Le parole del presidente della UEFA sono state pesanti, lasciando intendere che chi non finirà i campionati avrà delle conseguenze. La Germania è la prima a ripartire tra i campionati di calcio più importanti. Il tutto in un contesto dove il virus c'è, dove la pandemia è tutt'altro che finita, anzi, dove del vaccino non c'è neanche l'ombra e dove continuano ad affermarsi studi che evidenziano quanto questo virus sia pericoloso.
Eravamo partiti pensando che fosse poco più di una banale influenza per arrivare a dire che può procurare anche Ictus.
Il calcio che è uno sport di contatto dovrà fare i conti con protocolli ai limiti dell'impossibile. Non si sputerà più in campo, non si darà la mano, scordiamoci un Ronaldo che alzerà un Messinon ci saranno festeggiamenti di gruppo, si giocherà a porte chiuse.
Ma non sono queste le questioni che fanno discutere. Questi sono aspetti marginali.
Sono i provvedimenti organizzativi che le società devono mettere in piede, costosi, oltre che le conseguenze in caso di positività al virus, che variano comunque da Paese a Paese.
Come se il virus in Germania avesse un volto, e in Italia un volto diverso. L'Europa ancora una volta non si è vista. L'Europa calcistica doveva farsi sentire con una voce univoca visto che qui in ballo c'è il futuro del calcio continentale. Ma la strada intrapresa pare essere quella del bastone, oltre che del fai da te. Roba da non credere. Quando in un contesto come questo servivano incentivi per ripartire, non minacce di bastonate.
E che dire di tutto il resto del mondo del calcio che rimarrà a casa? Come se non esistesse. Badate che queste scelte avranno delle conseguenze e non saranno felici.