È un lunedì amarissimo per il popolo nerazzurro, segnato nell’orgoglio dall’ennesimo schiaffo ricevuto nell’arco di poche settimane, con l’eliminazione dalla Coppa Italia che sembra divenire niente in confronto alla cocente sconfitta intervenuta nel proprio stadio per mano di un Bologna con poche pretese riguardo al proprio futuro.
Poche sono le parole che riesco ad allineare per raccontare questo match, deciso dal beffardo colpo di testa del centravanti paraguayano Federico Santander, che su azione d’angolo è riuscito ad anticipare un distratto Stefan De Vrij, colpevole di essersi dimenticato di marcare l’avversario: traiettoria strana quella del pallone, che ha sorpreso un Handanovic rimasto immobile, come se non volesse credere al vantaggio creato dagli ospiti.

L’espressione sbigottita del portierone nerazzurro è la stessa di ogni tifoso presente allo stadio, a rappresentare l’incredulità di fronte a quello che a dire la verità, sarebbe stato soltanto l’inizio di un vero e proprio incubo: infatti l’Inter non riesce a reagire di fronte allo svantaggio, quasi si eclissa su se stessa, senza trasmettere al di fuori quella voglia necessaria per ribaltare il risultato negativo, il quale non fa altro che spingere progressivamente il cronometro verso la fine di ogni speranza.

Al triplice fischio del direttore di gara sul terreno di gioco si possono ammirare due realtà che raccontano stati d’animo totalmente opposti: l’estasi della formazione ospite che non vinceva in trasferta da più di un anno si contrappone alla disperazione dei padroni di casa, colpiti e affondati dai fischi dello stadio Giuseppe Meazza, al rientro in gran completo dopo la squalifica intervenuta a dicembre.

Potrei stilare una lista infinita di elementi negativi i quali hanno caratterizzato questa partita, che probabilmente per come è maturata verrà ricordata come una delle più pesanti umiliazioni degli ultimi decenni, ma quest’oggi preferisco approfondire un altro tema, forse l’unica nota positiva del naufragio capitanato da Luciano Spalletti: Andrea Ranocchia.
Se per l’Inter non c’è scampo di fronte alla tempesta di critiche che colpiscono la squadra e l’allenatore, per il trentenne di Assisi si apre l’unica porta verso la zattera che conduce alla salvezza, nonostante sia entrato a partita in corso e con un compito ben lontano dal suo ruolo di difensore: Andrea ha manifestato attraverso l’impegno e la determinazione, quella voglia che invece è mancata nei suoi compagni, egli è stato l’unico a lottare su ogni pallone, indipendentemente dalla tecnica che non lo ha mai contraddistinto, cercando con il cuore di mettere dentro quel maledetto pallone, che per poco non finiva alle spalle del portiere, in seguito ad una girata volante col mancino, messa in calcio d’angolo da un riflesso di Skorupski.
È stato l’ultimo ad arrendersi in una serata complicata come poche, manifestando un commovente attaccamento alla maglia, alla stessa Inter nella quale è stato fischiato e insultato da tutti, considerato dai molti come uno dei più scarsi difensori della storia, considerato dai più come un danno per la società, come un’offesa alla grandezza di questo club: oggi invece mi sento di raccontare una storia completamente diversa, perché questo ragazzo merita rispetto, a partire dai tifosi, passando per lo spogliatoio e per finire anche da parte della società, poiché non sarà sicuramente un campione, ma quando scende in campo dona anima e corpo come se non vi fosse un domani oltre il triplice fischio.

Da parte del popolo nerazzurro, avendo seguito le disavventure dell’Inter dal triplete in avanti, vorrei porgere le mie scuse a questo ammirevole uomo, che trova nell’umiltà il suo cavallo di battaglia: meriteresti le scuse da parte dell’Italia intera caro Andrea, tu che sei riuscito a rialzarti dove in molti sarebbero rimasti a piangersi addosso, tu che sei davvero riconoscente alla maglia nerazzurra, quest’oggi sei anche l’unico a meritare di indossarla.

Nella speranza di ritrovare presto un’Inter dal volto cattivo, gli applausi sono soltanto per te Andrea, affinché tu possa diventare in tal modo un esempio per tutti coloro che indossano questa storica maglia, all’insegna dell’umiltà e del rispetto nei confronti dei nostri colori.