La facilità di cadere nello squallido "quando ero piccolo io il calcio era un'altra cosa" è disarmante quanto ineluttabile.
Una domenica di calcio noiosa, per chi non ha niente o molto da fare, diventa pericolosa. Troppo facile distrarsi e perder la mente in riflessioni di poco conto. In verità le sfide di questa domenica sono anche interessanti, ma non sono del tutto persuaso che il mio posto sia di fronte allo schermo per assistere alle partite del pomeriggio, l'orario canonico. Diciamocela tutta, probabilmente la sfida Sassuolo-Udinese non è la migliore per distrarsi.

Non posso fare a meno di scivolare indietro nel tempo, a quando mi accontentavo di vedere Quelli che il calcio per essere costantemente aggiornato sui risultati. Ma una volta in nostro non era il campionato più bello del mondo? Ispirato dallo sconcertante strapotere della Juventus, cerco i risultati della stagione 1995-96.
Era un campionato a cui erano iscritte 18 squadre. A quei tempi anche le squadre blasonate arrivavano a metà classifica, ad esempio il Milan arrivò in quell'anno undicesimo seguita dalla Roma, che a ben vedere erano rispettivamente a soli 4 e 3 posizioni dalla zona retrocessione. 
Andando oltre i motivi che hanno portato la singola squadra nella rispettiva posizione, procedimento forse sbagliato ma utile, potremmo dire che questo è un indice di grande lotta e sostanziale equilibrio per ogni partecipante. In effetti a quei tempi le squadre che retrocedevano erano 4, su 18. Calcolatrice alla mano per i pigri della domenica - "sì, sono io quello steso sul divano" direbbero a I soliti ignoti - si traduce in un 22% di partecipanti alla Serie A che si rinnovava ogni anno. Un quarto delle squadre. Saltando a piè pari ad oggi, la retrocessione è materia per pochi: 3 squadre su 20, il 15% sul totale. Non sembra poco.

Sarebbe un azzardo allora dire che, ora, per le squadre di metà classifica, è una pacchia? Escludendo almeno una posizione per la neopromossa di turno storicamente e fisiologicamente fanalino di coda, per una squadra media il rischio di retrocessione si abbassa. Non fraintendiamoci, si può retrocedere, ma salvarsi tutto sommato può richiedere meno fatica. Se ci immedesimassimo in questa squadra e da un lato vedessimo un'egemonia di squadre molto blasonate e ricche, dall'altro squadre piccole che annaspano per lottare per la sopravvivenza, forse potremmo pensare che per galleggiare in Serie A non servano grandi risorse. Il giusto, diciamo. Se questa assurda teoria fosse anche solo verosimile, allora potremmo capire perché sia più facile puntare su giocatori mediocri da inserire nel campionato piuttosto che investire, ad esempio, sul settore giovanile. Meglio sperare in una fortunosa plusvalenza redditizia. Si spiegherebbe la difficoltà di emergere per i giovani promettenti, non solo della nostra nazionale ma universalmente.

No, nessuno scoop: i soldi governano il mondo. 

A proposito, e non l'ho detto a caso, oggi la UEFA ha annunciato una nuova competizione europea. Talmente nuova e innovativa che il nome imposto è UEL2: UEFA Europa League 2 - la vendetta.
La nuova competizione prevede 141 partite suddivise in 15 settimane di gare; la vincitrice avrà accesso all'Europa League per la stagione successiva. I dettagli ancora mancano, ma possiamo prevedere che almeno l'ottava squadra italiana possa giocare una competizione europea, insieme alle colleghe delle altre federazioni.
Dunque, un torneo prestigioso, competitivo e di altissimo livello. Era necessario? Probabilmente, per chi deve vendere i diritti per trasmetterla. Ne avevamo bisogno? Improbabile, considerando l'allergia malcelata nei confronti dell'Europa che non conta. Certo, sono discorsi da bar ma, se permettete, è anche la mia domenica.