Una brutta notizia ci ha colpiti nel cuore della mattinata, è morto Paolo Rossi, simbolo dell'Italia nel famoso Mundial del 1982. Un ricordo indelebile, quando ci ha fatto vincere la terza coppa del mondo con una squadra di giocatori indimenticabili: da Dino Zoff a Beppe Bergomi passando per Collovati, Gentile, Scirea, Conti, Cabrini, Tardelli, Oriali, Graziani, Altobelli e così via. Una carriera fatta di successi, vittorie e soprattutto travolto in uno scandalo del calcioscommesse (il cosiddetto "Totonero") che costò la squalifica di 3 anni tornando giusto in tempo per i mondiali spagnoli.

Gli inizi
Inizia a crescere nelle giovanili del Santa Lucia quando aveva soltanto 9 anni, una squadra creata dal medico della frazione, il dottor Paiar a Prato. Dopo una sola stagione all'Ambrosiana (sempre a Prato), si trasferì alla Cattolica Virtus in Toscana e poi alla Juventus all'età di 16 anni dove dichiarò:
«Non è stato facile, ai miei genitori non è che l'idea andasse molto. Sono rimasti scottati dall'esperienza di mio fratello, anche lui in bianconero, che dopo un anno è stato rispedito a casa. Mia madre non ne vuole sapere di mandare a Torino un altro figlio così giovane, mio padre consiglia al dottor Nesticò, un dirigente della Cattolica, di sparare una cifra alta, per dissuadere quelli juventini, ma non c'è verso. Italo Allodi viene a casa nostra, fa opera di mediazione e alla fine per quattordici milioni e mezzo faccio la valigia».

Esordì in prima squadra il 1 maggio del 1974, in un incontro di Coppa Italia a Cesena e giocò con alcuni giocatori che poi li ritrovò ai mondiali del 1982 tra cui: Dino Zoff, Claudio Gentile e Franco Causio. Dai bianconeri, passò al Como dove colleziona soltanto 6 presenze non riuscendo a segnare nemmeno un goal.

L'esplosione con il Lanerossi Vicenza
Vi ricordate il Lanerossi Vicenza del grande Giovan Battista Fabbri ? Sì, siamo nell'estate del 1976 e la Juventus convinse ai biancorossi di prenderlo in compartecipazione. Nel Lanerossi, Paolo Rossi trovò appunto questo allenatore che lo aiutò nel crescerlo e a dargli fiducia, un buon rapporto ebbe anche con il numero uno del club vicentino, Giuseppe Farina (che poi si rincontreranno alcuni anni dopo nel Milan) dove disse: 

«è stato un presidente unico, pur con tutti i suoi difetti. Aveva una grande personalità, grande umorismo. Era uno che ci sapeva fare e con cui era estremamente piacevole passare del tempo. Sotto altri aspetti, nella gestione della società, poteva essere anche un duro, probabilmente era un presidente d'altri tempi. Secondo me Farina era una spanna sopra gli altri, aveva delle idee innovative. Mi ricordo che il primo anno di Serie A, si era inventato l'abbonamento biennale per farsi anticipare i soldi che gli servivano, erano cose che all'epoca sembrava incredibile potessero uscire dalla mente di una persona, ma lui era così, aveva queste intuizioni».

Nella stagione 1976-1977, l'attaccante pratese contribuisce alla promozione dei biancorossi in Serie A e appunto il tecnico Fabbri lo schierò subito titolare, dove segnò 21 goal vincendo la classifica marcatori della Serie B per la prima volta in carriera. Ma è nella stagione successiva, che Pablito metterà in mostra le sue abilità portando i Berici ad uno storico secondo posto, vincendo addirittura anche la classifica capocannonieri della Serie A con 24 reti (primo giocatore a conseguire questa doppietta), ricevendo anche la convocazione ai mondiali del 1978 da parte di Enzo Bearzot. Rimane con i biancorossi fino al 1979 dove con i suoi 15 goal non riuscirà a salvare il Lanerossi dalla zona retrocessione.

Il trasferimento al Perugia e lo scandalo del Totonero
Paolo Rossi, si trasferì poi al Perugia (dopo la retrocessione degli Berici in Serie B) che in quegli anni era una rampante "provinciale, in quell'anno D'Attoma mise in piedi per la prima volta la sponsorizzazione di maglia. Resta lì per una sola stagione, segnando 13 goal in 28 gare di campionato e una rete nelle quattro partite di Coppa Uefa, ma non riusì a vincere la classifica capocannonieri arrivando soltanto terzo nella graduatoria. Però in primavera del 1980, scoppia uno scandalo sulle scommesse, il cosiddetto "Totonero"  che appunto, viene coinvolto anche lui. Rossi venne squalificato per due anni dicendo addio alla possibilità di giocare gli Europei che proprio in quell'anno si disputarono in Italia.

