Se il Milan potesse parlare. E non intendo dirigenza, allenatore o giocatori. Parlo del Milan in senso stretto, come se fosse un'essenza, un'entità a sé stante. Se solo potesse parlare, che cosa ci racconterebbe? Come vedrebbe l'attuale situazione societaria e, soprattutto, quella di campo? Con ogni probabilità, un simile monologo non lo sentiremo mai. Eppure, se acuiamo i nostri timpani interiori, forse potremmo comunque udire che cosa verrebbe a raccontarci. Mi immagino già la scena. Un vecchio diavolo barbuto, dall'aspetto emaciato, stanco. Le corna sono spuntate, la pelle è scolorita e raggrinzita, mentre l'occhio è spento, rivolto verso il basso, ai ricordi dei grandi fasti, dei bei tempi andati e che stentano a tornare. Un diavolo che ha perso il suo orgoglio, forse anche la speranza. 

"Un tempo facevo paura -
dice con un filo di voce, con fare rassegnato - Oggi sono io ad avere paura degli altri".

Quella che si accinge a raccontare è una storia lunga più di un secolo. Una storia che parte dagli inizi, lunghi e colmi di malinconia, passando dalle prime grande vittorie, le formazioni stellari. Con un sorrisino leggero, ricorda anche quando non vinceva nulla, ma era pur sempre un demone temuto e rispettato.

"Persino io ho conosciuto un mio personale inferno. Tu forse eri troppo giovane anzi, non eri ancora nato se ben guardo nel mio libro nero. Era l'epoca di Farina e del crollo in serie B, l'epoca del totonero che, per quanto ami gli inganni per natura, io stesso osteggiai. Una discesa sofferta, ricolma di vergogna. Eppure, quando vidi quella prima partita da novello cadetto, quando osservai lo stadio pieno nonostante un simile neo nella mia storia, compresi che c'ero ancora. Ero ancora il Diavolo, il Principe delle Tenebre, colui che mette paura a chiunque. Quel giorno compresi che ero caduto solo per potermi rialzare ancora più forte". 

Il vecchio diavolo mi racconta tutto questo cercando di spronare un gelido orgoglio, nascosto da qualche parte dentro di lui. I suoi diventano addirittura lucidi al ricordo di quei tempi, così catastrofici eppur così fieri. Sembra per un istante ritrovare il nerbo di quei momenti, ma è palese che si tratti di un'illusione. Basta infatti un rumore dietro alle sue spalle, forse il telecomando scivolato dal braccio del divano, o forse un semplice scricchiolio, per farlo balzare in aria, ferito da ansie costanti com'è. Accortosi di come lo sto osservando, di come i miei occhi siano così compassionevoli nei suoi confronti, cerca di riassettarsi e di tornare a darsi un tono. Com'è dura però, e io lo noto subito. Schiarendosi la voce profonda, anzi gutturale, continua. 

"Venne poi il tempo del nanetto - dice senza usare toni di scherno, ma anzi c'è quasi affetto nel suo timbro -. A vederlo, la prima volta non gli avrei dato cinque lire. Continuava a sorridere, mostrando una dentatura luminosa, quasi fastidiosa. Per quanto avessi cercato di farlo desistere, lui continuava a insistere sulla sua linea. Con quella sua vocina secca continuava a ripetermi Mi consenta signor Belzebù, ma io ho i numeri per rimettere insieme la baracca. Non vorrà mica veder fallito il suo più grande progetto, no? Ecco, se veramente vuole tornare grande, io sono l'unico che può farcela! Alla fine sposai la sua linea, ovviamente non senza fargli firmare un contrattino a garanzia. Nulla di che tu non abbia già letto da qualche altre parte. In principio pensai che me ne sarei pentito presto. Con quel suo fido collaboratore, quello che assomiglia a Zio Fester degli Addams, lì... e poi l'altro. Uno che non aveva mai giocato a calcio, che allenava tra i dilettanti. C'è mancato poco che non li incenerissi tutti e tre..."

E poi? Gli chiedo io, vedendo che il ricordo gli impedisce quasi di proseguire. 

"E poi l'incredibile. Pensavo che non ci fosse nulla che potesse sorprendermi. Diamine, io esisto da sempre. Da Sodoma a oggi ne ho viste di cose. Ma gli anni '90 del secolo passato forse le battono tutte. Non c'ero che io. Dove gli altri vincevano, io stravincevo. Dove c'era chi alzava un trofeo, io ne alzavo almeno due. Tutti sapevano chi ero. Tutti mi conoscevano. Tutti mi temevano e scappavano. Sacchi, Capello, Ancelotti... nemmeno tra le mie schiere infernali ho luogotenenti di simile caratura. Ed è proprio questo che mi fa stare male".

La tristezza lascia il posto a una rabbia spenta. Prima di proseguire, il vecchio diavolo si prende una sigaretta e se l'accende, dando lunghe aspirate. Vedendo che lo sto osservando, mi dice di non preoccuparmi. Lui non ha paura di beccarsi il cancro. Tornato a sedersi, continua. 

"Se solo potessi vedere con che occhi mi stai guardando. Epoche addietro, chi solo osava guardarmi rischiava di crepare dal terrore, come ti ho detto. Adesso invece faccio solo pena; adesso sono io ad aver paura di tutto. Mi guardi per quello che sono: un derelitto, un vecchio diavolo malato e stanco che si è stancato di attendere. Ma quando diamine finirà sto benedetto "anno di transizione"? Per me, che ho vissuto l'intera eternità, è peggio di qualsiasi supplizio. Sembra non finire mai".

Comprendo che il suo racconto sta giungendo al termine e che la mia presenza comincia a infastidirlo. Prima di andare però, gli voglio porre un'ultima domanda. Cosa ne pensa dell'attuale dirigenza e quale futuro avrà? Cosa accadra a lui nei prossimi anni? Lui mi guarda socchiudendo gli occhi, come se stesse pensando a cosa dirmi o, piuttosto, come se già lo sapesse, ma non volesse rispondermi. Infine, decide di accontentarmi. 

"Ti posso dire che tornerò o cadrò definitivamente. Non so dirti cosa con esattezza, ma una delle due di sicuro. Il Diavolo infatti non galleggia, non staziona, non ha vie di mezzo. Ci vorrà un decennio, o forse più, non posso dirlo. Ma prima o poi accadrà. Dalle stelle alle stalle e dalle stalle alle stelle, non si dice mica così? Il Diavolo, cioè il sottoscritto, ha molte vite da spendere questo è certo... così come però è certo, che molte di esse sono già state spese e chissà quante ne rimangono!"

Me ne vado pensando alle sue ultime parole. Quando tornerà il Milan? Quando questo diavolo fattosi un vecchio e derelitto pantofolaio, riprenderà il forcone e deciderà di tornare? Forse, se fosse per lui, lo avrebbe già fatto. Ma in un mondo come quello odierno, persino il diavolo ha bisogno di accoliti. E quelli che si è scelto non hanno ancora dimostrato di esserne all'altezza.