Helenio Herrera stette due anni senza portare a casa un trofeo prima di cominciare la storia della grande Inter degli anni ’60.
Sir Alex Ferguson vinse al quarto anno alla guida del Manchester United, di cui divenne icona.
Immaginiamo adesso se due mostri sacri del genere avessero allenato in Italia (ma non solo, ormai) e per le stesse stagioni non avessero vinto nulla. Sarebbero saltati dopo una o al massimo alla seconda stagione.
Herrera e Ferguson esonerati. Fa strano anche solo pensarlo.
Ecco perché, cascasse il mondo, Spalletti e Gattuso devono restare ben saldi sulle loro panchine.
Il mister di Certaldo ha dei limiti, non c’è dubbio: la testardaggine sul modulo, i cambi ritardati, scelte a volte immotivate sul non utilizzare alcuni calciatori (Lautaro nel girone d’andata ne sa qualcosa) o, viceversa, mantenerli perennemente in campo anche in condizioni oscene (vero, Perisic?).
Il tecnico calabrese paga l’inesperienza. Quello che però occorre sottolineare è che non esiste possibilità di crescita senza la continuità.
Bisogna dare certezze ad ambienti depressi, passati da Atene e Madrid al decennio peggiore della propria ultracentenaria storia. Spalletti dai tempi di Mourinho è forse l’unico allenatore che si è intriso di interismo, che per quanto abbia potuto commettere degli errori sembra essersi cucito sulla pelle colori e storia. Ha voglia di vincere, sempre. Lo vedi quando si perde guardando il vuoto, quando sbrocca per un rigore “di petto”, quando corre per una qualificazione all’ultima giornata in Champions League, quando esulta per un derby vinto con carattere.
Gattuso è un innamorato del calcio e del rossonero, uno che non ha mezze misure, che non molla di un centimetro la partita. Anche lui ha voglia di vincere, sempre. Lo vedi dagli occhi sempre carichi di tensione, dalla rabbia genuina che cerca di trasmettere ai suoi calciatori, alla voglia di arrivare in fondo. Come ha fatto da calciatore.
Ecco perché una città intera, a pochi giorni dal derby ormai concluso, deve essere convinta di essersi affidata a due comandanti orgogliosi, tenaci, che hanno bisogno di tempo e calore per poter portare i risultati che si attendono, ormai, da troppo tempo.
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