I cambiamenti sono una delle cose che spaventano. Sai la strada che lasci, ma non sai la strada che trovi.  Guardare avanti, verso l'infinito e oltre, ormai una frase che tutti conoscono tratta dal film d'animazione della Disney Toy Story, una storia di giocattoli parlanti e viventi che ha come protagonista lo sceriffo Woody e l'astronauta Buzz Lightear, padrone di questa citazione.

Nella stragrande maggioranza dei tifosi rossoneri, non si vedeva l'ora che Silvio Berlusconi e la Fininvest cedessero il Milan. Quando poi è accaduto e le cose sono iniziate ad andare male con una nuova proprietà, anziché guardare avanti e cercare nuovi cambiamenti e mutazioni che potessero migliorare il tutto, il tifoso rossonero, molti di essi perlomeno, invocava di fare il passo indietro e di ritornare al punto di partenza. Come ad essersi pentiti di aver abbracciato il cambiamento. Questo avviene perchè si sapeva di che morte morire, perchè si conosceva la proprietà e quel Milan.

Ma vi ricordate gli ultimi anni di Silvio Berlusconi e Adriano Galliani alla guida del Milan? Tralasciando la fase imperiale Berlusconiana che nessuno cancellerà e che resterà nella storia del Milan e che è semplicemente straordinaria, gli ultimi 5 anni di proprietà Fininvest sono stati veramente mediocri, e in questa mediocrità, miracolosamente, dal dopo Max Allegri in poi, si è riusciti anche a vincere una supercoppa italiana con Montella in panchina. E' stato l'ultimo trofeo di Silvio Berlusconi patron dell'Ac Milan.

Alla luce di tutto ciò, è meglio guardare avanti anche se è tutto nuovo e da scoprire o restare imbalsamati, per colpa della paura del cambiamento, in una mediocrità conosciuta? Non è meglio cercare nuove strade nel cambiamento, percorrere nuovi sentieri fino a quando non si trova la quadra che possa far uscire il Milan da questa bolla di mediocrità?  Il più grande spreco nel mondo é la paura tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare è una frase di Ben Herbster, che invita proprio ad abbracciare il cambiamento.

Personalmente ammetto che non mi sento molto tranquillo con tutti questi cambiamenti che stanno avvenendo al Milan negli ultimi anni, tra cambi di proprietà, cambi di dirigenti, stravolgimenti di rose e cambi di allenatore e di filosofie, tuttavia se penso agli ultimi anni in cui il Milan era di proprietà di Berlusconi, penso che è la strada giusta da seguire. Con Berlusconi si sarebbe rimasti nella mediocrità in maniera perenne, con i cambi di proprietà è certo che prima o poi, il Milan salirà la china e tornerà ad essere un top club che lotta per vincere i trofei più importanti avendo una base solida composta anche dallo stadio di proprietà. Se non sarà con il fondo Elliott, é molto probabile che il Milan tornerà grande con il nuovo cambio di proprietà.

Cambiamenti, cambio, queste parole sono molto ricorrenti nella storia recente del Milan, e stanno a significare che c'è un mutamento in corso, continuo, che ancora non ha nulla di definitivo e realizzato. Tutto è in divenire e tutto è in costruzione.

Fare un nuovo passo, dire una nuova parola, é ciò che la gente teme di più diceva Fedor Dostoevskij. Nel caso del Milan, per lasciarsi alle spalle gli ultimi anni Berlusconiani, è un qualcosa che obbligatoriamente andava fatto, con tutti i rischi del caso e le paure conseguenti.

Ralf Rangnick rappresenta l'emblema del cambiamento rossonero degli ultimi anni. Così come è emblematico l'addio di bandiere rossonere dal management del diavolo come Boban e Maldini. Ciò che veniva percepito come certezza non c'è più. Ci sono solo sconosciuti da conoscere.

Ralf Rangnick è un classe 1958. In Italia raggiunta una certà età, a 65 anni, in panchina ci si può andare come direttore tecnico, affiancato da un allenatore provvisto di patentino. Rangnick è un manager all'inglese, è anche direttore sportivo, e in genere quando inizia un progetto, non sta a lungo sulla panchina, ma tende a scegliere un allenatore che porti avanti il suo progetto, con lui e il suo staff che si occupano di fare solo calciomercato.

