belpaese produce libido nei supporter bianconeri come forse mai è accaduto negli ultimi anni. Il titolo, infatti, giunge con un nuovo Comandante che, in altri lidi, non era riuscito a centrare l’obiettivo. Trattasi di manifesta superiorità che dev’essere riconosciuta alla squadra e alla società. Solo il tempo dirà se la scelta di Sarri si rivelerà corretta. L’arbitro non potrà essere esclusivamente il campionato. Questo dato di fatto è già emblematico rispetto al valore e all’operato della dirigenza piemontese. “Tutto scorre” sosteneva Eraclito. Gli allenatori passano, ma i successi rimangono una piacevole abitudine. Che dire se non “chapeau”? Il toscano si fregerà del suo primo tricolore, ma per vincerlo è dovuto scendere a compromessi con la Signora del calcio italiano che aveva cercato invano di spodestare. Cannibale.

Non è finita qui. I bianconeri hanno sconfitto pure il loro passato. E’ inutile negare che il duello tra Conte e la Juventus rappresentasse qualcosa di assolutamente accattivante e stimolante. Il ritorno del tecnico in Italia e l’essersi appropriato della panchina interista aveva le sembianze tipiche dello spauracchio. Esisteva la concreta paura di ritrovarsi vittime del proprio Demiurgo. Il creatore avrebbe avuto il potere di distruggere ciò che ha plasmato. E’ chiaro che a livello mediatico e psicologico, una simile vicenda sarebbe stata in grado di vantare conseguenze deleterie. Invece, è accaduto proprio il contrario. Frankenstein è stato sconfitto dall’opera del suo ingegno. Ha perso. L’allievo ha superato il maestro e lo ha fatto sotto la guida di un mister che in passato non era mai riuscito a centrare l’obiettivo Scudetto. Che goduria! La Juve ha avuto la meglio anche sulla Lazio di Simone Inzaghi. Si tratta della squadra che prima del lockdown pareva essere imbattibile ed era già riuscita in 2 occasioni stagionali a depotenziare l’armata bianconera. L’Atalanta di Gasperini provoca i brividi lungo la schiena di molte armate europee, ma non vincerà il campionato. Il Napoli di Ancelotti disponeva delle carte per centrare il target, ma non è riuscita. Pure Ibra, seppur sbarcato nel Belpaese senza chance di vittoria, si deve inchinare a Madama come fece nel 2012. Insomma, un successone.

Tutto questo ben di Dio andrebbe riconosciuto e invece… Solo critiche. “Eh ma la Coppa Italia…” , “Eh ma la Champions”, “Sì, vabbè, ma la Supercoppa”… Si giunge persino ad appellarsi al calendario e alle stranezze del calcio post covid-19. E’ veramente incredibile. Vorrei partire dall’ultimo punto di analisi perché lo trovo abbastanza particolare e ritengo che rappresenti la più classica arrampicata sugli specchi. Se Conte si lamenta, posso anche comprenderlo. E’ il tecnico della Beneamata e difende il suo operato. Nella gara pareggiata all’Olimpico contro la Roma, la sua compagine è stata vittima di un errore arbitrale. Un minimo di nervosismo è giustificato. Ultimamente, poi, il suo periodo nerazzurro è stato aspramente criticato e penso che rappresenti un’ingiustizia. Il pugliese ha svolto un ottimo lavoro qualificando la sua squadra con largo anticipo alla prossima Champions e sta lottando per una seconda piazza che, alla luce delle rose, rappresenta il miglior traguardo possibile. E’ logico che il leccese crei qualche polemica dove mostra tutto il suo “interismo”. Ci sta. La querelle di domenica sera, in cui ha richiamato anche il programma delle gare, raggiunge 3 obiettivi. Il primo è quello di riporre l’attenzione dei vertici del calcio sulla situazione della sua società. Il secondo, invece, è un invito netto alla dirigenza lombarda. E’ necessario che alzi la voce. Il terzo è rivolto ai tifosi che lo attaccano. Antonio è un professionista. Nonostante il suo passato juventino, ora è il tecnico degli ambrosiani e tutela a spada tratta i loro interessi, anche andando oltre i limiti del particolare. Appellarsi al calendario è davvero strano. Tutte le squadre di serie A stanno scendendo in campo ogni 72 ore, e in questo calcio post lockdown, penso sia sgradevole invocare certe richieste. Gravina è riuscito a rimettere in moto la macchina con una fatica inaudita. Trattare di alcuni dettagli di fronte a quello che fortunatamente non si è rivelato come il collasso del sistema è proprio spiacevole. Ribadisco, però, che il pugliese sta soltanto difendendo i suoi interessi. I media, invece, hanno un compito diverso. Loro dovrebbero omaggiare una Juventus che ha vinto perché è più forte. Punto. L’assenza di pubblico e questo finale di campionato particolare sono elementi che valgono per chiunque. Se Sarri ha a disposizione una rosa più completa dei Colleghi, che garantisce migliori rotazioni, si tratta di un pregio costruito nel tempo. Non si parla di manna piovuta per grazia divina, ma di lavoro e sacrifici che Agnelli e Collaboratori hanno adoperato negli anni. Relativamente alle ulteriori critiche precedentemente esposte sono reali e concrete, ma frutto di gare secche. Alcuni fattori, indipendenti dal valore di una squadra o di un tecnico, giocano un ruolo determinante. I bianconeri hanno perso la Supercoppa contro la Lazio in una sfida prenataliza in Oriente. Capitò pure nei migliori anni targati Allegri e anche l’Inter del triplete mancò quel trofeo. La finale di Coppa Italia vinta dal Napoli meritatamente si decise, in ogni caso, soltanto ai calci di rigore. Per la Champions, manca ancora una sentenza definitiva.

