Michel Platini, giunto nel 1982 alla Juventus, diverrà leggenda con la maglia bianconera, vincendo una marea di trofei e conquistando per tre volte consecutive il Pallone d’Oro e la classifica marcatori del nostro campionato. Prima di approdare a Torino, visse un triennio con la casacca dei francesi del Saint-Étienne, e, nonostante fosse già devastante sotto tutti i punti di vista, non riuscì mai a vincere la classifica cannonieri. Uno dei motivi che hanno impedito di iscrivere il suo nome nell’albo d’oro dei re dei bomber del torneo d’Oltralpe ha un nome e cognome ben preciso: Delio Onnis, semplicemente, il più prolifico attaccante della storia del calcio transalpino, che in Italia risulta praticamente sconosciuto, anche tra gli appassionati.

La sua storia è uno dei grandi misteri di questo sport, capace di regalarci delle storie epiche e, contemporaneamente, dimenticarsi di alcuni tra i suoi più grandi talenti. Ed il calciatore in questione, numeri alla mano, rientra ampiamente nell'ultima categoria.
 Una delle più grandi particolarità è che il nostro è anche italiano a tutti gli effetti. Delio, infatti, nasce nel 1948 a Giuliano di Roma, paesino di poche migliaia di anime in provincia di Frosinone. I genitori, originari della Sardegna, seguono le orme di tantissimi nostri concittadini, optando per l’emigrazione in Argentina, ottenendo la doppia cittadinanza. Ed è lì che, appena 15enne, viene ingaggiato dal Club Almagro, una delle innumerevoli squadre di Buenos Aires. Il suo ruolo naturale è centravanti: sgraziato, non dotato di tecnica sopraffina, ma rapido e concreto nel depositare la sfera in rete, con un naturale fiuto per il goal. Da subito segna diverse reti di testa, divenendo il prototipo del goleador di razza.

Dopo tutta la trafila nelle giovanili, il primo grande salto avviene nel 1968, acquistato dal Gimnasia La Plata, che gli pone la maglia numero 9 sulle spalle. I tre anni da titolare lo vedono mettere a referto 64 reti in 113 partite: una media impressionante per l’epoca, che, naturalmente, fa gola in Europa. Purtroppo, nonostante il duplice passaporto, l’acquisto di calciatori stranieri o militanti all’estero cozza con le rigidissime regole del nostro campionato di quegli anni: non sapremo mai se il Cagliari, campione d’Italia nel 1970, avesse o meno avuto interesse per un figlio della propria terra. Resta il rimpianto per non averlo potuto vedere in tandem con Gigi Riva: potenzialmente, sarebbe stata una coppia d’attacco stellare.

La storia, di contro, ha voluto che divenisse un’icona della Ligue 1: nel 1971, il primo club a credere nelle potenzialità del centravanti è lo Stade de Reims, neopromosso la stagione precedente dopo anni difficili. Con il club ottiene due salvezze, ma la sua costanza sottoporta è spaventosa: 39 centri in 69 partite. Un cecchino. Se il resto d’Europa continua ad ignorarlo, un’altra squadra francese lo vuole nelle sue fila. E, per un re del goal, niente di meglio che una squadra del Principato: in un periodo storico movimentatissimo per Montecarlo, nel 1973 le ambizioni del Monaco necessitano di Onnis, un attaccante infallibile in grado di mettere paura alle difese. Al primo anno, il club vive un’annata difficilissima, salvandosi solo grazie alla miglior differenza reti; a livello realizzativo, però, Delio ripagherà la fiducia siglando 26 reti e, inoltre, segnerà anche un goal nella finale di Coppa di Francia, persa per 2-1 contro i campioni del Saint-Étienne: ciò consentirà di partecipare l’anno successivo alla Coppa delle Coppe (avventura brevissima), garantendogli l’esordio in campo internazionale. Nel 1974/75 mette a referto 30 reti, ottenendo il primo titolo nella sua carriera di capocannoniere del campionato.

