Doveva essere l'anno della definitiva consacrazione, un colpo di spugna a cancellare via le polemiche, la tecnologia al servizio del calcio per dare ancora più credibilità ad un mondo troppo spesso messo in discussione. La storia è parzialmente cambiata nella forma, la sostanza rimane, invece, inesorabilmente la stessa.

Appena il VAR ha iniziato a perdere punti per via di un suo utilizzo più limitato rispetto al passato, causando, così, alcuni errori davvero evidenti, ecco scatenarsi la solita ridda di proteste e contestazioni, di dure prese di posizione e accuse indirizzate alla classe arbitrale e al controverso uso della moviola in campo di questo inizio di stagione.

E pensare che si era allenato per un'intera stagione, quella passata che segnava il suo esordio in competizioni ufficiali. Era diventato fortissimo, applaudito, richiesto e osannato. Aveva conquistato il mondo in poche settimane, trionfando in Russia con la sua classe discreta ma decisiva. Ronaldo, Messi e Neymar erano usciti prestissimo, lui invece no. Grande protagonista anche in finale, vedasi il rigore concesso alla Francia per mani del croato Perisic.

Adesso, però, il VAR non va più. In queste prime giornate di campionato è già finito nella bufera. Il motivo è chiaro. Basta paragonare, tanto per fare un esempio, il penalty concesso alla Francia e quello non dato all'Inter nella gara contro il Parma. Stesso identico episodio, ma due differenti letture. A San Siro l'On Field Review – ovvero l’atto di rivedere in campo un’azione al monitor – non è arrivata, forse anche perché Manganiello dal campo si è fidato troppo del Var Rocchi, certificando in tal modo una nuova sudditanza psicologica, quella di un arbitro 'normale' nei confronti di uno più importante e famoso.

Un anno fa il gesto che disegnava il monitor con le dita era diventato una specie di rito domenicale, un modo per usare anche la moviola con il sorriso. Nelle prime quattro giornate di questo campionato, invece, quel gesto è sembrato in via di estinzione, e soltanto in 3 occasioni il Var ha cambiato la decisione del direttore di gara. Alle prime proteste, tuttavia, ecco il clamoroso dietrofront e con esso si è passati ad un uso massiccio del Var, per finire, poi, ad un utilizzo a 'singhiozzo', che ha avuto il suo apice di polemiche nella partita Inter-Fiorentina. Insomma, una gran confusione.

Si è parlato di un nuovo protocollo di impiego della moviola in campo. Peccato, però, che si siano dimenticati di spiegarci pure le istruzioni per l'uso del nuovo VAR, dal momento che l'applicazione, finora, è sembrata poco chiara.

Salvaguardare la centralità dell'arbitro, non sostituirsi a lui, lasciarlo dirigere secondo il suo metro e il suo stile. Ecco il motivo per cui, con l'avvento dei Mondiali, nel protocollo del VAR – scritto in inglese – è spuntata una parolina in più. Prima il VAR interveniva per correggere decisioni chiaramente sbagliate, oggi si parla di errore che deve essere clear and obvious, chiaro ed evidente. Pertanto il VAR diventa sempre più uno strumento per evitare le topiche, non semplicemente gli errori. E se l'errore del direttore di gara non dovesse essere certo, cioè evidente al 100%, la partita proseguirà come ai tempi in cui la moviola in campo non c'era.

L'impressione di questo primo scorcio di campionato, però, è che ci sia stato qualcosa di più, anche se non scritto, e cioè che si sia voluta preservare sempre e comunque la centralità dell'arbitro, pure quando non si sarebbe dovuto. Questo si è tradotto sul campo in molti più casi discutibili, perché dalla control room gli interventi, almeno quelli delle prime quattro giornate, sono stati limitatissimi.

E così ci siamo ritrovati ad assistere a lamentele per episodi in cui il VAR, per come è concepito oggi e per quelli che sono i criteri di applicazione odierni, centra ben poco, dato che non sarebbe intervenuto neanche un anno fa. È il caso, ad esempio, della partita Udinese-Torino. Prendiamo il gol di De Paul, viziato secondo i granata da un fallo di Fofana su Meitè. All'inizio dell'azione, l'arbitro Valeri – tra l'altro protagonista al Mondiale come assistant referee – vede tutto, non è impallato e soprattutto ha il diritto di valutare il contrasto secondo il proprio metro. Nasca davanti al monitor non può imporre il suo metro di giudizio; se per Valeri il duello Fofana/Meitè è vigoroso, ma regolare, il VAR è tagliato fuori. Diverso il caso del gol annullato a Berenguer per un fuorigioco inesistente. Valeri fischia un attimo prima che la palla entri in rete. Errore imperdonabile, un istante di pazienza in più e Nasca di fronte al monitor avrebbe potuto correggere la decisione sbagliata, pardon l'errore chiaro ed evidente. Era già successo in Bologna-Torino di un anno fa, anche stavolta il VAR, come allora, non potendo intervenire, è rimasto a guardare.

Restano, comunque, perplessità su molti episodi. Uno su tutti in Juventus-Sassuolo: Douglas Costa doveva finire fuori prima della sputo a Di Francesco. Basta tentare di colpire un avversario affinché ci sia condotta violenta da cartellino rosso. Perché Di Bello non interviene in soccorso di Chiffi? D'accordo la centralità dell'arbitro, sembra, però, che quella dicitura – “chiaro ed evidente” – abbia tolto ai Var il coraggio di intervenire!

Ed allora metti un errore di un arbitro e riecco i veleni di un'Italia che quando c'è da scagliarsi contro il presunto complotto pallonaro si mostra più unita che mai. Il vociare della gente, la dura presa di posizione di qualche società, uscite forse orientate verso la tutela nelle successive partite, il disappunto per l'operato di un arbitro, toni più o meno accesi, la ricerca di episodi di un tempo che possano diventare d'attualità per indirizzare giudizi e polemiche, fin qui tutto il 'protocollo abituale'.

Polemiche che nemmeno sorprendono, nell'era dei social e dell'esasperazione, quando l'argomento è popolare. Sembrano quasi un passaggio obbligato.

VAR o non VAR il calcio e il suo contorno forse non cambieranno mai.