L'Italia per la seconda volta consecutiva non si è qualificata ai mondiali di calcio.
Mentre gli esperti parlano di "scuole calcio" da rifondare, a me ritornano in mente i pomeriggi di tanti anni fa passati all'oratorio:
in quel campetto di cemento si partiva giocando 1 vs 1 a porticine, passando per "scacco" fino ad arrivare a giocarci anche in 10 contro 10 senza tenere conto delle righe.
A volte qualcuno rimaneva seduto sulle gradinate ad aspettare che si liberasse un posto.

La maggior parte di noi non frequentava scuole calcio eppure tutti giocavamo a calcio almeno due volte a settimana, liberi di inventare, di sbagliare e riprovare; tanto che anche alla fine persino i più scarsi una "mossa" per saltare l'avversario la trovavano.
Non c'era nessuno a insegnarti come stoppare il pallone, ma alla fine lì si imparava anche a giocare a testa alta, obbligati a guardarsi in faccia perchè, non avendo divise, si doveva essere veloci a capire chi era nella nostra squadra e chi no.
 
All'alba dell'ennesimo insuccesso sportivo della nostra nazionale è partito l'ennesimo discorso rivoluzionario su strutture, settori giovanili e allenatori da formare ma  forse il problema è esattamente l'opposto.
Oggi, in Italia, si gioca a calcio soltanto se si è nel numero giusto, cronometrati, assicurati, regolamentati e con le pettorine.
E se oggi non siamo più così bravi a giocare a pallone forse è perchè il Calcio è "solo" lo sport dei calciatori e non più Lo Sport di tutti.