La sconfitta contro l'Atalanta ha ricordato molto la partita di Europa League contro il Lille. In entrambi i casi l'avversario dei rossoneri ha fatto tutto quello che doveva per vincere, mentre il Milan ha fatto l'opposto ovvero tutto quello che doveva per perdere. I rossoneri, in sostanza, si sono sbriciolati in un arcipelago di atolli, conquistati uno per uno dagli avversari, proprio ciò che dovevano evitare.

Come contro il Lille, la secca sconfitta con l'Atalanta è arrivata in un torneo con girone all'italiana, dove vale la vecchia regola che "Ragioniere, è la somma cha fa il totale!" (Totò a Louis De Funès nel film "I Tartassati"). In sostanza, i punti fatti restano e fanno classifica anche dopo una sconfitta, mentre altri potrebbero aggiungersi in futuro. Sommati a fine stagione, infatti, tutti questi punti determineranno la graduatoria finale, a prescindere dalle cadute. Per questo motivo, non  certo per le gesta di ieri sera, il Milan si è laureato Campione d'Inverno, nonostante l'Italia intera non rossonera avesse preteso (sottolineo preteso), con un autentico cancan mediatico, che il Milan fosse sconfitto e cedesse il 1° posto ad altri. Si è detto che il Milan meritava ma... e per chi segue il calcio da una vita, quel ma equivale a una sentenza di morte mediatica. Il titolo di Campione d'Inverno è platonico quanto si vuole, ma è ambito da tutti, non fosse altro per ragioni di prestigio. E che fosse molto ambito, lo testimonia la reazione nervosa di Conte nel finale di Udinese-Inter. In seguito alle proteste, l'arbitro Maresca ha espulso l'allenatore dell'Inter con il dirigente Oriali, a differenza, tuttavia, di quanto aveva fatto Irrati, inseguito negli spogliatoi da Pirlo e Chiesa alla fine del 1° tempo di Milan-Juventus. Ma in fondo si trattava di un arbitro diverso e dei tesserati di una squadra diversa, come si fa a fare un paragone? Non si può. Però si può fare polemica e mi sono permesso di farlo, visto che mezzo mondo lo ha fatto sulla pelle del Diavolo in questa settimana. Ricordo che l'articolo 3 della Costituzione sancisce il principio di uguaglianza.

L'Atalanta è un'eccellente compagine, che pratica molto bene uno schema validissimo. Diviso il campo in settori o quadranti, esegue un movimento collettivo a ondata con la parte di squadra che controlla il settore o quadrante in cui si svolge l'azione. In questa maniera acquisisce la superiorità numerica nel settore o quadrante nevralgico, tanto se la palla è in possesso proprio quanto se è in possesso degli avversari. I giocatori dei settori più vicini a quello nevralgico accorciano a loro volta la squadra senza esagerare (niente a che vedere con la concentrazione in 20 metri di Sacchi), ma quel tanto che basta a non creare terra di nessuno fra i reparti. Se l'azione si svolge ai limiti fra un settore e l'altro, sono i 2-3 giocatori posizionati ai confini che fanno reparto. In ogni caso, sessun settore viene sguarnito e nessuna zolla di terreno viene lasciata libera. Più che di schemi, si tratta di uno schema solo, anzi di un'organizzazione efficiente per il controllo degli spazi, con la squadra che si allunga sì, ma paradossalmente resta corta. Quando Pessina, per esempio, ha preso palla a centrocampo in occasione del 3° gol, Zapata e Illicic hanno aggredito lo spazio a loro più vicino, Zapata allargandosi a sinistra e Illicic accentrandosi. Come risultato, il meschinello Kjaer è stato preso fra 2 fuochi. In occasione del rigore, poi, l'Atalanta in possesso di palla aveva in attacco lo stesso numero di uomini del Milan schierato in difesa, il che era di per sé una superiorità numerica virtuale, in quanto chi ha la palla ha l'iniziativa e decide quale spazio attaccare, rubando anche il tempo a chi poi deve mettere le pezze. E del resto, come diceva il professor Scoglio, spazio vuol dire anche tempo. A metà secondo tempo, inoltre, Diaz è stato contrastato a centrocampo, ma un attaccante è piombato come un falco alle sue spalle stringendolo in una morsa improvvisa, sempre per il principio che spazio e tempo sono inscindibili. Se, comunque, tutto questo è molto bello, provando a girare la medaglia, ne vedremo il rovescio.

