Barcellona - Juve 0-3. Nell’ultima partita della fase a gironi la squadra bianconera, con già in tasca il pass per gli ottavi di finale conquistato contro il Ferencváros con due turni di anticipo, sbanca il Camp Nou e conquista il primato del proprio girone, mettendosi così nelle migliori condizioni possibili in vista del sorteggio di lunedì. Alla vigilia un simile risultato appariva sì possibile (nel calcio mai dire mai), ma comunque al limite dell’impresa. Infatti, sebbene il Barcellona stia attraversando un periodo di grave crisi a livello societario e di risultati ( nono in Liga a -12 dalla capolista Atletico), si tratta pur sempre di une delle squadre più forti d’Europa che, anche nelle annate meno esaltanti in terra spagnola, in Europa ha sempre raccolto tanto. Inoltre, la partita di andata allo Stadium, vinta nettamente dai catalani per 2-0, raccontava di un divario tattico, tecnico e di personalità ancora troppo grande tra le due squadre. E la formazione bianconera, dal canto suo, veniva da prestazioni decisamente opache, soprattutto in campionato. Premesse queste che difficilmente avrebbero lasciato presagire un tale esito. Tanto più se si pensa che la squadra catalana non perdeva al Camp Nou in Champions League dal maggio 2013.

Tuttavia Andrea Pirlo, detto il Maestro, mai scontato né banale, ha deciso di stupirci a modo suo. Ha scelto proprio la sera dell’8 dicembre, all’indomani dell’annuale concerto di apertura della stagione della Scala, per regalarci fin qui la sua migliore sinfonia da allenatore, grazie ad una performance corale dei suoi di rara intensità e precisione.

Sarà stato il blasone dell’avversario, oppure la prestigiosa cornice - anche senza pubblico, il Camp Nou resta pur sempre un palcoscenico glorioso –  sta di fatto che la squadra si è esibita come meglio non avrebbe potuto. In Barcellona-Juve, l’orchestra bianconera ha suonato un’opera di cui conosceva a memoria lo spartito. Uno spartito provato più e più volte, cambiando gli interpreti e variando gli accordi. Uno spartito finalmente ben equilibrato, nei suoi tempi e nei suoi cambi di ritmo, che è stato interpretato da ogni elemento in modo armonioso e senza stonature. Il risultato? Novanta minuti di gradevolissima musica che ha alternato crescendi a diminuendi, fraseggi avvolgenti a verticalizzazioni improvvise, ritmi veloci a ritmi più compassati.
E, proseguendo nella metafora musicale, ogni famiglia dell’orchestra ha contributo, ciascuna con il proprio timbro e la propria sonorità, ad un’esecuzione di altissimo livello.

Tra i pali e in difesa, gli ottoni hanno suonato la carica.
Di solito gli ottoni si caratterizzano per un’elevata proiezione sonora e in effetti la scorsa sera, complice anche l’assenza di pubblico, si distinguevano nettamente il timbro baritonale di Buffon e gli squilli di tromba di Bonucci. Entrambi hanno guidato la retroguardia bianconera da veri leader: ora dettando i movimenti della linea difensiva, ora esortando i compagni di reparto a difendere con decisione e aggressività, ora telecomandando le chiusure preventive dei centrocampisti. Gli ottoni, inoltre, sono gli strumenti che meglio evocano immagini eroiche e trionfali, ed eroica è stata la prestazione di Gigi Buffon. Il portierone di Massa Carrara all’età di 42 anni ha tenuto la propria porta inviolata per 94 minuti, compiendo 7 salvataggi e due parate in area di rigore, entrambe su Leo Messi. Se la Pulce argentina, pur avendo tirato ben 10 volte, non è mai riuscita a trovare la via del gol, il merito è soprattutto di Gigi Buffon.

