Che le rivalità nella vita siano fondamentali per estendere i propri orizzonti e raggiungere il successo, non lo scopriamo certo oggi: sono diversi i personaggi passati alla storia per le proprie qualità nel vincere la propria partita nei confronti del "nemico di turno", sfoggiando abilità strategiche del tutto fuori dal comune.

Dal leggendario Gaio Giulio Cesare, protagonista assoluto nella Roma Antica, passando per Napoleone Bonaparte, celeberrimo stratega vissuto a cavallo tra il secolo XVIII e XIV, si arriva al più recente Winston Churchill, primo ministro britannico autore di uno strabiliante testa a testa con gli invasori nazisti nel momento più cupo della storia stessa: considerati tra gli uomini più influenti mai raccontati dal genere umano, essi sono riusciti a dare testimonianza delle proprie capacità in seguito ai risultati ottenuti, i quali non sarebbero mai stati talmente eclatanti senza la presenza di avversari all’altezza.

Un successo va sempre misurato in base alla sua difficoltà, si tratta probabilmente di una regola non scritta della vita, così invadente ma determinante da penetrare qualunque contesto o ambiente sociale: dalla scuola all’università, dal lavoro alla famiglia, passando per lo sport e qualunque partecipazione fisica o mentale degna di nota: così in pochi si vanterebbero di aver preso un dieci in educazione fisica, con tutto il rispetto verso la materia in questione, mentre chiunque sarebbe fiero di battere il proprio genitore in una partita a scacchi, vedendo tale passaggio un po' come il detto “l’allievo che supera il maestro.”

A tal proposito mi è capitato per le mani un romanzo di un valido gruppo di autori italiani, conosciuti con lo pseudonimo “Wu Ming” (anche a me sembrava uno scrittore cinese e invece no) in cui si dedica una particolare attenzione all’episodio nel quale padre e figlio (protagonista) si sfidano in una lotta mossa dopo mossa sulla scacchiera: in seguito il giovane Malinovskij, meglio conosciuto nell’ex URSS con l’appellativo di Bogdanov, ripensando all’esperienza accumulata nel passato riesce a stravincere sul rivale Lenin (forse lui vi suona più familiare), innescando una sorta di incendio divoratore sul campo nell’inerme nemico.

Non esiste luogo su questa terra in cui due uomini di grande carisma non raggiungano prima o poi lo stadio della competizione, quel momento clou per decidere in modo inequivocabile quale sia la scelta migliore per tutti gli altri: anche nel calcio la sfida non smette mai di aizzare le folle, le quali fremono e dibattono tra loro nella speranza che il rispettivo beniamino abbia la meglio sul contendente.

Per qualcuno potrebbe trattarsi soltanto di puro folklore, qualcun altro si riferisce ai residui di una radice culturale antica, figlia del nostro passato da guerrieri, per altri invece è semplicemente uno dei molteplici sensi della vita stessa, una fiamma che si nutre di ossigeno per divampare e riscaldare gli animi degli eroi: recentemente lo stesso Pep Guardiola ha dichiarato, nel corso della sua presentazione in conferenza stampa, di essere fortemente stimolato dai propri avversari, “più sono forti e più lo costringono a migliorare”, creando un circolo virtuoso da cui entrambe le parti guadagnano continuamente spunti per superare i propri limiti.

Anche José Mourinho, nel corso della sua epopea nerazzurra parlò del cosiddetto “rumore dei nemici”, alludendo allegoricamente a quegli ostinati antagonisti, rappresentati in generale da un sistema spesso contrario alla sua figura anticonformista: essere fuori dagli schemi è praticamente da sempre una sorta di must per l’allenatore portoghese, il quale sia nelle vittorie che nelle sconfitte, non conosce modo migliore per far parlare di sé.

Allievi degli stessi libri di storia sfogliati a scuola nella giovinezza, questi due protagonisti mai banali sembrano incarnare alla perfezione le sembianze dei celeberrimi uomini riportati su quelle pagine ormai ingiallite, capaci di guidare intere generazioni verso un ideale comune: personalità, coraggio e soprattutto sfrontatezza sono i principi fondamentali su cui poggiano le basi del loro singolare modo di approcciarsi alla vita, tanto imprudente quanto coinvolgente, adatto solo a quelle anime pronte ad affrontare un destino che potrebbe rivelarsi talvolta amaro e senza lode, agli antipodi assoluti del successo.

Prendere o lasciare, se decidi di amarli non potrai mai più odiarli, mentre se non li segui probabilmente li detesterai fino alla fine: è questo il destino di un leader, l’affascinante superuomo narrato nelle opere di Nitzsche, spietato più di chiunque altro nella sua assetata ricerca del potere, fondamentale risposta che si traduce calcisticamente nell’unico modo possibile per conquistare l’appellativo di leggenda.

Non ci resta dunque che augurare una lunga vita ai rispettivi nemici, affinché possano assistere in prima fila a quei migliori trionfi, che d’altronde senza la loro assidua collaborazione non potrebbero mai realizzarsi pienamente.