Un Mondiale visto da casa, una Nazionale che non riesce ad ingranare, il Mancio e non solo: cosa succede all’Italia?

Il triplice fischio di un anno fa a San Siro ha tuonato come il martelletto del giudice in sede di Cassazione: in un baleno l’Italia, fresca della nuova maglia è rimasta orfana dei campioni del Mondo e privata di un torneo che avremmo potuto affrontare da protagonisti. Quanto successo lo sappiamo tutti ma vale la pena ricordarlo: un Mondiale sordo e senza i nostri colori ha senza dubbio penalizzato l’immagine e la fiducia in FIGC. Ventura lascia, anzi no; Tavecchio lascia, anzi no fino ad arrivare al commissariamento e all’incarico affidato a Mancini. Tanto basta a ritingere d’azzurro il panorama calcistico europeo dell’immediato futuro? No. Non basta e lo sta urlando il campo: non riusciamo più a vincere a distanza di un anno (eccezion fatta per l’Arabia Saudita in primavera) mentre in conferenza stampa si parla di Europeo 2020 e Mondiale 2022 da protagonisti in un’antitesi oggettivamente pacifica. Perché?

La sensazione è che a distanza di un anno cambiare sia stata esclusivamente la punta dell’iceberg e il lavoro massiccio andrebbe fatto rafforzando la sinergia con i club, educando giovani calciatori ai valori e alla tecnica degni della Nazionale. L’idea delle squadre B in Lega Pro è stata accolta solamente dalla Juventus, mentre Milan e Inter hanno desistito dal creare questa opportunità. Resta difficile pensare che senza un progetto solido, serio e ambizioso le varie cantere sparse sul territorio siano in grado di far sbocciare talenti autentici e soprattutto coetanei. Non possiamo permetterci di saltare un’altra generazione di giovani né di illuderci che espiare la pena definita in Cassazione dal Tribunale del Meazza basti a garantirci l’accesso al prossimo Europeo. A Mancini va dato tempo, certo, ma non può farsi carico da solo di un movimento che ha necessità di rinnovamento, pareggiando i conti con il destino che merita la storia della Nazionale.