Fascia nera sul braccio, un minuto di silenzio, forse si leggerà qualche messaggio. Applausi. L'arbitro fischierà. E la partita avrà inizio. Si urlerà, si imprecherà, si vivrà quella normalità che potrà passare anche dal festeggiamento del gol proprio di una partita di calcio. Nel giorno del lutto nazionale il calcio non si ferma. Hanno cercato di giustificare e filosofeggiare sul perché non ci si deve fermare, ma la realtà è che ci sono tanti soldi in ballo, diritti televisivi, business, insomma una bolla così potente che sovrasta il lutto nazionale. E si son arroccati in molti dietro mille scuse ridicole. E' stata una strage figlia del degrado italiano quella che si è consumata a Genova. Non figlia della casualità, del destino, del fato. Giovanissimi ammazzati, hanno perso la vita. Vite di decine e decine di famiglie spezzate per sempre. 

Il calcio è la vetrina dell'Italia si è detto, la più importante. E' un grave errore non fermarsi almeno nella giornata del lutto nazionale. Una vergogna. Come si potrà parlare di calcio quel giorno? Di normalità? Che riflessioni? E' già successo altre volte si dirà e succederà ancora. E quindi? Questa è la normalità che vogliamo? Il senso del rispetto? A cosa serve allora il lutto nazionale? Si può riflettere anche senza tale proclamazione. Il Paese per ritornare nella sua normalità agonistica di tempo ne aveva a disposizione, poteva già il giorno successivo se proprio non si voleva fermare l'intero turno, come sarebbe stato auspicabile, almeno nella giornata di sabato dovevano fermarsi. Inizia male, molto male, la nostra Serie A, inizia sotto il segno della vergogna. Un abbraccio a tutti gli amici e le amiche di Genova, alle famiglie che vivranno questo momento terribile di dolore immenso, immenso.