E' molto probabile che se il progetto Rangnick dovesse partite con il piede giusto, sulla panchina del Milan possa arrivare a sedere un fedelissimo e pupillo del manager tedesco, ovvero Julian Nagelsmann.

E' un profilo da scoprire. Ha abbandonato la carriera calcistica da calciatore per via di molti infortuni al ginocchio a soli 21 anni. Tedesco, classe 1987, ha iniziato la carriera da allenatore a soli 25 anni dopo aver frequentato per due anni la facoltà di economia all'università per poi fare un corso di scienze motorie. Ha iniziato come allenatore al fianco di Thomas Tuchel come suo vice nell' Augusta, club con il quale ha giocato nelle giovanili prima di passare, sempre alle giovanili, nel Monaco 1860, per poi ritirarsi dal calcio giocato per via dei suoi infortuni.

Dopo una esperienza come vice nell'Hoffenheim,ha guidato da coach in prima l'under 19 della squadra tedesca conquistando il titolo di categoria nel 2014 per poi, l'11 febbraio del 2016 essere promosso come tecnico della prima squadra dell' Hoffenheim, subentrando a Huub Stevens, dimissionario. Contratto triennale per lui che a 28 anni diventa l'allenatore più giovane della storia della Bundesliga. Riesce ad ottenere una miracolosa salvezza. L'anno successivo porta l'Hoffenheim al quarto posto con storica qualificazione ai preliminari di Champions League e nel 2017/2018 conduce l'Hoffenheim al terzo posto in Bundesliga. Primo terzo posto nella storia dell'Hoffenheim. Fu soprannominato Mini Mourinho da Tim Wiese. Nel 2019/2020 viene scelto da Ralf Rangnick per allenare il Lipsia.

E' un coach che si adatta agli uomini a disposizione. Ha usato la difesa a quattro e quella a tre e ha impostato le sue squadre all' Hoffenheim con il 4/1/4/1 o con il 4/3/3, salvo poi passare al 3/5/2, ma anche al 3/4/2/1 e 3/4/1/2. La difesa a tre permetteva di avere maggiore possibilità di passaggio partendo da dietro. Gli esterni di centrocampo avevano compiti soprattutto offensivi e venivano mantenuti larghi con lo scopo di allargare le difese avversarie. A centrocampo, nella zona centrale, c'era un regista basso e due mezz'ali quando il centrocampo era a tre. Le mezze ali avevano il compito di aggredire sempre lo spazio tra il terzino e il difensore centrale avversario. Il trio d'attacco era composto da una punta molto mobile, che svaria con due attaccanti dietro a supporto.

Anche nel Lipsia ha usato sia la difesa a tre che a quattro, a dimostrazione della sua elasticità per quello che riguarda i moduli. Questo è sicuramente un grosso pregio. Si ispira sia a Tuchel che a Guardiola.

I suoi dettami tattici sono: 

  • Gioco di posizione
  • Costruire l'azione da dietro
  • Intercambiabilità di ruoli e moduli. E' molto elastico in questo
  • Pressing alto e marcature preventive. Identico a Rangnick in questo
  • Gioco in vertical con anche lanci lunghi. Anche qui, identito a Rangnick
  • Pressing forsennato e contropiedi veloci, come Rangnick
  • Squadra corta e compatta e sempre aggressivi contro i portatori di palla avversaria
  • Punta centrale mobile
  • Il portiere è il primo costruttore di gioco, quindi anche abile con i piedi.
  • Il difensore centrale deve saper uscire palla al piede
  • Le ali devono essere una tecnica e una esplosiva con corsa e dribbling, peculiarità per entrambe, così come avere un buon piede
  • Centrocampisti tutti aggressivi e box to box

Ha molte similitudini con il modo di fare calcio di Rangnick. Ecco perchè il coach e manager tedesco lo ha portato al Lipsia, ed ecco perchè, se dovesse partire bene la sua storia con il Milan, è probabile che possa scegliere Julian Nagelsmann anche per la panchina del Milan.