Il ritorno alla Juventus
Paolo Rossi, tornò in campo con la maglia della Juventus (acquistato nel 1981) riuscendo a giocare le ultime tre partite in campo, realizza la rete nella gara contro l'Udinese che consegnò così il 20° scudetto ai bianconeri, nonchè la seconda stella, riuscendo a giocare addirittura i mondiali vittoriosi del 1982 e vincendo soprattutto anche il Pallone d'oro. Con i bianconeri, contribuirà anche alla vittoria del: 21esimo titolo in campionato (1983-84), Coppa delle Coppe, Coppa Italia (1982-1983), Supercoppa Europea e la Coppa dei Campioni in quella tragica notte dell'Heysel del 29 maggio del 1985. In totale colleziona 83 presenze, segnando 24 goal, ricordando soprattutto questa seconda esperienza con i bianconeri dove dichiarò:

 «In bianconero ho vissuto dei momenti molto belli, ma anche alcuni molto brutti. Ad un certo punto ero stufo di calcio, andavo agli allenamenti perché ero costretto. Mi sembrava che attorno a me mancasse totalmente la fiducia, quando dovevano sostituire un giocatore, toccava sempre a Rossi. Mi sembrava una scelta fatta a tavolino, ci restavo male. Con i tifosi juventini non mi sono mai trovato bene, forse ha rovinato il rapporto la faccenda dell'ingaggio, quando avevo chiesto qualche soldo in più. Oltretutto nella Juventus giocavo in una posizione poco congeniale alle mie caratteristiche, ma mi sono adattato, anche sacrificandomi. Alla Juventus ho imparato tantissime cose, la società voleva confermarmi ma io, ormai, mi sentivo come un leone in gabbia. Meglio cambiare aria».

Le ultime esperienze con Milan e Verona
Nell'annata 1985-1986 si trasferì al Milan vestendo la maglia numero 10 del grande Gianni Rivera, ci fu anche un tridente di attacco noto come: Vi-Ro-Ha ovvero Virdis-Rossi-Hateley.
Però la stagione con Nils Liedholm in panchina non sarà positiva a causa anche dell'infortunio che lo costrinse a saltare le prime dieci partite del campionato, trovando soltanto due reti nel derby della stracittadina contro l'Inter. Dopo una sola stagione a Milano, la sua carriera si concluderà a Verona dove collezionerà 20 presenze con soli 4 reti segnate contribuendo alla qualificazione della Coppa Uefa, arrivando quarta a fine campionato.

I mondiali del 1978, del 1982 e la Tragedia del Sarrià
Per Pablito, il debutto con la nazionale avvenne il 21 dicembre del 1977 in un amichevole contro il Belgio vinta per una rete a zero. Rossi ricorda così la sua prima esperienza in azzurro con queste parole: 

«Anche se si trattava di un incontro amichevole è stata senza dubbio una delle più forti emozioni che io abbia mai provato. Vestire per la prima volta la maglia azzurra è stata una grandissima soddisfazione. Ricordo che quando è partito l'inno di Mameli mi sono sentito investito da una serie di responsabilità, prima fra tutte quella di rappresentare l'Italia intera».

Viene convocato da Enzo Bearzot nei mondiali del 1978 che in quell'anno si disputarono in Argentina, l'inizio sarà straordinario, perchè? La nostra nazionale viene pescata nel girone A con la Francia, Ungheria e appunto l'Argentina riuscendo a vincere tutte e tre le partite chiudendo prima nel girone con 6 punti. Paolo Rossi segnò la rete dell'uno a zero nel primo match contro i francesi, cosa che si ripeterà nella gara contro l'Ungheria. L'Italia accede così alla seconda fase a gironi, sempre nel gruppo A trova: i Paesi Bassi che saranno finalisti nell'ultima gara del mondiale, la Germania e l'Austria. Tuttavia, gli azzurri riescono ad ottenere un pareggio contro i tedeschi, una vittoria contro gli austriaci grazie proprio alla rete dell'attaccante pratese, perdendo però l'ultimo match (che ci poteva qualificarci alla finale) contro i Paesi Bassi per 2-1. La nostra esperienza si concluderà con un quarto posto perso nella penultima gara contro il Brasile per il terzo posto.

