“Zo we zo” in Sango, una lingua dell’Africa centrale, significa “un uomo è un uomo”. Ribadisce una verità antica quanto noi stessi. Per andare subito al nocciolo il senso è: una persona è una persona e ogni essere umano ha la sua dignità.
Verità elementare che, spesso e volentieri, viene trascurata, soprattutto in questi nostri tempi, dove guerre, povertà, sopraffazioni, crisi economiche e sociali, sono minacciosamente riapparsi e fanno da innesco a preoccupanti episodi di razzismo che, come abbiamo visto di recente, trovano  negli stadi un’inquietante cassa di risonanza.

Ora, chiariamoci subito, queste manifestazioni non sono una peculiarità di una nazione rispetto a un’altra. Il problema, per la verità, è antico. Risale almeno agli anni ’80 quando, a proposito degli hooligan, la Thatcher li definì “una disgrazia per la società civile”.
Abbiamo accostato il nome della Iron Lady agli episodi di violenza negli stadi non a caso.
Il presidente del Napoli, De Laurentiis, proprio di recente ha sostenuto che, per riportare ordine e tranquillità negli stadi, bisogna adottare gli stessi provvedimenti che la Thatcher impose al mondo del calcio inglese. Dal canto suo, il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, proprio all’indomani della sua nomina a vice-presidente Uefa, ha dichiarato, nel corso di un’intervista al Corsera, che “siamo nel pieno di un’isteria sociale che sta contagiando l’intero paese, in diversi ambiti , uno di questi è il calcio.“
La FIGC vuole fermare questa deriva sociale... Nei giorni scorsi si è svolta una riunione con i ministri Piantedosi e Abodi insieme ai rappresentanti delle Comunità ebraiche. La Federcalcio è disponibile a lavorare  per trovare soluzioni condivise. Gravina ha sottolineato come un decisivo aiuto potrebbe venire dalla tecnologia: “Bisogna attuare il progetto del radar sonoro – ha detto il presidente della Federcalcio – che indirizza le telecamere per individuare i responsabili di cori beceri e atti violenti. E’ pronto da quattro anni ed è bloccato per alcune perplessità del Garante per la Privacy.”

PERCHE’ TANTA VIOLENZA?
Susan Faludi, giornalista americana, transgender, vincitrice del Premio Pulitzer nel 1991 per il cosiddetto ‘giornalismo esplicativo’ con una serie di articoli sui costi umani dell’alta finanza, si è detta d’accordo con molti sociologi sul fatto che all’origine di certi episodi di violenza c’è il forte disagio di “uomini spaesati che sono stati espulsi dalla catena produttiva a causa della manodopera del Terzo Mondo.“
Privati del lavoro tradizionale e spodestati dai loro piedistalli patriarcali, questi uomini hanno disperatamente cercato di riaffermare la loro virilità. La violenza sugli spalti e fuori dagli stadi ha dato loro una rara opportunità di esercitare effettivamente un potere.”
Ci sono ragioni, dunque, di emarginazione sociale e politica, ma ci sono anche motivazioni legate alle vicende storiche di un territorio. Il riferimento, non casuale, è alla ex-Jugoslavia che non fece mai i conti con il fatto che le sue due etnie più numerose si erano trucidate l’un l’altra. I tifosi, per capirci, furono determinanti nella rinascita del nazionalismo serbo.
Un capo-ultrà della Stella Rossa di Belgrado, alla domanda di un giornalista che gli chiese chi odiate di più? Il ras della curva belgradese rispose senza esitazione alcuna: “Un croato, un poliziotto. Per me non fa differenza. Li ammazzerei tutti e due.”

GEO-POLITICA DEL TIFO
Se mi chiedessero per quale squadra tiferesti in Europa, ovviamente dopo quella di casa (rossonera) per la quale soffro come un penitente delle antiche confraternite, personalmente non avrei esitazioni: il Barcellona. Non è una scelta istintiva, magari dettata dalla smodata passione per la città. No, sono  in grado di fornire una motivazione ragionata. Nel continente europeo, sono poche le squadre che non hanno trescato, in passato, con il fascismo e che oggi si connettono con un presente piuttosto xenofobo. Si offende qualcuno se, per esempio, dico che il Real era la squadra del gobierno e il suo primo tifoso era un ultrà di nome Francisco Franco? E’ una verità storica di ardua confutazione.  
Ci sono società, nella ricca e politically correct Europa, che sul razzismo, in qualche caso anche piuttosto virulento, mostrano qualche opacità nel contrastarlo. Paris Saint Germain, Chelsea, Glasgow Rangers, Stella Rossa Belgrado. Il Barca, per via della sua Storia e anche per via dell’immagine che di sè propone aderisce benissimo alla vision liberal che ho della vita. Pare, inoltre, che il rosso e il blu, dei suoi colori sociali, li abbia  presi dal tricolore della Rivoluzione francese. Magari non sarà vero, ma ha una sua verosimiglianza spirituale.

