Quando il gioco si fa duro, i duri entrano in campo”, citava l’indimenticato John Belushi. Frase che si può attribuire in tutti i campi della vita. Di solito, questo slogan, viene menzionato perlopiù in ambito sportivo. Quando ci sono competizioni importanti, per far vedere di che pasta sono fatti i protagonisti che la devono affrontare. Certi personaggi devono essere duri, o almeno mostrarsi duri per mantenere un certo rispetto. In questa categoria rientrano senza dubbio gli Allenatori. Figure che devono dimostrare autorità e autorevolezza, per ottenere la fiducia e la stima del gruppo che devono guidare.

L’allenatore deve figurare come un comandante sicuro di sé e avere una forte personalità. Se penso ad allenatori che mi evocano le descrizioni appena citate, me ne vengono in mente tre: Giovanni Trapattoni, Fabio Capello e Marcello Lippi. Il milanese, il friulano e il toscano. Tre tecnici vincenti. Già, Vincenti è una, anzi LA parola che più di tutte li rappresenta. Tantissimi i trofei conquistati sulle panchine dove sono stati. Cos’hanno poi in comune? L’aspetto serio e imperturbabile. Dalla panchina sembra che non traspirano emozioni. Dei tre, il Trap risultava quello più “folkloristico”, con i suoi leggendari fischi, che costringevano tutti i giocatori per voltarsi a capire a chi si rivolgeva. Capello, sempre con la faccia accigliata e scrupolosa a mo' di mani imbronciate, e Lippi, che con il suo sguardo freddo e (quando si poteva) sigaro in bocca con l’espressione di chi è sicuro di se e sta tenendo tutto sotto controllo.

Estero. Altro termine che rientra nella loro cerchia. Tre girovaghi del pallone. Il primo a fiondarsi in un avventura extra-italiana fu il più anziano del gruppo: Trapattoni appunto. Emigra in Germania, nel Bayern Monaco, la prima volta nel 1994-95 e vi fa ritorno nel 1996. Nel frattempo c'è stata l’infelice parentesi di Cagliari, terminata anzitempo con il suo primo storico esonero, per opera del presidente Cellino. Dal 1998 al 2000 sfiora uno scudetto a Firenze. L’avventura in terra italica finisce nel 2004 a 65 anni. Pensione? Neanche a parlarne. Il Trap si sente ancora giovane. Prepara i bagagli e parte alla volta del Portogallo. Destinazione Lisbona. Ad attenderlo c'è la panchina del glorioso Benfica. Quel Benfica, che il buon Giovanni sconfisse con la maglia n.4 del Milan, nella finale di Coppa Campioni 1963. La squadra lusitana si ricorda di lui, e lo ingaggia chiedendo di fargli vincere il campionato. Il tecnico di Cusano Milanino non si fa pregare, e li guida alla conquista della 31°Primeira Liga. Basterebbe questo per chiudere una prestigiosa carriera. Invece no. Il Trap non ha per niente voglia di indossare le pantofole. Il richiamo della Germania è forte. Lo vuole lo Stoccarda, ma purtroppo la stagione si chiuderà senza trofei. Decide cosi di spostarsi nella confinante Austria. Il Salisburgo, decide di affidarsi a lui per accaparrarsi il quarto scudetto. Scelta azzeccata. Il Trap al primo colpo non fallisce. Quello sarà il suo ultimo trofeo. E alla soglia dei 70 anni decide di farsi un ultimo regalo: allenare un’altra nazionale. Nel 2008, i green dell’Irlanda gliela affidano. Lui si avvale della collaborazione di due suoi ex giocatori: Marco Tardelli e Liam Brady. Ci resterà 5 anni, con la soddisfazione di aver partecipato all’Europeo 2012. In questi anni riceve svariate offerte da altre parti del mondo, ma la moglie, se il buon Giovanni avesse accettato, gli avrebbe cambiato la serratura di casa.

Fabio Capello, invece, è stato il primo tecnico italiano ad aver avuto l’onore di allenare il Real Madrid. E’ il 1996. Dopo gli anni festosi col Milan, decide di dare una svolta alla carriera. La chiamata dei blancos non si può rifiutare. E il personale filotto di scudetti continua. Trionfa nella Liga, due punti davanti al Barcellona del Fenomeno Ronaldo. In Spagna, Capello, diventa don Fabio. Berlusconi lo richiama subito al Milan, ma ormai l’idillio con i rossoneri è finito. A distanza di dieci anni ritorna alle merengues. E quando i media spagnoli diffondono le voci di un suo ritorno a Madrid, a Barcellona tremano. E fanno bene. Capello è il talismano del Real. Secondo ritorno e secondo scudetto. Sempre davanti ai rivali di sempre. Questa volta a pari punti, ma gli scontri diretti premiano i madrileni. Questo finale thriller può bastare per lasciare definitivamente la Spagna. Stop con le squadre di club europei. Capello vuole una nazionale. Gli inglesi gli affidano la panchina per tornare a trionfare dopo l’ultimo successo del lontanissimo 1966. Il rigore e l’aplomb capelliano sembrano fatti apposta per l’Inghilterra. Ma l’avventura d’oltremanica, nei suoi quattro anni di gestione, si rivela purtroppo fallimentare. Dal grigiore inglese alla fredda Russia. Ma anche nello stato più grande del mondo non va meglio. Agli attesi Mondiali del 2014, esce malinconicamente nel girone, lasciando il secondo posto alla più modesta Algeria. La sua avventura europea finisce definitivamente. E' ora di esplorare nuove terre. Sbarca in Cina, allo Jiangsu Suning, e, per la prima volta nella sua carriera, deve lottare per non retrocedere. Obiettivo salvezza raggiunto. Dopo 37 anni di onorata carriera, Fabio da Pieris, ha detto stop. Ma Capello, in realtà, la Cina l’ha vista dopo Marcello Lippi. Il tecnico viareggino approdò per la prima volta in Asia nel 2012, al Guangzou Evergrande. In tre anni portò il club di Canton alla conquista di altrettanti campionati, coppe nazionali cinesi, e per la prima volta alla conquista della Champions League Asiatica. Un bottino niente male. Attualmente è ritornato per allenare la nazionale cinese.

