Forse mai come quest'anno, al termine della stagione assistiamo alla possibile famosa "danza" degli allenatori.

Oggi come oggi, i "disoccupati" di rango sarebbero principalmente due, nell'Europa calcistica che conta (Conte e Mourinho), ma anche i Mister ufficialmente in panca non paiono così solidi ed automaticamente rinnovabili. Nessuno, credo, può oggi stabilire con certezza quale sarà lo schieramento delle panchine il prossimo anno nei principali club europei.
Il mio non vuole essere un discorso tecnico, visto che tecnico non sono, quanto un insieme di libere considerazioni su comportamenti che non riesco a giustificare.

Io mi chiedo, in buona sostanza, QUALE FORZA spinga oggi un allenatore di prima fascia alla continua ricerca di stimoli nuovi e ad una continua peregrinazione fra squadra e squadra, talora cambiando financo nazione, con tutte le difficoltà derivanti.
Solo là dove si configurasse una situazione storica giustificata  (la cosiddetta chiusura di un ciclo - Allegri alla Juventus, forse oggi,  Guardiola quando abbandonò il Barcellona-), il fenomeno potrebbe avere un suo senso compiuto.
In altri casi, non riesco a capire così bene.

Ciò che non riesco a comprendere, ad esempio, è quanto accade in genere: interruzione improvvisa di un rapporto, risoluzione repentina di un contratto, evoluzioni inattese ed inattendibili che, proprio in quanto improvvise e non dominabili, rischiano di provocare effetti domino  di portata non indifferente in tutto lo scacchiere calcistico d'Europa.
Mi riferisco, oggi, oltre che a Conte ed a Mourinho, a Guardiola, a Pochettino, a Klopp,  a Ten Hag, a Sarri. Sono tutte figure carismatiche della panchina che, indipendentemente dalla posizione che ricoprono, sembrano rappresentare il sogno proibito di molte società, A PRESCINDERE. Al netto, quindi, dell'impegno teorico, attualmente in essere per ciascuno, teoricamente vincolato ad un contratto firmato ed ancora valido.

Traslerei così il problema su una questione che pare elementare, in linea teorica, ma che non penso sia così facilmente spiegabile.
COSA PASSA, nella testa di uno di questi personaggi? COSA CERCA, in più di ciò che già possiede, uno di codesti benedetti da Dio?

Sono Essi, in genere, soggetti medio giovani (fra quelli elencati, penso il più maturo sia Mourinho, neppure sessantenne), transitati o meno dal calcio giocato, ma tutti in ogni caso personaggi consumati nel mondo del calcio.
Presi oggi, come coach di primo livello, hanno già TUTTI accumulato nella vita, valenze economiche MOLTO, MOLTO robuste, grazie ai periodi di impegno professionale precedente.
Quindi vero è che la sindrome di Mida può essere inarrestabile, ma non voglio pensare che il risvolto economico sia la prima delle loro spinte. Aiuta, certamente, ma non è l'unica.

Si potrebbe dire che cerchino GLORIA, ma, nella loro posizione, è giusto definirla tale?

Essi possono tutt'al più portare a casa qualche coppa (pur prestigiosa) per la bacheca sociale, e non mi sembra di rivedere in essi il piglio di un inventore, di un conquistatore, o di un moderno startupper particolarmente rampante.
Nessuno di essi, inoltre, oggi come oggi, lavora in campionati minori e,  per quanto effimero possa essere il fine, il soggetto potrebbe comunque trovare soddisfazione là dove si trova, impegnandosi magari, in maniera differente.

Nemmeno questa teoria, quindi non giustifica a sufficienza il tourbillon.

Molti di essi, nelle interviste, tendono volentieri ad una nobilitazione del target: accennano a disegni, a progetti, ad ideali intimi.
A sentirli parlare, cambierebbero volentieri il club di appartenenza, per poter perseguire una idealità di organizzazione sociale, di gioco, di maturazione intima applicata alle loro teorie del calcio.
E fino a ieri  dove erano quei buoni propositi? Non ci avevano mai pensato, quando avevano firmato i contratti precedenti?

Non mi pare credibile.
Quindi io per primo non riesco a fornire una risposta specfica ai miei dubbi.

Un cenno, peraltro, mi fa piacere di abbozzare: il mondo doratissimo del calcio di oggigiorno, ove il danaro regna oramai sovrano nel nome di un business che ha sostituito lo sport, è come un grande set cinematografico: la popolazione dei figuranti è rappresentata da schiavi ricoperti dì oro. Essi assolvono il loro compito di scena in braghette, correndo per il campo dietro ad un pallone di cuoio e tentando di cacciarlo in una rete.
Davanti ci sono i Condottieri, egualmente paludati in vesti preziosissime, che li organizzano, li schierano, li scelgono, li dirigono.

E', in pratica, una riedizione del "Pifferaio di Hamelin".
Ma i veri "topolini", dove stanno? Saremo mica noi tifosi?