A centrocampo, gli archi hanno dettato l’andatura.
E chi meglio degli archi possono rappresentare il ruolo dei centrocampisti? Questi strumenti, infatti, formano l’ossatura dell’orchestra proprio come i centrocampisti costituiscono l’ossatura di una squadra. I violini primi, poi, sono quelli cui solitamente vengono affidate le parti di maggior rilievo e di maggiore difficoltà. Non a caso in epoca barocca, quando la guida degli ensembles era affidata a un membro dell'orchestra, in genere era il primo violino a dirigere. E in Barcellona-Juve, sia Arthur che Ramsey hanno diretto la squadra alla perfezione: hanno dettano i tempi, alzando il ritmo per superare il primo pressing dei blaugrana o tessendo trame di gioco più compassate e avvolgenti per sorprendere la loro difesa. Tuttavia, il ruolo di primo violino è andato alla coppia Cuadrado McKennie che hanno rubato la scena con un assolo fenomenale. Prima la pennellata morbida di destro del colombiano (l’ennesimo assist!) poi la spettacolare mezza rovesciata dell’americano, in un crescendo di tecnica e atletismo, hanno confezionato il 2-0 per la formazione bianconera.

In attacco, le percussioni hanno colorato di estro l’intera sinfonia.
La coppia di percussionisti bianconeri l’altra sera ha tambureggiato per bene la difesa blaugrana. Cristiano Ronaldo ha trafitto Ter Stegen per ben due volte dal dischetto, arrivando a quota 752 gol in carriera, e vincendo nettamente il duello personale con il suo rivale di sempre, Leo Messi. Ma la prestazione del fuoriclasse portoghese è andata ben oltre i due gol. C’è il suo zampino nel secondo gol della Juve quando, attirando su di sé due difensori avversari, ha permesso a McKennie di sforbiciare indisturbato a pochi metri dalla porta. E che il portoghese tenesse particolarmente a ben figurare al Camp Nou, lo dimostrano anche una serie di galoppate all’indietro per andare a chiudere gli avversari nella propria area di rigore. Non ha concesso, invece, il suo consueto assolo Alvaro Morata, secondo percussionista, protagonista comunque di un’ottima prestazione. Lo spagnolo è stato sempre nel vivo del gioco, ha macinato chilometri per tutta la partita, correndo a ritmi forsennati, tenendo alta la squadra, e dialogando bene con i propri compagni.

Vista così, la convincente vittoria contro il Barcellona avrebbe tutte le caratteristiche per essere definita la partita della consacrazione da direttore per Andrea Pirlo e l’undici sceso in campo, dopo i numerosi cambi di formazione di inizio stagione, l’ensemble perfetto. Tuttavia, vanno comunque sottolineate le poche, ma cruciali, stonature cui il Maestro dovrà porre rimedio. La prima e più evidente, il momento di impasse di Paulo Dybala. Oggi il fantasista argentino, pur considerate tutte le attenuanti del caso, è solo l’ombra del giocatore che lo scorso anno ha preso per mano la squadra fino a quando non è stato bloccato sul più bello ( negli ottavi di Champions) da un infortunio muscolare. Il Maestro dovrà trovare il modo, e al più presto, di accordare al meglio il suo Stradivari.

L’enigma Kulusesky. Il suo incoraggiante inizio di stagione e la buona intesa con Ronaldo lo avevano collocato di diritto tra i titolari della formazione di Andrea Pirlo. Ma il talento svedese, cambiato più volte di ruolo, si è perso strada facendo e nelle ultime partite è apparso quasi frastornato. La formazione bianconera non può rinunciare all’esuberanza tecnica e alla duttilità tattica dello svedese, per questo il Maestro dovrà trovare la partitura che meglio si adatta alle caratteristiche del giocatore.

Infine Federico Chiesa. Anche lui orecchio fine, ma da lui la Juve vuole di più. L’ex Viola, pur avendo fatto intravedere sprazzi del suo talento, ha inciso ancora poco, spesso per mancanza di convinzione più che per limiti tecnici. Pirlo dovrà accelerarne la maturazione per far sì che anche il suo timbro, così unico e particolare, sia messo al servizio dell’armonia generale.

Bisognerà quindi avere pazienza e attendere le prossime partite per trovare conferma di quanto di buono la squadra bianconera ha saputo fare al Camp Nou. Fatta questa premessa, Barcellona-Juve è indubbiamente, nell’antologia musicale ancora limitata del Maestro, una delle migliori esecuzioni, quella che più si avvicina all’idea di calcio dell’allenatore bianconero.