Quello del 2006 è stato un anno particolare per il calcio italiano, affondato con lo scandalo di calciopoli e “ripulito” dalla vittoria di un mondiale impeccabile, con una squadra che sì, era data tra le prime cinque, ma che nessuno avrebbe mai visto come vincitrice con gente come Ballack, Ronaldinho e Henry. Eppure, la squadra di Lippi il miracolo lo fece, anche se quello, possiamo definirlo come il Mondiale del destino e delle coincidenze.

Un pezzo “Grosso”

Possiamo dimenticare compleanni, anniversari e liste della spesa, ma non dimenticheremo mai la voce di Caressa mentre grida il nome del terzino più famoso d’Italia fino al limite delle sue corde vocali. Eppure, Fabio Grosso, all’epoca ventinovenne, lì a tirare quel rigore non doveva neppure esserci, o almeno questo era il piano sulla carta: il suo posto infatti, doveva e sarebbe stato occupato da Paolo Maldini se solo un infortunio non gli avrebbe sbarrato la strada pochi mesi prima delle convocazioni. Quindi se Paolo non si fosse fatto male, e Grosso sarebbe rimasto a casa, chi avrebbe tirato il rigore decisivo? E se lo avesse sbagliato? Non ci teniamo a scoprirlo.

Totti, Totti, Totti.

La storia la scrivono i vincitori, è vero, ma anche i coraggiosi: non stare infatti qui a parlare di quel mondiale se un certo Francesco Totti, al 93° minuto di Italia-Australia non avesse preso la decisione di tirare (sì, ancora una volta si parla degli undici metri) il rigore, prendendosi sulle spalle una delle più pesanti responsabilità della sua carriera. E se per paura lo avesse lasciato a qualcun altro? Lui che quella partita non la inizio nemmeno da titolare, si è ritrovato a segnare uno dei goal più importanti del torneo. D’altronde fu lo stesso Caressa a dirlo: “e se c’è un segno del destino, questo è un segno del destino”.

La testa calda

9 luglio 2006, siamo all’Olympiastadion di Berlino, dove va in scena la finale tra Italia e Francia, che per chi quella partita non l’ha vissuta, potremmo paragonarla alla finale di Libertadores tra Boca e River. Gli italiani odiano i francesi, e loro ricambiano senza pensarci due volte. In campo la tensione si taglia con un grissino, tanto che il primo tempo verrà ricordato come uno dei più fallosi nella storia delle finali dei mondiali. I francesi, a livello di organico erano nettamente più forti, e al 7° minuto passarono in vantaggio con un goal di Zidane, ancora una volta dagli undici metri. Per Cannavaro e compagni le cose si misero male, seguono al vantaggio francese, altri 19° minuti di sofferenza, prima che Materazzi decise di trasformare un corner di Pirlo in oro colato. A guidare il gioco però sarà sempre la Francia, con l’Italia che chiudendosi in difesa riuscì a portare la partita ai supplementari. Come detto prima però, il destino era dalla nostra parte, e infatti al 107°, si verificò l’imprevedibile: Zidane, dopo un battibecco con Materazzi, in un impeto di rabbia decise di sferragli una testata sul petto. Espulsione del francese, e Italia in superiorità numerica. Questo fu l’evento che decise la partita, e come andò a finire lo sappiamo tutti, eppure, cosa sarebbe accaduto se “Zizou” avesse mantenuto la calma?

Effetto farfalla

Il calcio è uno sport fatto di eventi imprevedibili, come un palo o un’espulsione che cambiano la partita, o un infortunio di un giocatore chiave, e il mondiale di cui ho appena finito di parlare ne è stata la prova: non avessimo avuto la fortuna che abbiamo avuto (e che dopo i fatti accaduti con l’arbitro Moreno possiamo considerare come una giustizia divina), ora probabilmente quel titolo sarebbe su altre mani. Ma in fondo il bello di questo sport è anche questo.