"La solitudine dei numero 10"

Hakan Çalhanoğlu nella pre-seaseon del 2017, negli occhi dei tifosi rossoneri, c’erano le punizioni calciate dal destro fatato di un calciatore dal cognome difficile da pronunciare, ma che, nei mesi successivi, avrebbero iniziato a vedere sulla schiena del numero 10 del Milan. Gullit, Donadoni, Baggio, Savicevic, Boban, Rui Costa, Seedorf: sono solo alcuni dei nomi che, prima di Hakan, hanno incantato con giocate magiche, portando all'apice della goduria il tifo rossonero.

È pur vero che, quando si pensa al numero dieci, il cervello collega immediatamente un immagine di un trequartista in grado con le sue giocate di risolvere nell'immediato o quasi le sorti di un intera partita. 
In realtà, nel corso di queste due stagioni in rossonero, il turco ha  giocato raramente a supporto degli attaccanti. Il ruolo che ha ricoperto più spesso è stato quello di esterno sinistro d’attacco e, soprattutto nei momenti in cui mancavano Bonaventura prima e Paquetà poi, è stato schierato mezz’ala sinistra.

La sua stagione, vede come "crocevia" il Derby di andata: era il 21 ottobre e al 74Hakan è costretto ad uscire dal campo a causa di un “pestone” alla caviglia, infortunio che lo costringerà a saltare la sfida casalinga contro la Sampdoria e la trasferta di Udine, rispettivamente decima ed undicesima giornata del campionato. Fino a quel momento, la sua stagione era stata tutt’altro che entusiasmante: schierato sempre come esterno d’attacco, aveva deluso le aspettative sia da un punto di vista tattico, che in quanto a prestazioni atletiche.

Dalla dodicesima giornata in poi, la musica cambia: nelle restanti 27 partite, il forte centrocampista prelevato dalla Bundesliga è per ben venti volte nella top 3 rossonera come chilometri percorsi ad alta intensità nei 90 minuti.

È un dato incontrovertibile: ha portato tanta “legna” a casa quest’anno, prestazioni che, al di là di considerazioni personali, hanno dato spessore e quantità al centrocampo del Milan.

Possiamo dire, senza il rischio di essere smentiti, che sono anche questi dati ad aver portato mister Gattuso a schierare titolare il suo numero 10 per ben 26 partite delle ultime 27 del campionato. E le aspettative non sono state deluse: nella metà di queste partite, Çalhanoğlu ha corso più di 1 km ad alta intensità, un dato significativo, senz’altro da inquadrare all’interno del match, ma certamente indicativo di un’ottima forma fisica e di una buona prestazione globale.

 Dati alla mano, sorge spontanea una domanda: siamo sicuri che il numero 10 sia il numero adatto ad Hakan Çalhanoğlu?

È chiaramente una provocazione, parliamo di un calciatore dalla tecnica sopraffina, capace di far stare per diversi secondi i 70mila di San Siro con il naso all’insù, quando disegna geometrie perfette, facendo recapitare il pallone ad un Suso distante quasi 50 metri. Però attenzione a considerare Hakan necessariamente un trequartista: i dati ci descrivono un calciatore con un “motore” decisamente superiore alla media, uno che, quando la condizione fisica glielo permette, corre per 90 minuti e lo fa alla grande.

Un centrocampista “moderno”, con una tecnica pregiata, ma con tanti chilometri nelle gambe: un perfetto numero 8 dei nostri tempi.

È chiaro che i numeri sulle spalle dei calciatori, soprattutto nel calcio moderno, lasciano il tempo che trovano.
Ma non lasciamoci ingannare: il futuro del nostro numero 10 potrebbe essere proprio sulla linea dei centrocampisti, e chissà che questa non possa essere la vera svolta del futuro centrocampo del Milan. I numeri dicono di sì.