Il Genoa, fra le ultime della classifica, aveva arrancato contro i bergamaschi, perché era tecnicamente inferiore. Alla fine, tuttavia, aveva fermato l'Atalanta con almeno 9 giocatori di movimento in area. L'Udinese aveva fatto di meglio, difendendo con 5 uomini in area e altri 4 più avanti di 5-6 metri in funzione di barriera frangiflutti. In un caso e nell'altro, l'Atalanta ha lanciato le sue ondate a vuoto, perché puoi essere rapido e corto quanto vuoi, puoi fare tutti i movimenti senza palla che credi e puoi avere anche il gioco più ganzo della terra, ma se gli spazi sono densi di avversari, qualche difficoltà la trovi. Il Milan, per tutta una serie di ragioni, non poteva certo difendersi a oltranza, ma poteva prendere esempio da Genoa e Udinese nelle fasi di ripiegamento. Per fare ciò, tuttavia, doveva violentarsi e restare corto, mentre il suo 4-2-3-1 lo ha portato ad allungarsi in maniera inevitabile. Il centrocampo si è sfilacciato lungo la direttrice che dalla difesa porta all'attacco. I rossoneri non hanno mai coperto con più di 7 uomini contemporaneamente e, per giunta, schiacciati in area o disposti su file disallineate e larghe. Gli attaccanti nerazzurri ci andavano a nozze strapazzandole come fisarmoniche. Il dilemma Meité/Diaz non ha inciso, in quanto il Milan ha subito sia con l'uno che con l'altro in campo: uno dava fisicità e l'altro tecnica, ma nessuno dei due è riuscito a colmare i vuoti in cui dominavano gli avversari. Diaz ha acquistato visibilità nella parte finale del tempo, quando l'Atalanta era sulle gambe, e ha preso un palo esterno con un tiro a giro dalla distanza.

Il gioco dei bergamaschi è molto dispendioso, in quanto non consente neanche un secondo di pausa per non perdere le distanze fra i settori. Nessuna squadra pratica il loro gioco, non perché gli altri tecnici siano dei fessi, anzi nel campionato italiano ce ne sono di molto bravi e alcuni con un palmarès prestigioso. In realtà, non sono sicuri di far quadrare atleticamente i conti alla fine. Invece, è un dato di fatto che a Bergamo abbiano trovato la maniera di preparare i giocatori in maniera di farli correre come dannati e con questa realtà il Diavolo è stato costretto a fare i conti. Pioli era poco lucido dopo la partita, in quanto ha puntato il dito sulla mancanza di intensità o di precisione dei suoi che, tuttavia, sono state conseguenza di uno scontro fra moduli in cui quello rossonero era il meno adatto a mettere in difficoltà quello avversario. Il Diavolo ha affrontato l'Atalanta come se fosse uno degli altri 18 avversari incontrati e tutti, risultato a parte e Juventus compresa, fronteggiati bene sul piano del gioco. Mi sento, comunque, di assolvere anche il tecnico rossonero, in quanto sarebbe stato stritolato dalla critica ex post, se avesse cambiato schemi per esempio indietreggiando Meité e chiedendo a Leao di giocare in copertura. L'unico che avrebbe potuto rendere il modulo rossonero competitivo contro la Dea, sarebbe stato Chala, da sempre l'elastico che collega i reparti. Avrebbe potuto essere l'uomo in più dietro e contemporaneamente avanti. Era assente e quindi il discorso è rimandato al ritorno.