Giungiamo ai mondiali del 1982 che si disputarono in Spagna, gli azzurri vengono messi nel gruppo 1 con Camerun, Polonia e Perù. Dopo un inizio brutto con tre pareggi (ci qualifichiamo per un soffio), la nostra nazionale accede alla seconda fase a gironi trovando due squadre molto ma molto toste: l'Argentina campione in carica e il Brasile di Falcao, Zico, Socrates, Junior, Cerezo e così via. È il 29 giugno del 1982, la Gazzetta dello Sport intitolava la prima pagina così: "Italia facci sognare", a Barcellona sfidavamo l'Albiceleste per un posto alle semifinali; il risultato sarà di 2-1 da parte degli Azzurri grazie alle reti Marco Tardelli e di Cabrini. Pochi giorni dopo, c'era la sfida con il Brasile e per noi era una bestia nera; sono le cinque del pomeriggio entrambe le squadre si giocano il primato. Al 5' siamo in vantaggio noi grazie al colpo di testa di Paolo Rossi, ma la Selecaò non ci stà e trova il pareggio al 12esimo con Socrates; sempre nel primo tempo, Junior commette un errore, regalando la palla all'attaccante italiano che segna il 2-1, siamo avanti noi e il Brasile non si vuole arrendere. Nel secondo tempo, la squadra di Santana prova in tutti i modi per pareggiare ma Dino Zoff è un muro, riesce a far resistere il risultato e purtroppo al 68esimo arriva il momentaneo 2-2 con Falcao, siamo di nuovo in parità e al 74esimo arriva il calcio d'angolo da parte nostra; dalla bandierina batte Conti: il tiro venne intercettato di testa da Oscar ma finì sui piedi di Tardelli, il cui tiro in porta fu corretto da Rossi, che portò il punteggio sul 3-2. Negli ultimi minuti, il cuore degli italiani si ferma; il Brasile cerca di segnare il 3-3 con il colpo di testa di Oscar e Dino Zoff inchioda la palla sulla linea di porta. Al fischio finale esplode la festa in tutte le strade d'Italia e questa venne definita dalla stampa verdeoro la Tragedia del Sarrià.
Pablito poi disse:
 «Il primo gol al Brasile, lo ricordo come il più bello della mia vita. Non ho avuto il tempo di pensare a nulla: ho sentito come un senso di liberazione. È incredibile come un episodio possa cambiarti radicalmente: niente più blocchi mentali e fisici. Dopo quel gol, tutto è arrivato con naturalezza».

È l'8 luglio del 1982, sempre la Gazzetta dello Sport intiolava la prima pagina così: "Azzurri oggi c'è la Polonia. Non fermatevi". Al Camp Nou c'è la Polonia di Boniek, chi vince trova la vincente tra Germania Ovest e Francia. Al 22esimo minuto l'Italia passa in vantaggio, segna sempre lui Paolo Rossi che chiuderà i conti al minuto 73 del secondo tempo, portando l'Italia in finale dopo 12 anni.

Arriviamo all'11 luglio del 1982, al Santiago Bernabeu di Madrid si sfidano Italia e Germania Ovest del grande Karl-Heinz Rummenigge. Gli Azzurri nel primo tempo sbagliano il calcio di rigore con Cabrini che calcia fuori, alla sinistra del portiere Schumacher; ma è nel secondo tempo che l'Italia dilaga; passa prima in vantaggio con Paolo Rossi che segna il sesto goal del mondiale al minuto 57'. Pochi minuti dopo, arriva la rete che vale il secondo goal con Marco Tardelli e infine con Altobelli al minuto 81' che consegna la terza coppa del mondo alla nostra nazionale. Nando Martellini disse al termine della partita:

«Palla al centro per Müller, ferma Scirea, Bergomi, Gentile, è finito! Campioni del mondo, Campioni del mondo, Campioni del mondo!!!»

Pablito poi disse: : «Eravamo campioni del mondo. Feci solo mezzo giro di campo coi compagni: ero distrutto. Mi sedetti su un tabellone a guardare la folla entusiasta e mi emozionai. Ma dentro sentivo un fondo di amarezza. Pensavo: "Fermate il tempo, non può essere già finita, non vivrò più certi momenti". E capii che la felicità, quella vera, dura solo attimi».