I primi colpi di cannone si udirono in quel dì a cavallo tra il febbraio e il marzo del 2020. Si era fatta da poco l’alba quando, attizzando paure già latenti nei cuori di molti, le armate del tenente-colonnello Boban avevano cominciato a muoversi in maniera sospetta. Dal suo quartier generale, il generale in capo Gazidis era rimasto fermo a osservare e a riflettere su quelli che sembravano essere i prodromi di una battaglia. Una guerra civile, annunciata e temuta, stava per cominciare e, sebbene egli potesse contare sull’appoggio assoluto del Gran Consiglio, sapeva come fosse ancora impossibile pronosticarne il risultato. Intorno a lui, molti dei suoi fedeli collaboratori si muovevano in ordine sparso, cercando senza successo di nascondere il terrore forte che scuoteva i loro spiriti. Alcuni persino facevano fatica a comprendere il motivo di una simile minaccia. Ma il generale Gazidis invece lo conosceva bene e, continuando a rimestarlo dentro la sua mente come un pensiero paranoico, cominciò a chiedersi se le sue azioni passate non fossero state troppo avventate.
L’incontro con Herr Rangnick, grande condottiero alemanno, era avvenuto tra spesse pareti di segretezza. Persino gli accoliti più vicini al generale, ne erano venuti a conoscenza solamente molto tempo dopo. Le spie di Boban erano state però molto più rapide così, quando la notizia si diffuse all’interno dei ranghi, il caos vi cominciò a serpeggiare come un morbo. Quell’incontro fu visto da molti infatti come un complotto ai danni del maggiore Pioli, luogotenente sotto il comando stesso di Boban, il quale aveva oramai conquistato la fiducia di gran parte dell’esercito, a partire dal maresciallo Ibrahimovic. Una cosa questa che aveva scosso nel profondo il generale Gazidis, portandolo a credere che un colpo di mano da parte dei suoi sottoposti fosse alle porte. Purtroppo per lui, fu proprio quell’incontro segreto ad accendere la miccia degli scontri. Fu il suo desiderio di riprendere in mano il comando assoluto della situazione, a scatenare gli istinti ribelli rimasti latenti per diverso tempo. Così, quando l’esplosione della prima bordata rimbombò nelle vicinanze, egli non sentì tremare solamente la terra sotto i propri piedi. Egli sentì le fondamenta stesse della sua catena di comando vibrare sino quasi piegarsi. E, sebbene nella fermezza del silenzio, dentro di sé urlò. 

Drammatica prosa a parte, la guerra civile in Casa Milan è veramente alle porte. Dopo continui andirivieni, sotterfugi, incontri vociferati, alla fine il CFO Boban ha deciso di calare il carico pesante sul piatto della partita.
Da quanto è emerso, alla fine le ostilità in quel di via Aldo Rossi sono passate ai fatti. Le parole di Zorro, così come il dirigente croato veniva chiamato ai tempi in cui era ancora un giocatore rossonero, paiono non lasciare spazio a interpretazioni. Le voci che vedevano Rangnick come scelta di Gazidis per la panchina della prossima stagione, e forse non solo, sembrano aver trovato una conferma definitiva. Conferma che, al contempo, apre una polemica di gravità altissima, in quanto Boban ha lasciato intendere come tale scelta sia stata presa senza che l’AD abbia interpellato né lui, né il direttore tecnico Maldini. In altre parole, senza il parere, tanto meno del benestare, dei diretti interessati all’interno della direzione tecnica. Ciò confermerebbe dunque la presenza di due anime ben distinte, nonché contrapposte, all’interno del Milan. L’esatto scenario che molti, compreso il sottoscritto, si erano prospettati nemmeno pochi giorni fa. Il che rigetta la situazione rossonera, in una stagione in parte già compromessa, nel marasma più assoluto. Un caos tale che Boban pare abbia richiesto il diretto intervento della proprietà, ovvero di Elliott. Un confronto che, almeno secondo il parere del CFO, servirebbe a fare chiarezza sul prossimo futuro della società, così come del prossimo allenatore e della squadra. Sempre che tale incontro possa realmente avvenire, non si sa ancora esattamente cosa potrebbe venirne fuori. Da tempo la proprietà anglosassone è silenziosa. Più che un reale organo direttivo, essa si avvicina sempre più a somigliare a Consiglio dei Dieci Assenti di mitologia fantozziana. Il che, almeno all’avviso dello scrivente, lascerebbe presupporre come:

