Cari lettori, questa sarà l'ultima puntata del mio alfabeto dei campioni (il giochino pensato da sportellate.it in collaborazione con Lele Adani). Mentre qualche blogger (contraddistinto dai modi signorili e dai teneri istinti paternalistici) stappa anticipatamente lo spumante riservato al brindisi di capodanno, vi ricordo ancora una volta le immutate regole del gioco: per ogni lettera dell'alfabeto inglese (comprese, per cui, la “j”, la “k”, la “w”, la “x” e la “y”), deve essere indicato il miglior giocatore, rigorosamente in attività, il cui cognome inizi proprio con quella lettera (tuttavia, per i giocatori universalmente noti con uno pseudonimo, varrà l'iniziale di quest'ultimo); nell'elenco non possono figurare Messi e CR7.

 

S”
Quando Monchi vendette Salah al Liverpool non mi spellai le mani. Non ne avallavo la cessione, ma 42 milioni, ai quali se ne potevano aggiungere altri 8 di bonus, sembravano a tutti gli effetti un corrispettivo congruo al valore dell'egiziano, un talentoso giocatore tanto devastante negli spazi aperti, quanto confusionario a difesa schierata. Scrivendone a due stagioni e mezzo di distanza, invece, ammetto che le mani avrei dovuto spellarmele eccome, visto e considerato il terrificante impatto che ha avuto “Momo” in Premier League. Ciò nonostante, nel mio alfabeto decido di inserire al suo posto Raheem Sterling. L'attaccante esterno di origini giamaicane (a proposito, ma questi giamaicani sono tutti dei velocisti?), infatti, è altrettanto abile e devastante in campo aperto, ma possiede una tecnica di base superiore anche a quella del mancino egiziano, il cui piede debole non è mai stato particolarmente educato.

 

T” “U”
Tadić e Umtiti mi perdoneranno, ma nella mia alfabetica rosa, al loro posto, includo due promettenti difensori centrali che hanno ben figurato all'europeo U21. Il primo, Dayot Upamecano, è nato nel 1998, è di nazionalità francese e milita nel Lipsia. Il secondo, Fikayo Tomori, inglese che milita nel Chelsea, si è già guadagnato la fiducia di coach Frankie Lampard, allenatore che lo diresse anche la scorsa stagione al Derby County.

E “T.U.”, lettore, chi avresti scelto?

 

V”
Non avresti scelto Upamecano e Tomori, d'accordo, ma converrai con me se alla voce “V” (quella che poteva essere dei colleghi di reparto Varane e Vertonghen) inserisco un altro difensore centrale: Virgil Van Diijk, l'insuperabile gigante olandese del Liverpool campione d'Europa. Virgil, lo so che mi leggi. Presta attenzione, più della mia convocazione in questa rosa alfabetica, ti meritavi l'assegnazione del pallone d'oro (un secondo posto che grida davvero “V” per vendetta), ma ti avverto, non ho dimenticato quella spinta su Dzeko che propiziò il momentaneo pareggio di Wijnaldum (amici romanisti ci siamo capiti). Perdono, ma non dimentico, io.

 

W”
Ciao a tutti, belli e brutti, la “W” di Weah mi pone seriamente in difficoltà, ma non sarà la mia Waterloo. Willian, il belga Witsel o l'olandese Wijnaldum? Scelgo il brasiliano, il numero dieci del Chelsea contraddistinto dalla capigliatura afro e dai piedi veloci. Molto più veloci di quelli del compassato regista del Borussia Dortmund.

 

X”
Di fronte alla penuria di calciatori professionisti il cui cognome inizia per “X”, capisco perché sia questa la lettera usata in matematica per indicare le incognite. Adani, per ovviare all'inconveniente e completare così il suo alfabeto, ha richiamato in servizio un calciatore ritiratosi due stagioni fa. Si tratta di Xavi, centrocampista da tiki taka, calciatore da sempre ai vertici delle speciali classifiche concernenti la “visual exploratory frequency” (V.E.F.), quella frequenza con la quale un giocatore di calcio, prima di ricevere la palla da un compagno, volge intenzionalmente lo sguardo in una direzione diversa da quella del pallone, al fine di acquisire rilevanti informazioni. Dati utili, una volta entrato in possesso della sfera, ad eseguire al meglio una successiva azione di gioco. Tuttavia, questo non è uno studio del professor Geir Jordet sull'importanza della V.E.F. nella performance sportiva, il mio nome utente non è Xander Cage e di fronte alle regole non è mio costume fare l'indiano, neanche d'America. Ecco perchè, a differenza di Lele, non vi chiedo concessioni. Del resto, un nome da accoppiare alla “X” io ce l'ho. Per quanto mi riguarda, infatti, mister “X” è lo svizzero Granit Xhaka.

 

Y”
“Più si va avanti più il gioco si fa duro”, mai si potrebbe trovare frase più azzeccata per descrivere la situazione che mi si presenta di fronte alla lettera “Y”. È anche vero, però, che quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare (e io non mi arrendo mai). Spremendo le meningi, scavando nella mia memoria, saltano fuori i nomi di tre giocatori, non dei campioni, ma pur sempre validi comprimari: Young, Yedlin e Younes. Di questi tre, per il mio alfabeto scelgo il tedesco dei partenopei. Perché? Perchè quando raggiunse l'accordo col Napoli credevo sinceramente che gli azzurri avessero messo a segno un gran colpo di mercato e, anche se i fatti mi hanno smentito, un piccolo barlume di speranza mi è rimasto.

 

Nel segno della Zeta.
Ogni gioco è bello quando dura poco, ed ogni bel gioco, come questo alfabeto dei campioni, è destinato a finire. Chiudiamo in bellezza con un triello degno del miglior Sergio Leone: Ziyech, Zieliǹski o Zapata? Il mancino centrocampista offensivo dell'Ajax, un paio di stagioni fa vicinissimo a vestire i colori giallorossi (Monchi, per quale assurdo motivo hai virato prima su Malcolm e poi su Schick? Te possino...!), l'interno di centrocampo “box to box” polacco, oppure il massiccio attaccante colombiano? Dei tre, Zapata è dotato della canna da fuoco più potente, un destro forte e preciso. Direi che la “Zeta” è sua.
D'altronde, quando un uomo con il fucile incontra un uomo con la pistola, l'uomo con la pistola è un uomo morto, lo sapete no?!