Sui calci di rigore c’è un’antologia datata 1891, quando l’International Football Association Board introdusse nel gioco del calcio questa regola, coniata qualche mese prima dall’irlandese McCorn.
È una vicenda che cambia radicalmente la storia del football con buona pace dei portieri – tra i quali lo stesso McCorn – che da quel momento divennero protagonisti di un duello a tu per tu con l’avversario chiamato a cambiare il risultato dal dischetto.

L’argomento, dai libri di storia passa puntualmente ai bar ogni lunedì; dove tale duello è riprodotto specularmente tra gli ambasciatori del “c’era rigore” e del “mai e poi mai” divisi, nello schieramento, da un bicchiere di vino ma spesso e volentieri uniti dalla mal conoscenza delle regole ed ebbriati dalla fede, cieca, per la propria squadra del cuore “derubata” o “graziata” che sia.
Discorsi da bar, lontani dalla classe e autorità che le società calcistiche dovrebbero tenere per rimanere super partes e smetterla di agitare inutilmente le tifoserie, gettando malizia e malafede sull’operato degli arbitri. Perché se ai tifosi il diritto sacrosanto di lamentarsi il sabato, quando fanno gli allenatori e il lunedì quando si risvegliano arbitri, deve essere garantito, alle società spetta un altro ruolo: più professionale e soprattutto di esempio sportivo. Ricordiamoci che è un gioco.

Al solito tavolino del bar, questa domenica, si è seduta la Roma, con questo tweet: “Fallo di guancia?” 
IL FATTO Minuto 29' al Franchi: Simeone raccoglie un pallone in area di rigore avversaria, con il destro cerca di eludere l’intervento in tuffo di Olsen. Alla fine c’è un contatto tra il piede destro dell’attaccante e la faccia del portiere e il Cholito finisce a terra. Questo, essenzialmente questo, è quanto successo durante il primo tempo di Fiorentina-Roma: un contatto in area e l’arbitro decide di concedere il rigore che porterà i viola in vantaggio e a un putiferio mediatico che tarda a placarsi. Cosa dice il regolamento?
Innanzitutto, lo abbiamo letto, si tratta di un contrasto punibile con il tiro dal dischetto se effettuato con negligenza (mancanza di attenzione), vigoria spropositata o imprudenza (quando il calciatore agisce con noncuranza del pericolo). Siamo nell’ultimo caso: l’intervento di faccia di Olsen è considerato da Banti imprudente e affetto da gioco pericoloso (anche se ai danni dello stesso portiere), ecco perchè fischia.

Avvolgiamo il nastro: è Simeone che tocca Olsen? Il piede destro dell’attaccante potrebbe allargarsi per cercare il contrasto e finire a terra; ma guardando e riguardando le immagini, a distanza di giorni non è chiaro se sia andata così. Il dubbio resta e l’arbitro ha davvero poco tempo per prendere una decisione (il VAR interviene solo su errori chiari lasciando al fischietto il pugno della gara) che non commenteremo in questa sede.

Calcio e tifo sono da sempre un binomio vincente: la suspense, il post partita sono la cornice di un rito che non ha eguali. E’ la bellezza del vedere la stessa cosa in due modi diversi, il fiato sospeso durante un calcio di rigore, la rabbia per un cartellino rosso, la gioia dopo un gol. E’ tutto e solo questo: non dovrebbe tramutarsi in polemica continua, in accuse, in àsti insanabili. Gli arbitri sbagliano e hanno diritto all’errore, altrimenti tanto vale comprare tutti un videogioco; ciò che non può essere sbagliato è il trasporto delle società verso dubbi, insinuazioni che fanno solo male al nostro sport e alimentano un clima di odio e di diffidenza dove dovrebbe esserci lealtà e sana rivalità. Il football ha una sua economia che non è minacciata da uno o più calci di rigore a favore o contro, ci vuole pazienza, ma alla fine i meriti vengono sempre a galla.

Non è il posto della Roma, dunque, quello del tavolino di un bar di tifosi; ma per una volta ci piacerebbe immaginarla con Wiliam McCorn, al secondo whiskey seduto di fronte: “Non dare la colpa a me, sarà per la prossima”.