Non chiamateli agenti FIFA, almeno fino al 2020

Ora che il 2019 è arrivato, ha portato con sé la sessione invernale del calciomercato che vedrà come protagonisti i numerosi intermediari o agenti, comunemente conosciuti anche come procuratori. Ancora oggi molti di questi professionisti si definiscono “agenti FIFA”: basta fare una piccola ricerca nei social network più famosi, come InstagramFacebook LinkedIn, e si potranno trovare numerosi post #fifaagent, e utenti con tale qualifica, messa anche per rendere più accattivante un profilo. E inoltre, nonostante i cambi legislativi, quante volte ancora si sente parlare o si legge nei giornali degli “agenti FIFA”?

Nel 2015 la FIFA decise di attribuire la facoltà alle federazioni nazionali di stabilire o meno un esame per diventare intermediario nazionale e la relativa tassa annuale da pagare: il motivo di tale scelta è abbastanza facile da capire, soprattutto in termini economici, anche se ora, con la nuova possibile riforma prevista per l’estate del 2020, tutto sembra tornare al passato.

In Spagna, attualmente la RFEF[1] non prevede un esame per diventare intermediario bensì un semplice colloquio  (anche telematico) con la commissione esaminatrice e dopo il pagamento annuale di 861 €, si ottiene, o viene rinnovata, la licenza da intermediario. Tra i rigorosissimi requisiti per diventare “procuratore” spagnolo occorre possedere una reputazione impeccabile ed un minimo vincolo curriculare con il calcio: anche una presenza in terza categoria può andare bene. 

In Portogallo invece, la FPF[2]aumenta i costi: per registrarsi come intermediari portoghesi occorre versare 1000 euro annuali, oltre ad aver stipulato una polizza che copra danni fino a 50.000 €; come in Spagna però, non occorre sottoporsi ad alcun esame.

La situazione cambia in Francia, dove la Fédération Française de Football prevede un esame strutturato in due prove, una generale e una speciale: la prima verte sul diritto fiscale, diritto civile, diritto sportivo, diritti d’immagine e sul regime assicurativo, mentre la seconda prova ha come oggetto i regolamenti internazionali FIFA UEFA. All’esame si aggiunge il pagamento di una tassa che si aggira intorno ai 1000 € annuali. In Francia però si raggiunge un singolare paradosso: l’esame per diventare intermediario francese sembra essere complesso soprattutto per le materie trattate (diritto fiscale su tutte) però, la stessa federazione francese vieta[3] agli avvocati transalpini di esercitare la professione di intermediario: perché? Gli avvocati forse non conoscono già le materie d’esame e non riuscirebbero a tutelare i diritti e gli interessi dei giocatori? 

Passando all’oltre Manica, la Football Association richiede il pagamento di 500 £ come tassa in caso di prima iscrizione, e 250£ come tassa annuale per ogni rinnovo. In più, il candidato dovrà sottoscrivere il “Test of Good Character and Reputation”: anche in Inghilterra per essere intermediari esigono, come severo requisito, una reputazione impeccabile. In Italia infine, in seguito alla riforma varata con la legge 27 dicembre 2017, n.205 è stato istituito il registro degli agenti sportivi presso il CONI: il primo esame della nuova regolamentazione dovrebbe essere a marzo e, anche in Italia, occorre essere “persone perbene” come in Spagna e in Inghilterra, non essere stati condannati alla reclusione superiore a cinque anni[4], ed aver raggiunto l’irraggiungibile traguardo del diploma (o titolo equipollente) per potersi presentare come candidato. 

Quello che accomuna tutti i paesi sopracitati, paesi dei più importanti campionati europei, è che nessuno di essi richiede la laurea come requisito per essere intermediario, criterio che, a partir dal 1994[5] e fino al 2015, nemmeno la FIFA ha mai richiesto. Se consideriamo il calcio come un settore in cui si necessitano professionisti e, se quelli che si vogliono tutelare sono i diritti e gli interessi dei giocatori, allora si dovrebbero esigere dei requisiti più severi: se la nuova riforma FIFA andrà in questa direzione, allora sarà un ottimo risultato, altrimenti sarà soltanto una nuova tappa del già iniziato vortice di riforme e controriforme. 

In sintesi, con la deregulation voluta dalla FIFA nel 2015 attraverso la circolare 1417, era stato abolito l’esame da agente FIFA, così come l’albo di quegli ormai estinti agenti. Di conseguenza, le federazioni sportive nazionali di tutto il mondo ora hanno possibilità di stabilire o meno un esame: ad oggi si può essere agente FIGC, agente RFEF, agente FFF ma non più agente FIFA, che si era liberata da qualsiasi competenza in materia di procuratori. Infine, sempre con la citata circolare, la FIFA ha emanato il “Working with Intermediaries”un regolamento internazionale attraverso il quale si invitano gli intermediari a seguire alcune raccomandazioni, come quella che invita a percepire solo il 3%[6]dello stipendio del giocatore, ma dal momento che non un obbligo ma una raccomandazione rimane, non viene ovviamente rispettata.

In conclusione, tanto i clubs, come i giocatori, ma anche le famiglie, devono partire dal presupposto che oggi, dopo quattro anni dalla riforma, se qualcuno si presenta come agente FIFA vuol dire che è rimasto molto indietro con la legislazione e che fino al 2020, forse, non si potrà tornare a parlare di agenti FIFA.

 

Silvio Bogliari

 

[1]La Real Federación de Fútbol.

[2]La Federação Portuguesa de Futebol

[3]Art.3.1Reglament FFF agent sportif: “Les avocats ne peuvent exercer l'activité́ d'agent sportif. Ils ne peuvent agir qu'en qualité́ de mandataire sportif”.

[4]Art. 4 Regolamento CONI agenti sportivi: “[…] e) non aver riportato condanne ad una pena della reclusione superiore a cinque anni”.

[5]Nel 1994 entrò in vigore il primo Regolamento FIFA sugli agenti e i rispettivi primi esami, tuttavia i requisiti per presentarsi all’esame erano minimi, come compromettersi a rispettare le norme FIFA.

[6]Art.7 Working with the intermediaries: “The total amount of remuneration per transaction due to intermediaries who have been engaged to act on a player’s behalf should not exceed three per cent (3%) of the player’s basic gross income for the entire duration of the relevant employment contract”.