    • O la proprietà stessa stia navigando a vista, inconsapevole di quale scelta sia la più efficace
    • Oppure che una decisione è stata già presa da tempo, ovvero appoggiare Gazidis in tutto e per tutto

Essendo che il Milan ha già subito sin troppe rivoluzioni in pochissimi anni, sia l’una che l’altra non potrebbero essere che deleterie. Come infatti l’indecisione porta una staticità tutt’altro che fruttifera, in particolare quando il bilancio piange sangue, lo stesso si dovrebbe dire di questa quasi incomprensibile fiducia nei confronti dell’AD. Al di là di quanto sia arduo ricoprire un simile incarico, soprattutto in una società ancora intenta a leccarsi le ferite inferte in epoca cinese, la pazienza nei confronti di Mr. Gazidis è durata anche troppo. Dei due compiti che esso doveva portare avanti, e per i quali era stato assunto con tanto di stipendio faraonico, l’ex Arsenal pare non essere venuto a capo di nessuna delle due. I ricavi non sono aumentati. I nuovi sponsor tanto annunciati tardano ancora ad arrivare e anzi, quelli già in essere come la Fly Emirates hanno deciso di rivedere al ribasso il loro contributo. In parole povere, un completo disastro. Sull’altro frangente, ovvero il contenimento dei costi, le cose stanno andando più o meno nello stesso modo. Il piano di taglio delle spese non sta infatti tenendo conto del potenziale sportivo insito nella rosa. Vediamo così un Donnarumma con una questione rinnovo ancora aperta. Un Rebic il cui valore continua ad aumentare, senza che però la dirigenza faccia nulla per accaparrarsi uno straccio di diritto di riscatto. Notizie riguardo a un futuro budget, per quanto insistentemente richieste, cadono nel vuoto. Tutte colpe che, senza alcuna cattiveria o malizia, non possono che ricadere sull’amministratore delegato, di cui in molti hanno cominciato a stancarsi. 

Da questo punto di vista, inutile dire come l’irritazione palese di Boban, non certo uno che ami mettere in piazza i propri conflitti, sia quantomeno comprensibile. Di come questa situazione andrà a risolversi non c’è certezza, se non un’unica: a giugno sarà divorzio. Sì, ma quale delle due anime deciderà di fare le valigie? Senza fare troppi calcoli, Gazidis ha più carte in mano dei propri avversarsi interni. Egli è stato la prima scelta della nuova proprietà, la quale difficilmente tornerà sui propri passi. Detto ciò, al di là dell’ovvio, questa non pare essere la scelta più sensata. Per quanto l’esperienza dirigenziale di Boban non sia vastissima, il suo modo di pensare, così come il progetto che ha in testa, sono chiari, semplici e, molto probabilmente, condivisi dalle truppe. Che lui possa rivestire il ruolo di nuovo amministratore delegato, magari affiancato da una figura importante, con solide competenze economiche o finanziarie? Sebbene il sottoscritto detenga ancora qualche piccola riserva in merito, una simile scelta potrebbe essere l’unica. L’unica in grado di evitare un altro terremoto e, perché no, cercare di rianimare una dirigenza il cui ECG è piatto da tempo. 

Comunque vada, questa guerra civile a tinte rossonere ci sarà, che ci piaccia o meno. Quale delle due fazioni alla fine la spunterà, non lo possiamo sapere, non ancora almeno. Ma una cosa è certa. Se il tenente-colonnello Boban ha deciso di dare battaglia, il generale Gazidis si troverà di fronte a momenti molto, molto difficili. 

Un abbraccio

Novak