I MERITI DI SARRI
Tra tante chiacchiere e giudizi negativi, il figlinese sta centrando il suo primo Scudetto. Quando si siede sulla panchina della Juve, in questo periodo storico, si tratta del minimo sindacale. E’ vero, ma l’obiettivo è raggiunto. Il risultato di Champions non può avere un’influenza determinante sul futuro del tecnico perché qualsiasi eliminazione giungerebbe in un contesto davvero particolare dovuto proprio all’emergenza da covid-19. Qualcuno sosterrà che mi sto contraddicendo. Non è così e mi spiego. In precedenza ho effettuato un confronto tra vari risultati tutti ottenuti in una medesima situazione. Ora, invece, si valuta l’operato di un singolo allenatore senza paragonarlo con altri che vivono le stesse vicissitudini, ma semmai con un passato che, seppur recente, presentava contesti totalmente diversi. L’uscita dalla massima competizione europea per club, poi, è sempre accettabile se non imputabile a macroscopici errori tecnici. Si parla, infatti, di gare a eliminazione diretta dove match di andata e ritorno decidono le sorti di una competizione. Mister Allegri, per esempio, potrebbe aver pagato a caro prezzo la debacle con l’Ajax che ha rappresentato il primo e unico errore del livornese nell’esperienza europea sulla panchina sabauda oltre alla sconfitta di Cardiff. Non fu messo realmente in discussione, però, sino a 365 giorni fa nonostante non abbia mai centrato il trofeo. Salvo sgradite e inspiegabili o fantascientifiche sorprese, Maurizio chiuderà la stagione con il raggiungimento di una finale di Coppa Italia e lo Scudetto. Difficile chiedere di più.

POSSIBILI MIGLIORIE
Lo scrittore Alessandro D’Avenia afferma che: “La perfezione è sempre a un gradino dalla perfezione”. Ogni situazione è migliorabile e i limiti di questa Juventus sono palesi. La dirigenza bianconera sarà quindi certamente in grado di raccogliere le critiche, elaborarle e gestirle. Penso all’idea di una squadra più sarrista. Mi immagino un centrocampo rivisto con qualche cessione illustre che vada ad accompagnare quella di Pjanic e nuovi acquisti importanti dopo Arthur. Bonucci, de Ligt e Demiral rappresentano una certezza, ma che ne sarà di Chiellini? Rugani ha ormai dimostrato di rientrare difficilmente nelle prime rotazioni sabaude. Occorrerà anche rivalutare la questione terzini dove al momento la vicenda è piuttosto complessa. Seppur adattato, Cuadrado è una valida opzione. Sulla destra, Danilo completa l’opera. A sinistra vi sarebbero Alex Sandro e De Sciglio con il rientro di Luca Pellegrini, ma si deve lavorare. Emerson Palmieri? Con ogni probabilità, in attacco, si sostituirà il partente Higuain. Milik? Zapata? Vedremo.
Ciò che conta è che la Vecchia Signora ha vinto di nuovo e deve godersi il meritato plauso anche “in barba” a chi scetticamente pare cercare di sminuire il suo traguardo.