Plusvalenze e proventi derivanti dalla partecipazione alla Champions League. Sono le due voci che oggi consentono al Napoli di mantenere un bilancio societario in attivo, come De Laurentiis comanda. Basta che uno dei due elementi venga meno o che sia inferiore nei numeri per passare dal verde al rosso. Come è successo per l’ultimo bilancio - quello del 2018 - che ha fatto segnare un meno 6,3 milioni, causato principalmente da un minore incasso dei diritti TV Uefa (essendo stati eliminati ai gironi di Champions) e da minori plusvalenze. Per cui, mentre nel 2017 fu raggiunto un fatturato record di 308 milioni, l’anno successivo il Napoli ha fatturato “solo” 215 milioni. A ciò va aggiunto un aumento dei costi dettato soprattutto dai ritocchi di ingaggio ai big della rosa, su tutti Insigne e Mertens.

Nel tempo, la capacità di scovare giocatori che in azzurro sono diventati campioni (come gli ex Lavezzi, Hamsik, Cavani, Jorginho o gli attuali Koulibaly, Allan e così via), di affidarsi a tecnici capaci di compiere un gran lavoro (Mazzarri e Sarri), unitamente alla lunga assenza di Inter e Milan, ha consentito al club di De Laurentiis di consolidarsi ai vertici del calcio italiano, di avere una continuità di presenze in Europa e anche di sfidare la Juventus un paio di volte nella lotta scudetto. Se da un lato si è verificata una crescita dei risultati sportivi, dall’altro c’è stato un aumento dei costi della rosa, mantenuta il più possibile intatta per dare continuità a questi risultati. Va dato atto al patron azzurro di non essere uno di quei presidenti dalla cessione facile di un suo giocatore: ciò accade spesso solo di fronte a una di quelle proposte difficili da rifiutare. Ragion per cui ADL, sotto questo aspetto, ci mette tutta la buona volontà per mantenere il suo Napoli sempre competitivo.

Del resto conviene anche a lui: una squadra capace di rimanere ai vertici gli consente quantomeno quell’accesso in Champions importante per le casse societarie. A quale imprenditore piacerebbe guadagnare meno?

La questione però è sempre la stessa: partito un big non ne arriva un altro, ma arrivano giovani, di talento (buoni quindi per future plusvalenze) che tuttavia sono sempre un punto interrogativo. Prendiamo ad esempio Fabiàn Ruiz e Diawara. Se lo spagnolo fin da subito ha dimostrato di essere un giocatore con la G maiuscola, il guineano nei tre anni in azzurro non ha mai impressionato. Questa politica societaria rende difficoltosa la creazione di una rosa altamente competitiva in maniera tale da colmare il gap con la Juventus, soprattutto perché a Torino ogni anno arrivano giocatori già pronti per vincere che alzano continuamente il livello qualitativo. Per vincere, che si tratti di un torneo lungo 38 partite o di una competizione europea, serve esperienza, maturità e personalità, elementi che spesso sono mancati al Napoli nei momenti topici della sua recente storia e che tante volte mancano a un calciatore giovane.

Però, quella del Napoli è una politica coerente: fin dal suo avvento De Laurentiis ha operato in questo senso ed è chiaro che la scelta di dirigere il club in secondo questa mission dipende fortemente dai limiti di bilancio. Lo ha dichiarato lo stesso presidente qualche giorno fa a Salisburgo, il giorno prima del ritorno degli ottavi di finale di Europa League: “Non faccio debiti per vincere”. Per cui, se si arriva al successo tramite questa politica, bene (un po' come stava per accadere lo scorso anno con Sarri), altrimenti si continua sulla stessa strada. Il tifoso napoletano si metta l’anima in pace.

L’aspetto che deve preoccupare però è un altro: il non riuscire a trovare altri modi per incrementare il fatturato. Il tentativo di espandere il marchio Napoli in Cina finora non ha prodotto risultati, così come la questione stadio. Da anni va avanti il tira e molla con il Comune e un progetto vero e proprio per un nuovo impianto non è mai stato affrontato. Uno stadio nuovo, moderno e funzionale è un investimento che alla lunga può essere in grado di generare nuovi ricavi, a loro volta da rinvestire nel progetto tecnico, rispetto a quello attuale, vecchio, fatiscente e in questa stagione deserto. E mentre ADL continua a litigare con De Magistris, Roma, Inter e Milan vanno avanti con i progetti per realizzare i rispettivi stadi di proprietà. Il che porterà il Napoli a dover fare i conti anche con altre concorrenti che potranno in futuro fare affidamento su altre fonti di ricavo.
La mancanza di uno stadio nuovo e di proprietà genererà un’ulteriore gap con chi invece ne possiede o ne possiederà uno tutto suo.