Un inizio e una fine da profondo rosso, in mezzo qualche barlume di speranza dato da un accenno di gioco e da qualche volto nuovo che potrebbe diventare protagonista all’interno del nuovo gruppo azzurro.
Così si può riassumere la full immersion della Nazionale che tra Finalissima e Nations League si è trovata a percorrere una montagna russa di risultati che partiva dal punto più basso di marzo e piano piano sembrava potersi allontanare per tentare una risalita fino a tornare quasi al punto di partenza dopo la sconfitta contro la Germania che ha riportato la truppa di Mancini con la mente alla brutta serata di Palermo.

Il ritorno in campo della Nazionale è conciso con la Finalissima contro l’Argentina, partita nata nel ricordo di Maradona e che metteva di fronte due nazionali reduci dai successi continentali. Per l’Italia non era solo una finale,ma rappresentava la giusta occasione (considerando la caratura dell’avversario) per capire da dove riannodare il filo spezzatosi clamorosamente nel mese di settembre quando la Nazionale campione d’Europa ha iniziato a mostrare i primi segnali di regressione. Alla fine, però, il match contro l’Argentina è diventato una specie di passerella per gli ex eroi dell’Europeo, che attraverso una prestazione praticamente inesistente hanno salutato nella maniera peggiore possibile i tifosi italiani. Prestazione di così basso livello che per un attimo ha rimesso in discussione anche Mancini apparso sfiduciato e forse pentito di essere rimasto alla guida di una nave ormai inabissata in acque troppo profonde per tentare una risalita.

Viste le premesse la Nations League rischiava di trasformarsi nel colpo finale per il gruppo Azzurro (considerando anche le difficoltà del girone) che invece, con sorpresa, risorge dalle proprie ceneri attraverso l’operazione ringiovanimento che colpisce in primis il suo condottiero, apparso voglioso e convintissimo del rilancio della Nazionale.
Un’operazione, quella messa in atto da Mancini, che ricorda l’inizio del suo ciclo quando convocava in Azzurro giocatori con zero presenze in Serie A (come Zaniolo) e giovani ancora inespressi (come Raspadori) con la differenza che questa volta si spinge fino alla Serie B convocando giovani prospetti che ancora non hanno ottenuto una presenza nella massima serie (il già citato Zaniolo comunque giocava nella Roma e debuttò in maglia Azzurra solo dopo la prima stagione in giallorosso).
Come detto, la Nations League riaccende le speranze della Nazionale grazie ai pareggi ottenuti contro Germania e Inghilterra (e che vanno anche stretti per quanto prodotto) intervallati dalla vittoria contro l’Ungheria facile sulla carta ma che acquisisce ulteriore valore considerando i risultati ottenuti dai magiari negli altri incontri (ungheresi primi dopo le prime quattro partite con tanto di sonora vittoria in Inghilterra per 4-0). Poi proprio sul più bello è arrivata la sonora sconfitta in terra tedesca (5-2) che sé da una parte serve per mantenere i piedi ben ancorati alla terra (non basta qualche risultato positivo per dire che la Nazionale è guarita dai suoi problemi) dall’altra rischia di far ripiombare la Nazionale in uno stato di depressione dal quale potrebbe essere difficile uscire in tempi brevi.

Per evitare che la netta sconfitta con i tedeschi lasci segni profondi, sarà importante concentrarsi per il futuro sulle buone notizie ottenute nelle partite precedenti, senza però dimenticare alcuni problemi emersi sui quali sarà importante lavorare per evitare di ripeterli in futuro come la fase difensiva (4 gol su 5 arrivano da errori o di posizionamento o di idee in fase di possesso mal eseguite) e l’ormai annoso problema del gol (nonostante Mancini le abbia provate tutte tra giocatori e schemi offensivi senza trovare un risultato positivo al quale dare continuità).
Come detto, bisogna concentrarsi sulle risposte positive ottenute a partire dal cambio tattico imposto dal mister che pur mantenendo il modulo (non ci si schioda dal 4-3-3 nonostante un leggero tentativo di provare la difesa a tre) ha cambiato modo di attaccare mettendo da parte il palleggio e puntando sulla verticalità ottenuta spesso da triangolazioni veloci sulle zone laterali del campo.
Anche il ruolo delle mezzali potrebbe diventare diverso visto che nelle ultime partite Mancini ha cercato di risolvere il già citato problema del gol proprio con l’inserimento in area continuo dei centrocampisti.
A livello dei singoli arrivano segnali più che positivi da Pellegrini (che ha saltato l’Europeo per via di un infortunio) ennesimo centrocampista di qualità (la Nazionale può puntare su uno dei centrocampi più forti e completi d’Europa) e vero e proprio jolly per Mancini visto che può giocare sia da mezzala che da esterno (naturalmente adattato e interpretando il ruolo con le sue caratteristiche) oltre che da trequartista. Restando in mezzo al campo arrivano segnali confortanti anche da Frattesi (uno dei volti nuovi), centrocampista totale capace di abbinare quantità e qualità, e che ha dimostrato di avere anche una spiccata personalità. Resta però il problema di coesistenza con Barella, visto che entrambi giocano sulla destra (e il giocatore dell’Inter ha dimostrato di soffrire di più sulla sinistra) con Frattesi che potrebbe quindi essere l’alter ego del centrocampista sardo.
Buone impressioni in difesa per Gatti e Scalvini, con il primo che ha sorpreso per il modo quasi vecchio stampo di approcciare al ruolo di centrale difensivo (ma evitiamo paragoni con Chiellini al momento più che affrettati) ed il secondo che ha dimostrato di avere buoni mezzi a disposizione e che quando capirà il suo ruolo (difensore o mediano?) potrà proseguire il suo processo di maturazione nella giusta direzione.
Naturalmente la copertina della nuova Nazionale spetta a Gnonto, che da quasi sconosciuto si è trasformato in pezzo pregiato del prossimo mercato grazie alle sue prestazioni in maglia azzurra. Rapido, scattante, dotato di una buona tecnica e capace di svolgere tutti i ruoli d’attacco, Gnonto potrebbe diventare il volto della rinascita non solo della Nazionale ma anche del movimento azzurro. Attenzione però, perché sia la descrizione tecnico-tattica che i risultati (il più giovane a segnare nella storia della Nazionale) ricordano un po' troppo Kean, giocatore voluto da Mancini e poi escluso alla vigilia dell’Europeo.

Insomma, mai farsi prendere da facili entusiasmi perché sì, bisogna puntare sui giovani (e farli giocare capendo che l’errore è parte della maturazione), ma lanciarli come salvatori della patria per poi lasciarli per strada al primo errore rischia solo di rovinare sul nascere giovani carriere.