Diciamoci la verità: senza le faraoniche trattative tra le squadre cinesi ed i club europei, la sessione invernale di calciomercato sarebbe soltanto una finestra di mercato in cui le seconde o terze scelte, cambiano club sperando di trovare più spazio oppure la finestra di mercato in cui le squadre che sono riuscite a fare un girone d'andata sopra le righe, tentano di massimizzare le proprie "stelle" vendendole a peso d'oro alle big in difficoltà. Ma da 2 anni ormai la sessione di mercato invernale è bella o brutta, a seconda del proprio pensiero circa il mercato cinese, quanto quella estiva. In principio furono Drogba, Diamanti e Gilardino e Marcello Lippi. Lo scorso anno fu quello di Guarin, di Ramires, di Lavezzi, di Gervinho ma anche quello di Luiz Adriano, unico caso nella breve storia del mercato cinese, di giocatore che parte verso la Cina, sbarca, ma non firma il contratto. La sessione di quest'anno ha già regalato diversi colpi. Tevez, Witsel, Oscar e Obi Mikel hanno già fatto le valigie e raggiunto i ritiri delle loro nuove squadre cinesi. Kalinic potrebbe farle a breve e per ogni trattativa in essere, v'è sempre da registrare l'interesse di una franchigia cinese, pronta ad accaparrarsi giocatori da ogni club europeo. Nei giorni scorsi alcune fonti di stampa hanno ipotizzato l'avvio di un processo di riforma del mercato calcistico cinese, in grado di mettere freno alle spese faraoniche sostenute dai club per far sbarcare all'ombra del dragone, le stelle del calcio europeo. Ma siamo davvero convinti che limitare quel mercato sia un bene? Quelle che seguono sono una serie di ragioni per le quali non dovremmo sperare in una regolamentazione delle spese, altresì definita come salary cap o fair play finanziario made in china: 1) Il campionato cinese ha avuto il merito di creare un mercato per cartellini che in Europa si sarebbero deprezzati fino al valore di 0. Non vi è infatti nessuna squadra che al termine dell'Europeo della scorsa estate sarebbe stata disponibile a versare 15 milioni di euro per assicurarsi le prestazioni di Graziano Pellè, ex bomber della nazionale italiana. Senza il campionato cinese, il suo cartellino si sarebbe via via deprezzato ed al suo club di appartenenza (il Southampton) non sarebbe rimasto che tenersi in casa il bomber salentino o svincolarlo in stile Llorente-Juventus-Siviglia. 2) Il campionato cinese ha immesso nelle casse e nell'economia dei club europei, vagonate di quattrini utili come il pane in alcune occasioni. Senza i 13 milioni versati dallo Shanghai Shenhua per Guarin, l'Inter non avrebbe potuto acquistare Shaqiri (poi rivenduto a prezzo di costo). Senza la stessa somma incassata per la cessione di Gervinho, la Roma non si sarebbe potuta accaparrare Diego Perotti, esterno chiave della rinascita giallorossa dello scorso anno. La Fiorentina che pare essere in trattativa con il Tianjin Teda per la cessione di Kalinic, potrebbe registrare una plusvalenza enorme visti i 5 milioni versati al Dnipro 18 mesi fa ed i circa 45 disposti ad essere versati nelle casse gigliate per l'attaccante croato nel giro della nazionale. Il mercato cinese dunque spesso è in grado di fungere da stampella economica indiretta dei maggiori club internazionali 3) Non c'è motivo di credere che imporre un tetto si spesa per i cartellini o per gli ingaggi di una squadra cinese, possa funzionare per frenare la folle ascesa della China Super League. Al netto di ingaggi faraonici, il monte ingaggi di una franchigia cinese resta ben lontano da quello lordo di una grande squadra europea. La nuova squadra di Carlos Tevez, record-man d'ingaggio, ossia lo Shanghai Shenhua, difficilmente raggiungerà la quota di 70-75 milioni di euro di ingaggi all'anno a fronte dei 150 lordi circa riconosciuti dalla Juventus alla propria rosa. I livelli di tassazione cinesi non raggiungono la doppia cifra e, con il limite di 4 stranieri ed 1 asiatico, sono soltanto 5 le voci di ingaggio pesanti che spesso e volentieri una squadra cinese dovrà sopportare. Gli ingaggi delle stelle con gli occhi a mandorla, come per esempio Gao Lin, top scorer del Guangzhou Evergrande, non sfiorano il milione di euro, secondo diverse fonti. A conti fatti dunque ciò che una franchigia spende in salari è ancora irrilevante anche al netto di ingaggi faraonici come quello pattuito con l'ex stella della Juventus. 4) Per stringere un accordo è sempre necessario che due mani di persone diverse si tocchino. Una qualunque cifra frutto di uno scambio di beni o servizi è pur sempre determinata dall'intersezione tra la curva di domanda e quella d'offerta. Cosa significa? Significa che credere che un giocatore o una squadra abbiano le mani legate difronte ad 1 offerta è come bendarsi gli occhi col prosciutto! Se un giocatore dice di si ad un'offerta faraonica sarà stata una sua scelta, fatta nel pieno delle proprie facoltà mentali. Nessun emissario cinese, a quanto risulta, imperversa per l'Europa con una pistola da puntare alla tempia di un giocatore per convincerlo ad intraprendere un nuovo percorso professionale in Cina. I soldi affascinano tutti, questo è vero, ma in una transazione ad esito positivo, quasi nessuno fa un vero e proprio "sacrificio". 5) Che piaccia o meno il calcio è un business, e come in tutti i business, quando un nuovo mercato si affaccia è probabile che lo faccia con toni numeri e mani pesanti per un periodo iniziale. Sono quelli che in altri ambiti vengono definiti come costi di start-up. Il campionato cinese si sta collocando sullo scacchiere internazionale garantendosi attenzioni a suon di milioni di euro, peraltro ininfluenti visti i colossi che lo supportano. Quando in Italia avevamo i Moratti, i Berlusconi, i Cragnotti, Sensi, Cecchi Gori & co. che spendevano cifre folli per rinforzare le proprie squadre, dov'erano gli scontenti di oggi? La Cina vuole crescere e per farlo, parallelamente ad una serie di iniziative interne, deve servirsi di "manovalanza" estera. Al netto dei 5 punti sopra-elencati come si può credere che gli effetti sul calcio nostrano, saranno negativi??