"Ora dietro avrete due ali al posto di un numero di maglia, prenderete a calci il sole al posto di un pallone, farete le porte con le nuvole e giocherete in un cielo blu anzichè su d'un prato verde. Sarà Gesù ad allenarvi per sempre."

Una mia poesia, per quanto possa servire, dedicata alla tragedia che ha colpito non solo il Brasile ma tutto il mondo del calcio, quello che non è fatto solo d'interessi e di business, ma esclusivamente di piccole grandi speranze.

Nella mia formazione ideale di oggi metterò in campo due portieri di soli quindici anni, Christian Esmero Candido (15 anni), già nel giro delle nazionaline brasiliane, insieme a Bernardo Pisetta; in difesa schiererò Pablo Henrique da Silva Matos (14 anni), che svolse, tra l'altro, dei provini al camp di Inter Academy, e Arthur Vinícius de Barros Silva Freitas, che avrebbe compiuto 15 anni proprio oggi; solo due centrocampisti, come ama tanto giocare il classico modulo verdeoro, Jorge Eduardo Santos e Jorge Eduardo Santos, rispettivamente di 15 e 14 anni; e con tre attaccanti, gli entrambi quattordicenni Atila Paixao e Victor Isaias. Loro sono già il presente, senza guardare la tenera età, sono già diventati le più grandi promesse, nonostante, ormai, riposino in pace. Completerò i miei undici titolari con Jonathan Cruz Ventura, 15 anni, Cauà Emanuel Gomes Nunes, 14 anni, e Francisco Diogo Bento Alves, 15 anni, rimasti tutti gravemente feriti e dati dalle ultime in fin di vita, loro li terrò ancora su quel suolo chiamato terra. Non importa il risultato, mi basta che giochino loro, tutti insieme. I dirigenti della mia società saranno due dipendenti, coloro che han messo anima e corpo per realizzare, per pochi Real di stipendio, i grandi desideri di questi talenti immensi. Si perché saranno immensi ora che le loro anime vanno lassù in alto, non correndo altri pensieri se non quelli di giocar al calcio.

Basta poesia ora, non ci sono rime che possano baciare questa cruda realtà, quella di un semplice corto circuito e poi le fiamme che devastano il centro sportivo George Helal situato a Vargem Grande, quartiere della Zona Ovest tra le colline e il mare di Rio de Janeiro, per tutti sul posto chiamato “Ninho do Urubu” (“Nido dell’avvoltoio”), con a prender fuoco quella parte utilizzata come covo per quei ragazzini, giovani promesse del calcio, arrivate magari da povere baraccopoli e favelas, troppo lontane per studiare ed allenarsi se non a spese di quella società, il Flamengo, che ha storicamente da sempre investito propri su di loro.

Un impianto sicuramente non paragonabile a livello tecnologico con quelli europei, inconfrontabili sarebbero proprio le materie prime, di recente costruzione (nel 2014) e ristrutturazione (nel 2018), disteso su un’area di 5000 metri quadrati, suddivisa in due, quella andata in fiamme e adibita proprio ad alloggio per le giovanili, l’altra dedicata agli allenamenti della prima squadra. Un centro con palestre, vasche per l’idroterapia, piscina, mensa, terrazze studiate appositamente per assistere agli allenamenti, due sale riunioni, spogliatoi ampi e magazzino. Quel “Ninho do Urubu” che in Brasile veniva considerato un vero gioiello architettonico, che ora è diventato invece un luogo poco sicuro, per non farci pensare a come possano esser messe quindi le altre strutture sudamericane. Per ora noi pensiamo solo a loro, ai piccoli Zico, Júnior fino a Vinicius e Paqueta.

E mentre il Clube de Regatas dichiara momentaneamente sospesa ogni propria attività sportiva ufficiale e non, io, a voi lettori, chiedo solo un minuto di silenzio, quello che in genere si celebra per lutto sui campi prima di una partita, ve lo chiedo da dietro uno schermo mentre scrivo il presente articolo. Dopo voglio ascoltare con voi questo video di qualche anno fa, un video registrato da chi ai tempi, come Loro, sognava di vestire quella maglia rubo-negra emulando i propri idoli, che come Loro si trovava in quel maledetto centro sportivo, colui che molti di Loro sognavan probabilmente di diventare, e che sono ora diventati. Olá amostras!