Nazionale Italiana La panchina azzurra è sempre stata croce e delizia per i tre coach. In principio fu il Trap. Dal 2000 al 2004 fu messo alla guida di una nazionale infarcita di talenti, nel pieno della maturazione calcistica. Avrebbero potuto vincere Mondiale ed Europeo, se non fossero incappati in una sottospecie di arbitro ecuadoreno e se non avessero ingoiato un amarissimo biscotto scandinavo. Il suo successore, come accadde con la Juventus, fu Marcello Lippi. Al tecnico viareggino si chiede di ottenere la qualificazione mondiale 2006. Missione compiuta. Ma prima della partenza per la Germania, il clima è tutt’altro che benevolo nei confronti degli azzurri. A causa dello scandalo Calciopoli. I tanti juventini presenti in squadra vengono costantemente e pesantemente bersagliati dai tifosi, che li incitano a mollare il gruppo e andarsene. Ma Lippi e i ragazzi fanno quadrato. Nulla li può scalfire. E infatti, in terra tedesca, sarà proprio il GRUPPO a portare l’Italia sul tetto del mondo per la quarta volta nella sua storia. Lippi lascia da vincente. Ma nel 2008, la nostalgia e il richiamo del popolo italiano, lo convincono a ritornare. Purtroppo nulla è come prima. Gli azzurri, ai mondiali sudafricani, non passano nemmeno il modesto girone che comprendeva Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia. Il Lippi-bis non ha funzionato. Ma negli occhi di tutti resteranno comunque indelebili le immagini della notte magica di Berlino. E Capello cosa c’entra con la nazionale? Niente. Nei vari anni, ogni volta che gli veniva chiesto come mai non sarà lui ct, la sua risposta è sempre stata lapidaria: “non mi interessa”. Sembra quasi un paradosso pensare che, un tecnico dal suo pedigree, non si sia mai seduto sulla panchina della propria nazione, preferendo quella inglese prima e quella russa poi. Con i se e con i ma non si fanno la storia, però, con un Capello in panchina, forse qualche soddisfazione in più magari l’Italia l’avrebbe avuta.

Ma l’aspetto che li accomuna, e forse quello più importante di tutti, è la Famiglia. Trapattoni conosce sua moglie durante le olimpiadi del 1960 a Roma. Lui 21 anni, lei 17. Scoppia l’amore. I due si sposano nel lontano 1964, e ancora oggi la loro storia fa il giro del mondo. Virale diventa una foto scattata di recente alle Maldive, che ritrae i due “sposini” in un tenero bacio da far invidia a tutte quelle coppie (o pseudocoppie) social. Il loro scatto vale più di mille altre foto. Anche Capello ha una storia da libro cuore. Dal Friuli, il 16enne Fabio, emigra verso Ferrara. Lo ha ingaggiato la Spal. Proprio nella cittadina emiliana, tra gli studenti che affollano gli autobus ogni mattina, conosce una ragazza di nome Laura. Quella ragazza diventerà sua moglie nel 1969. E quest’anno festeggeranno il 50° di matrimonio. Auguri mister! Marcello da Viareggio, invece, è il più giovane dei tre. Sposato con Simonetta dal 1974, della sua vita privata non parla molto. Però, nelle varie interviste, in cui l’argomento famiglia veniva appena accennato, il tecnico toscano non ha mai lesinato nel stimare la consorte per averlo supportato nei momenti belli e brutti della sua carriera da allenatore. Una dimostrazione di amore. Che a volte non serve per forza spifferare ai quattro venti.

Nipotini Qui i cuori si sciolgono definitivamente. Tutti e tre rientrano nella categoria dei nonni. Qualche giorno fa è stata data la notizia che Trapattoni è diventato bisnonno. E sfido chiunque calciofilo, che abbia seguito appassionatamente le sue gesta, di non aver provato una grande emozione quando ha visto il tecnico (l’ex tecnico) nel sorridere teneramente, accarezzando i piedini della nuova creaturina. Fabio Capello, giocava con i nipoti alla playstation e li portava a vedere gli allenamenti del Milan. In un’intervista di qualche anno fa, dichiarava che “la gioia è sul viso dei miei nipoti”. Ora che non allena più, avrà ancor più modo di vederla maggiormente. Lippi ha menzionato spesso il nipotino Lorenzo, e di dedicare del tempo quando il lavoro glielo permetteva. Anche durante la sua avventura cinese, nonno Marcello ha sempre detto che la lontananza dalla famiglia e dall’amato nipotino era la cosa che gli mancava di più. Tre allenatori carismatici, che si son fatti rispettare nella loro lunga carriera, ma che dietro quell’aspetto che a volte poteva sembrare burbero, permaloso e antipatico, si celano animi di persone con valori che amano le cose essenziali della vita.