I partenopei cadono sotto i colpi di una scatenata Fiorentina: al "Franchi" è 3-0. La Juventus, complice la vittoria in rimonta sull'Inter, torna a +4.
Il Napoli dice addio ai sogni di gloria.
Lo Scudetto è pronto a tingersi di bianconero per la settima volta consecutiva - un vero e proprio record in Serie A - con buona pace di una città che cominciava a credere seriamente a quella tanto desiderata possibilità di scucire il tricolore dal petto dei rivali di sempre. Una vera e propria ragione sociale scavalcata dalla voglia di rivalsa di una Juventus corsara a Milano, in un Meazza interista espugnato nel recupero da Gonzalo Higuaìn, famigerato core 'ngrato nelle vesti di un giudice in procinto di scandire accuratamente la sentenza elaborata.

La sentenza sul campionato, arrivata in via probabilmente definitiva all'Artemio Franchi di Firenze, ove una fantasmagorica tripletta del Cholito Simeone stende un Napoli irriconoscibile, stanco ed impalpabile, a tratti quasi snervante.
Gli uomini di Maurizio Sarri si arrendono al cospetto di una Fiorentina in piena lotta per la qualificazione alla prossima Europa League: i primi segnali di giornata no arrivano al 10° minuto di gioco, quando l'espulsione di Koulibaly - l'eroe di Torino - cambia completamente i piani degli azzurri, costretti a rinunciare a Jorginho e al consueto dominio in fase di impostazione; le solite e consolidate manovre offensive piombano nell'oblio, insieme alle numerose certezze che hanno accompagnato il Napoli durante l'arco dell'intera stagione; il gioco latita, la brillantezza di Mertens sembra essere svanita nel nulla da almeno due mesi e la "catena di sinistra" guidata da Insigne sembra essersi inspiegabilmente spezzata.

E' un Napoli sotto pressione, non abituato a giocarsi una posta in palio di tale livello, che esce con le ossa rotte da un confronto a distanza che soli sette giorni fa lo vedeva - calendario alla mano - nettamente favorito. La carica emotiva cittadina non è bastata ad offuscare il grave problema di personalità che affligge questa squadra nei momenti decisivi: quando c'è da saltare oltre l'ostacolo la squadra si blocca, si chiude a riccio, a difesa di un tesoro che già pensa di stringere tra le mani ma che inevitabilmente gli scivola via.

Un problema psicologico, da affiancare allo stato di forma di un team rappresentato dai "soliti 11": il Napoli, questo Napoli dei titolarissimi, è andato comunque oltre ogni rosea aspettativa considerando i nomi in ballo e le lunghe rose degli avversari.
La squadra va applaudita, nonostante quei limiti che potevano essere tranquillamente emarginati in sede di mercato: la scelta societaria di non operare a gennaio ha dato i frutti che nessuno sperava ma che tutti attendevano. Pensare di poter affrontare una stagione composta da quasi 60 partite senza ricambi di prima fascia è utopia mista ad illusione, considerando inoltre la beffa del prematuro abbandono dato a più competizioni. Il baratro del fallimento su tutti i fronti - perchè all'atto pratico di questo si tratta - è dietro l'angolo e non saranno (probabilmente) lo scudetto del bel gioco o svariati record utili esclusivamente a fini statistici a placare gli animi di quei tifosi più critici.

La scaramanzia, che sembra aver stranamente contagiato i rivali supporters bianconeri, resta l'unica freccia a disposizione degli azzurri, ma francamente appaiono alquanto improbabili ulteriori stop casalinghi da parte della Juventus - dato il bassissimo coefficiente di difficoltà delle prossime sfide (Bologna ed Hellas Verona). Resta un'unica verità assoluta: la bellezza (e la pazzia) di una delle stagioni più avvincenti di sempre che il Napoli ha vissuto da co-protagonista.