La famiglia Singer, proprietaria del Fondo Elliot e conseguentemente proprietaria dell'AC Milan, è incorsa sin dal primo anno di gestione del Club in una serie di errori che - se da un lato possono trovare giustificazione nella assoluta ignoranza di cultura calcistica - da altri punti di vista risultano invero sorprendenti per l'ingenuità, imprudenza e inesperienza dimostrata da chi, delle opposte qualità, ha fatto un dogma.

L'acquisizione del club, in quel momento storico e a quelle condizioni, è stato un colpo di genio; sostanzialmente si è acquisito l'AC MILAN escutendo una garanzia di circa 300 mln, quando, pochi mesi prima era stato valutato più del doppio dal precedente proprietario e senza considerare circa 10 mln mensili di costi di gestione, sostenuti nel periodo di interregno dalla proprietà cinese.

Insomma, l'entrata di Elliot nel mondo del calcio italiana è stata sontuosa, ma invece di risultare propedeutica alla realizzazione di un chiaro progetto di investimenti sì da raggiungere un surplus di rivalutazione del club in un tempo finanziario stimato in 3/5 anni e successivo disinvestimento per capitalizzare gli utili, il Fondo è incappato in errori sesquipidali.

Il primo il più evidente quello di ragionare esclusivamente da... fondo di investimento, trascurando il core business di un club calcistico, vale a dire l'aspetto tecnico. I Singer, forse peccando di eccessiva umiltà, si sono riconosciuti incompetenti alla gestione commerciale e sportiva del club ed hanno ritenuto di affidarsi a chi-secondo loro- poteva ottenere i risultati migliori: Gazidis.

Gazidis, con un curriculum di assoluto valore, principalmente costruito in Premier, alle dipendenze dell'Arsenal, è stato ritenuto il Manager perfetto per la realizzazione dei progetti, che abbiamo esplicitato qui sopra; il problema è che Gazidis ha -finora- fallito su tutti i piani.
Sul piano commerciale, non solo il club non si è rafforzato, non solo è stata costruita una struttura organizzativa mangia soldi  senza effetti, ma addirittura si sono persi sponsor importanti e con loro signififacative quote di mercato.
Non basta, Gazidis ha voluto affidarsi e affidare la gestione sportiva al duo Maldini/ Boban, che al di là di perpetuare una matrice di presenza milanista  nel club, non ha dato alcun frutto, essendo stati mancati gli obiettivi stagionali, sia dello scorso anno, e temiamo seriamente, anche di questa stessa stagione.

Gazidis, le cui conoscenze sono caratterizzate e influenzate da una cultura lontanissima dalle abitudini nostrane, ha atteso che le strutture create conseguissero gli obiettivi preventivati, raccogliendo invece un fallimento assoluto su tutti i piani, quello commerciale con i bilanci gravemente in rosso, quello sportivo, con deludente quinto posto finale lo scorso anno ed un campionato già catastrofico dal suo avvio, in questa stagione.
Nel mezzo, due campagne acquisti; la sessione invernale del gennaio 2019, quando per "aggiustare" la squadra furono spesi poco meno di 80 mln per Paquetà e Piatek, sul cui pietoso rendimento stagionale è meglio stendere un pietoso velo. 

Prima della sessione estiva, da chi comanda (i Singer? Gazidis?) giunge al duo Maldini/Boban il famoso diktat di puntare su giovani promettenti ma non ancora affermati e questo altro errore crea una infinita serie di negative conseguenze.
La prima e più evidente stortura sta nel momento storico che sta vivendo la "cantera"rossonera, ossia quel serbatoio dal quale attingere risorse umane per la prima squadra e per ottenere le tanto desiderate plusvalenze di bilancio.

Invece la squadra Primavera incappa nella stagione peggiore da quando esiste l'AC Milan, al punto che a fine stagione si ritrova retrocessa nel campionato cadetto. Prescindendo però dagli infelici risultati conseguiti sul campo, resterebbe peraltro immutata la possibilità di portare in prima squadra o vendere gli elementi migliori; Dopotutto Donnarumma è un "99", Calabria "96" e sono già nella rosa di prima squadra, da prima di Elliot.

Il Milan, povero di talenti giovani, ha comunque sfornato negli ultimi 5 anni gente come Petagna, Cutrone, Locatelli, tutti e tre ceduti, ricavando circa 50 mln di plusvalenze, direi cifre non proprio insignificanti, che fanno e farebbero sempre comodo. Ebbene, ai dirigenti non è per niente venuto in mente di investire nei giovani di casa e pensare che il Milan più grande di sempre, quello allenato da Arrigo Sacchi, aveva in rosa Maldini, Baresi, Costacurta, Filippo Galli, Albertini nonchè Tassotti e Simone arrivati giovanissimi in prima squadra...

Prendere giocatori giovani da altri club o addirittura all'estero, elimina il senso di appartenenza, l'insegnamento che deriva dalla cultura storica del club, il vincolo di familiarità, soprattutto lo spirito di sacrificio e le motivazioni tipiche della simbiosi con il club che li ha cresciuti e lanciati.

Di questi giovani "fatti in casa" il club conosce tutto: carattere e caratteristiche tecniche, famiglia e educazione, limiti e difetti, voglia e dedizione, insomma ragazzi che non porteranno sorprese; viceversa quelli acquistati da altri club non si conoscono proprio, ma si sa con certezza che non possono identificarsi nel club come i primi.
Eppure, nella stagione in cui ne aveva più necessità, il Milan ha abbandonato al suo destino i migliori prodotti del vivaio, dove peraltro figurano elementi di sicuro interesse, già richiestissimi e che hanno ben figurato nel precampionato della squadra.

In questo senso, l'avvicendamento di Giampaolo con Pioli non li ha agevolati, visto che sono stati completamente ignorati; si legge che il club stia cercando un difensore, un centrocampista e un attaccante e, guarda caso, in rampa di lancio al Milan ci sono Gabbia, Brescianini, Sala e soprattutto Daniel Madini, mentre già ceduti risultano gli altrettanto promettenti Pobega, Tsadjout e Bellanova.
Sono la bellezza di 7 giovani in una stagione di vacche magre... ma nei quali i nostri dirigenti non credono o tentennano: chissà, forse ai due ex calciatori manca la indispensabile malizia affaristica, oppure semplicemente l'occhio del talent scout, fatto è che si investe su Leao, Rebic, Krunic e meno male su Theo Hernandez, unico riconosciuto come talento vero; Bennacer va rivisto anche perchè vince un pallone d'oro africano come mezzala, ma Pioli lo utilizza come centrale difensivo; gli altri, compreso i due promettenti acquisti invernali, un disastro.

Ora è in corso la terza sessione di mercato del Milan targato Elliot: il famoso diktat trova in Ibrahimovic una incredibile smentita; ci si chiede se è solo una singola deroga oppure siamo in presenza di nuove strategie? Sembra che possa arrivare Todibo dal Barcellona, un giovane promettente certo, ma siamo sicuri che il nostro Matteo Gabbia sia inferiore?

Insomma se bisogna sbagliare per non sbagliare più, il Milan ha già dato: ora perseverare negli errori sarebbe diabolico, ovvero... da diavolo!