La società rossonera deve fare a meno, ancora una volta, della competizione più familiare per storia, vittorie e DNA: la Champions League.
Ad aprile dell’anno scorso c’è stato il passaggio di consegne tra la vecchia proprietà, quella capitanata da Berlusconi e Adriano Galliani, fautori del grande Milan di Sacchi, Capello, Ancelotti e delle magre figure degli ultimi anni, a quella nuova del “misterioso” Li Yonghong con sullo sfondo l’hedge fund Elliot.
Dal giorno in cui sull’AC Milan ha cominciato a sventolare la bandiera della Cina si sono susseguite inchieste, domande e voci sulla effettiva capacità economica della nuova proprietà. Le stesse domande che ora si sta facendo la UEFA, tenendo anche conto del bilancio in negativo, per arrivare ad una decisione sulle sanzioni e sul settlement agreement che la società di via Aldo Rossi dovrà affrontare, avendo su di sé lo spettro di un mercato fatto di “se non esce nessuno, non entra nessuno”.

La nuova società è vista come colpevole di una dispendiosissima campagna acquisti estiva, che non ha dato i frutti previsti, ovvero l’obiettivo minimo del quarto posto, valevole per l’accesso in Champions League.
Ma fin dove si spingono i deficit decisionali di questa nuova proprietà, e in che modo invece la vecchia gestione ha partecipato nell’aumentare le difficoltà per una pronta rinascita della società rossonera?

La verità sta nel mezzo, ovvero che l’equilibro nei giudizi è fondamentale per analizzare questo particolare momento storico del Milan, che dura ormai da più di 6 anni.
La vecchia proprietà ha portato l’AC Milan a vette calcistiche inarrivabili, cambiando per sempre la storia e la stessa concezione del calcio con l’avvento nel 1987 dell’omino di Fusignano, Arrigo Sacchi, continuando la strada gloriosa con Fabio Capello e, dopo una piccola pausa, Carlo Ancelotti, che ha portato nel palmares del Milan altre due Champions tra il 2003 e il 2007 e molte altre vittorie. Tuttavia dopo la vittoria dello scudetto del 2010 2011 è cominciata l’inesorabile caduta verso la mediocrità che perdura ancora adesso, complici la totale indifferenza del Presidente Berlusconi e le a dir poco discutibili decisioni in chiave mercato e non solo dell’allora amministratore delegato Adriano Galliani, tra le quali molte voci che parlavano di corsie preferenziali verso alcuni agenti, che hanno portato la squadra rossonera ad essere composta da calciatori non all’altezza o a fine carriera, venuti solo per strappare un ultimo ricco contratto prima della pensione.
La mancanza in Europa della squadra milanista e le scelte degli ultimi anni prima dell’arrivo della proprietà cinese hanno portato una forte perdita a bilancio che sta ancora adesso portando problemi, visto che l’UEFA non terrebbe conto solo dell’ultimo deficit ma comprendendo quello degli ultimi anni.

Dall’altra, la campagna acquisti da 230 milioni di euro di Mirabelli per rivoluzionare completamente o quasi la rosa rossonera non ha portato upgrade significativi per la classifica e le scelte del nuovo AD del Milan Marco Fassone, con il tanto discusso Milan China, non hanno palesato aumenti nel fatturato se non qualche sponsor e, più recentemente, la partnership con il Club della Super League cinese Guizhou Hengfeng Zhicheng, capitanato dalla figlia del presidente della Zicheng Enterprise Group Investiment, Wen Xiaoting.

Come detto in precedenza nessuna squadra è mai riuscita a raggiungere nell’immediato ottimi risultati dopo una rivoluzione tecnico-societaria, ma nello stesso tempo i tifosi si aspettano risposte sia per quanto riguarda la faccenda del rifinanziamento, dove Elliot sembra sempre più vicino a rilevare la totalità delle quote ad Ottobre (la cui presenza rappresenta una garanzia per la continuità), sia riguardo la crescita sportiva che passa dal prossimo mercato dal quale, UEFA permettendo, il Milan deve acquisire quei tre o quattro elementi che possano finalmente invertire la situazione di profonda mediocrità in cui si è precipitati dopo anni di meravigliose vittorie.

Una caduta inesorabile e costante, che però non deve far scordare come la società rossonera sia stata un tempo un esempio da seguire e la necessità di tornare ad esserlo non solo per i tifosi, ma per tutto il mondo del calcio.