Ora c'è chi lancia nuovamente la Dea verso lo scudetto, dimenticando i recenti pareggi contro Genoa e Udinese che ne hanno, invece, frenato la corsa verso la vetta. A costoro sfugge che questo campionato è come il gioco della morra cinese: sasso batte forbice, forbice batte carta e carta batte sasso. La Juventus non è mai stata in partita contro l'Inter, ma poi ha vinto la supercoppa e l'Inter ha sbattuto il muso a Udine, come la stessa Atalanta ha strapazzato anche la Roma, ma è stata strapazzata a Napoli. Le squadre hanno caratteristiche diverse per cui sono penalizzate e favorite le une contro le altre a seconda dei casi e sarà solo la minore discontintuità di risultati a decretare il vincitore del campionato. La giornata singola conta poco, come ha dimostrato l'Inter, che ha vinto con decisione contro la Juventus, ma ha lasciato punti a Udine.

Al momento ci sono 6 compagini in corsa, con qualche possibilità per la Lazio di rientrare in careggiata. Di certo non ha senso dedurre che l'Inter vincerà il campionato dal fatto che oggi il Milan ha perso contro l'Atalanta, in quanto si potrebbe dedurre che l'Inter non vincerà il campionato dal fatto che non ha saputo approfittare della pesante sconfitta rossonera. L'Inter può di certo vincere il campionato, ma per il motivo che è una squadra molto forte e perché ha solo 2 punti dalla vetta con 57 a disposizione da conquistare, non certo per altre considerazioni quasi cabbalistiche. Come l'Inter, tuttavia, hanno chance anche la Roma, la Juventus, il Napoli e l'Atalanta, oltre che la Lazio, se dovesse rifarsi sotto. Il Milan è una delle 7 aspiranti che ha, come unico vantaggio, i 2 punti di vantaggio sulla seconda.

Resta il  fatto che il Milan è Campione d'Inverno, cioè in testa alla classifica dopo che tutte le squadre si sono incontrate almeno una volta (eccezion fatta per il recupero di Juventus-Napoli), cioè dopo che tutti hanno affrontato impegni omogenei, senza che si possa discutere sulla favorevolezza o sfavorevolezza del calendario. Non accadeva da 10 anni ed è un altro passo verso il ritorno al ruolo di co-protagonista del calcio italiano, da troppo tempo abbandonato.

Un appunto sull'arbitro Mariani, ineccepibile in occasione del rigore e nel complesso accettabile nei 90', ma fuori fase in alcune situazioni abbastanza evidenti. Non ha visto un fallo clamoroso al limite dell'area su Leao all'inizio della ripresa come, sul rovesciamento dell'azione, ha ignorato un fallo da tergo di Hateboer su Kalulu senza, tuttavia, fermare il gioco con il ragazzo a terra. Il Milan perdeva, quindi non occorreva di essere aquile per capire che non stava simulando, in quanto non avrebbe avuto interesse a perdere tempo. Sono errori che non hanno influito sul match, però fanno pensare che Mariani, con ogni evidenza, sia stato condizionato dal clima di ostilità che regna intorno ai rossoneri. E' il calcio, bellezze, (come direbbe Humphrey Bogart) e noi rossoneri non possiamo farci nulla. Il Milan può solo andare avanti senza sperare che il suo campionato, qualunque sia, proceda fra gli applausi. Non ce ne saranno.

Ora c'è il derby di Coppa Italia, partita da tripla per tradizione e classifica dei protagonisti. Se potessi scegliere, preferirei perdere questo e vincere quello di campionato fra un mese. Non si può, tuttavia, scegliere, quindi avviamoci verso questo incontro come un viandante curioso di scoprire terre sconosciute. La metafora non è mia purtroppo, ma di Marlowe in "Edoardo II".