Alla Kazan Arena ​dell'omonima città si è tenuto il primo ottavo di finale di questi Mondiali in Russia. Argentina e Francia non hanno deluso le attese, almeno in termini di emozioni e gol. Partite in maniera sorniona e guardinda, le due compagini si sono scrollate di dosso il torpore iniziale grazie alla traversa di Griezmann, preludio al gol del vantaggio francese firmato proprio da ​​​​​Le Petit Diable, su rigore generosamente concesso dall'arbitro iraniano dopo l'atterramento in (fuori) area di un inarrestabile Mbappé. L'Albiceleste sembra in totale balìa dei transalpini, quando ecco che improvvisamente Ángel Di Maria (ne sarà felice il buon Armando) scocca un destro al fulmicotone da quasi 30 metri, che si va ad insaccare sotto l'incrocio dei pali. Esultanza sobria ed elegante del Fideo - che mima ai tifosi il gesto degli attributi - e si va negli spogliatoi in perfetta parità. 

Nei primi minuti della ripresa l'Argentina passa sorprendentemente in vantaggio: palla innocua scodellata in mezzo da Lionel Messi che si trasforma in assist involontario e vincente per il difensore Mercado, pupillo del geniale c.t. Sampaoli. I sudamericani pensano di poter amministrare il vantaggio, non avendo però fatto i conti con un francese inizialmente non preventivato. È infatti l'ottimo terzino Pavard a raccogliere un cross da sinistra del collega Hernandez (piacevole scoperta) e a trafiggere l'incolpevole Armani con una precisa e potente conclusione di collo esterno, che va a terminare la sua corsa sotto al sette. A questo punto entra in scena Kykian Mbappé, che sveste i panni del comprimario per indossare quelli del vero fuoriclasse. Prima sigla il controsorpasso francese con un preciso destro dall'interno dei sedici metri; poi il 4-2, finalizzando un letale e fulmineo contropiede. L'astro nascente (ormai crescente, anzi "fatto e finito") del calcio francese sta dando l'ulteriore conferma in questo Mondiale di essere - se ancora ce ne fosse bisogno - il futuro Pallone d'Oro. L'Argentina tenta un timido forcing offensivo, concretizzatosi con la rete della bandiera del Kun Aguero. Gol ininfluente, che dimostra però come Jorge Sampaoli possa fare di tutto nella vita men che meno l'allenatore di calcio. 

Scelte scriteriate quelle prese dal tecnico argentino, così illogiche da farci dubitare delle sue reali intenzioni e da farci porre un'inquietante domanda: non è che lo fa appòsta? Aguero ha segnato, ma da subentrante (paga forse alcune dichiarazioni anti-Sampaoli?); Higuaín ha giocato col contagocce; Paulo Dybala ha collezionato la bellezza di ZERO (!!!) minuti in campo, vendendo appiedato dai campionissimi Pavón e Meza. Chi parla d'incompatibilità con Messi non ha mai giocato a calcio e forse non sa neppure di che forma sia un pallone. In questo mondo vige una regola fondamentale: i campioni devono giocare sempre e comunque, a prescindere dal ruolo o da astrusi equilibri di spogliatoio. 

Cos’è il Genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione. Così parlò Rambaldo Melandri (Gastone Moschin) nella memorabile scena di Amici Miei Atto I, regia di Mario Monicelli, per commentare l’ardita "zingarata" del Necchi. E la persona di Sampaoli combacia forse con questa definizione? Sapete già la risposta, cari lettori. 

La scelta di posizionare Messi come punto di riferimento offensivo è stata un suicidio tattico. È risaputo che la Pulce prediliga la presenza di un partner offensivo, vista la sua abitudine a venirsi a prendere il pallone indietro, da vero e proprio regista offensivo. Inoltre, Sampaoli ha peggiorato la situazione impostando un centrocampo "molle", con pochi muscoli e senza corsa: i vari Enzo Pérez e Ever Banega venivano infatti continuamente tagliati fuori dalle letali verticalizzazioni francesi. I giornali di tutto il mondo hanno descritto uno spogliatoio albiceleste in subbuglio dopo la débâcle con la Croazia, con i calciatori resisi protagonisti di un ammutinamento che farebbe rabbrividire pure i marinai del Bounty. Qualunque cosa sia realmente accaduta, è chiaro che Sampaoli abbia perso quel poco potere che ancora aveva prima della Croazia, diventando così un vero e proprio fantoccio nelle mani di Messi e Mascherano. 

Insomma, come spesso accade, i problemi extracalcistici si ripercuotono sul campo come un tsunami devastante. E non c'è da stupirsi se l'Argentina sia uscita dal mondiale in questo modo, nonostante la presenza in rosa di uno dei calciatori più forti di sempre.