Lui continua a segnare con regolarità, ma la squadra non gira: così, l’anno dopo, nonostante le 29 marcature, la squadra clamorosamente retrocede in Division 2. Un momento sconfortante: se il mercato fosse stato regolarmente aperto, qualche italiana avrebbe potuto farci un pensierino (magari il rampante Napoli di quegli anni). Ma lui, mettendo insieme le sue anime sarde, laziali ed argentine, non si abbatte e si prende la squadra sulle spalle, divenendo il simbolo di un’autentica impresa sportiva: capocannoniere anche nella seconda divisione, la squadra ritorna immediatamente nella sua dimensione e, in modo sorprendente, da neopromossa vince il titolo, a 15 anni di distanza dall’ultimo. Una vittoria sudata nel testa a testa contro il Nantes, in cui le 29 reti di Delio sono risultate ancora una volta decisive.

Nonostante un monte reti stratosferico e la soddisfazione di aver vinto il campionato, nel pieno della maturità calcistica, l’Argentina non lo tiene in considerazione per il Mondiale casalingo: la presenza di elementi di valore nella rosa della Seleccion è sempre stata fuori discussione, ma si fa fatica a comprendere come un calciatore con mezzi e statistiche simili non sia riuscito a meritarsi anche solo una convocazione in Nazionale. Snobbato dall’Albiceleste e dall’Italia (sempre a causa delle suddette situazioni), lui continuerà a segnare con continuità: nel 1979/80, vince, in coabitazione con il tedesco Kostedde, la classifica marcatori con 21 reti e alza la Coppa di Francia, segnando il 3-1 definitivo nella finale contro l’Orleans. È l’ultimo acuto in biancorosso: dopo sette anni di reti e riconoscimenti, il club decide di fare a meno di lui, considerandolo ormai tagliato fuori anche a causa dell’età.

Ma lui, in barba a tutti, continua a fare la cosa che sa fare meglio: goal. La sua nuova meta è la neopromossa Tours e, come segnalato in apertura, per altre due volte consecutive rivince la classifica marcatori: "Le Roi" può solo stare a guardare. Negli anni in Loira, continua a dimostrare un grande feeling con la Coppa nazionale: guiderà la squadra per due volte consecutive alle semifinali, tuttora miglior risultato mai raggiunto dal club della città patrimonio dell’UNESCO. Nel 1983 intraprende l’ultima avventura della sua carriera da calciatore e, ancora una volta, sceglie una matricola, il Tolone, stupendo tutti nuovamente, nonostante in molti l'avessero già dato per finito avendo ormai 36 anni: alla prima stagione, vince per la quinta volta il titolo di miglior marcatore (insieme a Garande) con 21 reti, centrando la permanenza in massima serie e facendola approdare alle semifinali di Coppa (come per il Tours, miglior risultato di sempre).

L'anno dopo, altre 17 reti portano il suo team quasi in Europa: per un solo punto, il Metz vince la corsa per la zona Coppa UEFA. Stavolta, è davvero l'ultima grande stagione. Ufficialmente concluderà nel 1985/86, chiudendo una carriera da bomber vero, per poi dedicarsi ad una poco prolifica carriera da allenatore e facendo parte dal 2008 dello staff del settore giovanile del Monaco, la sua squadra. In Francia, il calciatore è molto noto per essere il miglior realizzatore della storia del torneo (più di Fontaine o Papin, per intenderci) e per essere un finalizzatore eccezionale, tanto da meritarsi l’appellativo di Monsieur 300 buts, per via del numero di reti messe a segno nel campionato della Tour Eiffel. In realtà, però, il conteggio di reti effettive parla di 299 goal. Non bastava il non essere mai stato conteso da alcuna Nazionale o dai vari top club del periodo: anche la statistica non è dalla sua.

Un calciatore fenomenale ma che ha dovuto scontrarsi con un destino che ha trovato particolare gusto a rendersi beffardo nei suoi confronti in tutto il corso della sua carriera,
la quale gli ha comunque regalato delle soddisfazioni immense e che lo ha reso, numeri alla mano, uno dei più importanti goleador di sempre.