ITALIA, RAZZISMO NORD-SUD
E’ scomodo da dire, ma c’è stato, c’è e ci sarà. Ma, prima ancora, dalle nostre parti, almeno negli anni ’90 c’erano delle feroci rivalità locali. Ascoli-Ancona, Pisa-Livorno, Varese-Como. Certo non è roba da accostare al razzismo, parliamo meglio di un campanilismo esasperato. Il vero razzismo, quello più truculento, è sempre affiorato quando squadre del Nord incontravano quelle del Sud. Verona, tanto per non fare nomi, ha una sua leadership incontrastata in materia. Si cominciò, non rammentiamo l’anno, con lo striscione, apparso sugli spalti del Bentegodi:  “Vesuvio facci sognare” nel corso di una partita contro il Napoli.
A malincuore, mi tocca rammentare, la curva rossonera che, a San Siro, ospite sempre la squadra partenopea, espose lo striscione: “Regalateci un’altra Pompei”. Ai veronesi, in trasferta al Cibali, va accreditato lo striscione Forza Etna che, in un certo senso, fece epoca in quanto divenne manifesto ideologico di alcune formazioni politiche. Ovviamente, i napoletani, ricorrendo alla loro innata e storica creatività, replicarono ai veronesi con lo striscione “Giulietta è na z…..a! Milan- Roma è sempre stata una partita che ha fatto  tremare i polsi al questore di turno. Match tesissimi. La tifoseria romanista intonava sempre il coro “Un solo grido, un solo allarme. Milano in fiamme, Milano in fiamme. Replica. della curva rossonera: ”Milano in fiamme e dove andrete a lavorare.”
Giusto però ricordare anche episodi di segno positivo. Nel 2001, i giocatori del Treviso, in risposta ai continui episodi di intolleranza verso il loro compagno nigeriano Akeem Omolade si presentarono in campo con il volto dipinto di nero, compreso l’allematore Mauro Sandreani.

NON ESISTONO RAZZE
Oltre alla tecnologia, quella invocata dal presidente Gravina, da usare come deterrente contro le frange irriducibili del tifo violento, noi pensiamo che la Scuola, sin dalle prime classi, diciamo dalle medie, dovrebbe fornire informazioni e spiegare alcuni concetti-base, magari nell’ora di scienze. Ai giovani e giovanissimi andrebbe detto che, come dimostrano tutti gli studi, la razza è una sola. La verità è che siamo tutti parenti, discendenti degli stessi antenati africani che hanno colonizzato, nel corso di migliaia di anni, tutto il pianeta.
Niente razze, ma molte differenze che sono scritte un po’ nel nostro Dna, ma moltissimo nella nostra cultura e anche nel florilegio di luoghi comuni che ci forniscono una visione distorta delle cose, diventano l’humus ideale dove crescono rigogliosi i pregiudizi che ci portano ad avere atteggiamenti razzisti.

EVA AFRICANA
Siamo tutti nipoti di un’unica donna, che ha dato vita a una popolazione umana di 8 miliardi di persone? Sembra un’assurdità, ma è una verità scientifica. La genetica la chiama Eva mitocondriale. Ovvero una presunta antenata comune a tutti gli esseri umani, dalla quale discenderebbero in linea materna. La teoria si regge sul Dna mitocondriale che, per tutti noi, bianchi, gialli, neri, rosè, passa dalla madre ai figli. Per dirla semplice si è confrontato il Dna mitocondriale di persone appartenenti a diverse etnie e la conclusione è stata che tutte le sue sequenze siano derivate dalla sequenza di un singolo esemplare, che ha prevalso su tutti gli altri.
La nostra nonna comune viene anche chiamata Eva Africana (una notizia che supponiamo farà sobbalzare i protagonisti dei cori razzisti negli stadi di tutto il mondo ndr). Questo perché, secondo la Filogenia (scienza che studia la storia evolutiva di un gruppo di organismi in base alle loro interazioni di discendenza e di affinità ndr)” noi deriviamo tutti - cito testualmente - dagli indigeni africani, i quali hanno ramificato la loro linea di discendenza arrivando in tutti gli altri continenti.”