La vittoria con l’Armenia ha confermato pregi e difetti della Nazionale di Roberto Mancini. Fra i pregi il primo che gli va riconosciuto è la continuità dei risultati positivi; cinque vittorie su altrettante partite, testa del girone a punteggio pieno e qualificazione ad Euro 2020 ad un passo. Fino a qui, tutto bene.
Poi continuando nei pregi non si può non riconoscere l’ottimo lavoro del CT. che in breve tempo ha saputo ricostruire una Nazionale , già di buona levatura Internazionale, partendo dalle ceneri dell’eliminazione Mondiale subita dalla Svezia.

Mancini ha anche il merito di aver dato alla squadra azzurra una nuova identità di gioco, molto più propositivo ed offensivo delle Nazionali che l’anno preceduta, inaugurando se vogliamo sotto questo aspetto una nuova era per il calcio italiano da sempre ancorato ai dettami del: prima non prenderle. E per realizzare il suo intento il  CT. ha puntato soprattutto sulla tecnica e la qualità individuale. Questa prerogativa gli ha permesso di impostare il gioco della squadra sul palleggio, sul fraseggio continuo soprattutto a centrocampo, sul cosiddetto possesso palla  allo scopo di tenere in mano e di comandare la partita. La strada intrapresa si è rivelata subito giusta e i risultati positivi ne sono una conferma tangibile. La squadra gioca bene, a tratti quando riesce a far viaggiare il pallone in velocità, con uno al massimo due tocchi, il gioco diventa anche spettacolare e  per lo spettatore davanti alla TV  si tratta di divertimento puro.

Contro l’Armenia la squadra, a detta di tutti gli osservatori, ha faticato più del previsto per portare a casa la vittoria;  soprattutto nella prima parte della gara gli azzurri hanno sofferto la grande fisicità dei giocatori Armeni, che in quasi tutte le zone del campo riuscivano a prevalere nei contrasti di gioco. La loro superiorità atletica si è rivelata sul terreno di gioco il vero avversario dell’Italia; e le conseguenze sono state pagate molto  sul piano fisico per le tante botte subite, ma soprattutto sul piano psicologico con un nervosismo che ha cominciato a serpeggiare fra gli azzurri sin dalle prime fasi della gara, e che ha raggiunto il suo apice con l’ammonizione di Verratti, che sarà costretto a saltare il match con la Finlandia di Domenica prossima.

Per carità Verratti non è nuovo ai cartellini gialli, nel senso che anche nel campionato francese incorre di frequente nelle ammonizioni, e forse questo rappresenta in un certo senso anche un suo limite. Ma nella partita con l’Armenia a parte l’ammonizione che è arrivata per reazione all’ennesimo fallo subito da Karapetyan  e soci,  quello che ha colpito di più è stata la difficoltà nei contrasti a livello puramente atletico;  una difficoltà che è stata evidenziata da tutto il centrocampo azzurro e non solo. E non è la prima volta che succede; già in precedenza  la squadra aveva mostrato una certa mancanza  di potenza atletica e  soprattutto un deficit in fatto di centimetri in molti suoi componenti. Basti pensare che ben sei degli undici titolari non arrivano al metro e ottanta, e Barella che probabilmente va considerato come il primo cambio di Mancini è alto 1,72.

Certamente il maggior difetto o limite della squadra è rappresentato nell’insieme dalla mancanza di potenza atletica e di centimetri. Fino ad ora questo limite strutturale della formazione non è emerso completamente; ma quando il livello delle partite crescerà di importanza e di valore, vale a dire quando si dovranno affrontare le squadre  più forti sicuramente uscirà in superficie con maggiore evidenza.

Certo il pugilato ci insegna che con la tecnica si può battere la potenza; ma la mancanza di centimetri non te la regala nessuno. Per cui la Nazionale azzurra se vuole arrivare  a primeggiare, vale a dire a cercare di vincere Euro 2020, si dovrà presentare all’appuntamento al massimo della condizione psico-fisica e sperare che sia sufficiente.