Max: «Cosa hai fatto per tutti questi anni? »
Novecento: «Ho suonato»
(da “La leggenda del Pianista sull’Oceano”)

A questa stessa domanda, Miralem Pjanic, detto il Pianista, risponderebbe al pari del Novecento di “La leggenda del Pianista sull’Oceano”
In un’intervista rilasciata nel febbraio del 2018, alla vigilia della partita di Champions League contro il Tottenham, il centrocampista bosniaco spiega l’origine di questo soprannome: "Penso di essere chiamato il pianista per il modo in cui gioco, mi piace come nome. Non segno tantissimi gol, ma quelli che segno sono per fortuna spesso belli. Penso comunque che quel nome derivi dal modo in cui tocco la palla, dal modo in cui tocco il pallone e lo passo ai miei compagni.

Miralem Pjanic non è certo un centrocampista da area di rigore, ma i suoi gol non sono mai banali, rivolgersi a Berisha per maggiori dettagli. In Juventus-Spal dello scorso 28 settembre, il portiere della squadra estense nulla può sul tiro di Pjanic che con un destro al volo, misto di coordinazione tecnica e potenza, indirizza la palla proprio lì, nell’angolino sotto la traversa.
Tuttavia il suo spartito migliore Pjanic lo suona in mezzo al campo. E’ lì che il suo calcio si trasforma in musica. Sguardo alto, tocchi semplici, passo elegante, Mire sfiora il pallone come un pianista sfiora i tasti di un pianoforte, imprimendo ora un ritmo cadenzato, ora incalzante. E lo fa con una naturalezza incredibile, frutto del talento puro e del lavoro costante.

Un pianista in tournée da trent’anni. Nasce in Bosnia, Miralem Pjanic, il paese di cui sceglie di rappresentare i colori, ma nel quale praticamente non ha mai vissuto. Sì perché lascia la Bosnia da piccolo quando il padre, allora giocatore di terza divisione jugoslava, decide di rinunciare al suo sogno per sfuggire alla morsa della guerra fratricida che di lì a poco avrebbe insanguinato i Balcani. Si trasferisce con la famiglia in Lussemburgo ed è lì che il piccolo Miralem comincia a scoprire la passione per il calcio, quando accompagna il padre agli allenamenti serali della squadra della cittadina che li aveva accolti, l’FC Schifflange. Nelle giovanili di quella stessa squadra, Miralem muove i primi passi nel mondo del calcio. Ma è negli stadi di Francia che sboccia il suo talento: prima a Metz, dove esordisce in prima squadra all’età di 17 anni, e poi a Lione, la musica del Pianista riesce ad incantare l’esigente pubblico francese, che lo vorrebbe addirittura vedere con la maglia dei Bleus. Nel 2011, quando il Pianista bosniaco sembra ormai maturo per approdare in uno degli stadi più prestigiosi d’Europa, arriva la scelta, un po’ a sorpresa, di trasferirsi a Roma. Molti considerano i 5 anni nella squadra capitolina una battuta d’arresto nella carriera di Pjanic. Era infatti evidente che la Roma di quegli anni non gli avrebbe dato la gloria e i titoli che il suo talento meritavano. Tuttavia l’essersi esibito all’Olimpico, al fianco di un maestro del calibro di Francesco Totti, sarà un fattore nel suo percorso di crescita.
Dal 2016 il Pianista suona all’ombra della Mole Antonelliana, dove comincia a collezionare quei titoli che fino ad allora erano mancati alla sua bacheca. E oggi sembra aver trovato in Sarri il direttore d’orchestra che meglio fa vibrare le corde del suo gioco. “Io vorrei vedere Pjanic giocare 150 palloni a partita, poi però bisogna organizzare tutta la squadra perché ciò avvenga”- queste le parole dell’allenatore toscano ad inizio stagione.
Nonostante l’ottimo feeling con la squadra e lo staff tecnico, tuttavia, sono in molti ad ipotizzare per il Pianista un nuovo trasferimento a fine stagione, con una Juventus che sarebbe pronta a sacrificare il centrocampista bosniaco per arrivare a Paul Pogba. Ma siamo solo ad aprile e la stagione, per motivi purtroppo non legati al calcio, sembra ancora lontana dal suo epilogo.
Nel frattempo, anche se con qualche giorno di ritardo, auguriamo un buon trentesimo compleanno a Miralem Pjanic: al bimbo scampato alla guerra, al ragazzo cresciuto in uno dei più piccoli stati europei, al figlio d’Europa che parla sei lingue. Ma soprattutto al Pianista del pallone che, a proposito dei dubbi sul suo futuro, dribblerebbe così: “La mia musica non andrà mai dove non ci sono io” (da “La Leggenda del Pianista sull’Oceano”).