L’ideologia, la religione, la moglie o il marito, il partito politico, il voto, le amicizie, le inimicizie, la casa, le auto, i gusti letterari, cinematografici o gastronomici, le abitudini, le passioni, gli orari, tutto è soggetto a cambiamento e anche più di uno. La sola cosa che non sembra negoziabile è la squadra di calcio per cui si tifa”. Così parla Javier Marias. Forse il concetto è piuttosto forzato, ma sicuramente è emblematico rispetto al valore che questo sport detiene all’interno della collettività. Il pallone è amore. La fede per una compagine è una sensazione davvero inspiegabile tanto che non vi sono vie di mezzo. Il calcio viene amato nel profondo oppure non si ha il minimo interesse nei suoi confronti. Quando si sostengono determinati colori ci si lega a essi tanto da dirigere gli avvenimenti della propria quotidianità in base agli impegni della squadra del cuore. Per ulteriori informazioni rivolgersi, purtroppo, a famiglie, fidanzati, coppie sposate o amici. Se all’interno di questi gruppi sociali vi è un appassionato di calcio, sicuramente almeno una volta nella loro esistenza avranno avuto a che fare con gli impegni dettati da questo sport. Il tifo è qualcosa di indefinibile. E’ davvero difficile esprimere il sentimento che lega a una determinata squadra ed è altrettanto complicato motivare quello che si percepisce. E’ una passione tutta particolare che può derivare da un legame con una persona importante nella propria vita, può essere tramandato all’interno di una famiglia, nascere dopo aver vissuto una giornata particolare o in qualsiasi altro modo. Il suo aspetto intrigante è proprio questo. Le giustificazioni per sostenere determinati colori calcistici sono le più varie e pure tra consanguinei capita sovente che vi siano molteplici ideologie diverse. Occorre essere franchi ed evitare falsi moralismi. Questo aspetto è molto raro se si pensa ad altri credo come quello politico o religioso che sicuramente detengono ben altro valore. E’ chiaro che tale aspetto rende il calcio un qualcosa di assolutamente magico perché, alla fine dei 90 minuti di gioco, la discussione si chiude quasi sempre a “tarallucci e vino”. Per altre tematiche e concetti, potrebbero pure distruggersi rapporti e non è di certo positivo.

Il preambolo è utile per cercare di comprendere quale sia lo stato d’animo vissuto attualmente da un supporter del Milan. Qualche giorno fa ho assistito a una chiacchierata tra un tifoso della Juve e un suo collega rossonero. Si viveva il weekend della sosta per le nazionali e il primo sosteneva di essere felice perché ormai il tempo senza “la sua amata” Vecchia Signora volgeva al termine. Il secondo affermava di invidiarlo in quanto lui era felice di trascorrere un momento senza dolori calcistici. Per quest’ultimo, ormai, il fine settimana è divenuto uno strazio perché deve sempre sopportare le agonie di un Diavolo piuttosto malmesso rispetto ai fasti del passato.

E’ proprio questo il punto. Non si può più nemmeno affermare che i tifosi rossoneri siano demoralizzati perché quest’aggettivo è poco significativo. Il loro sentimento lo supera. L’ultimo grande Milan risale al periodo targato Allegri ed è trascorso troppo tempo. Così non si può certo proseguire. Non ci si deve dimenticare che si parla di una delle squadre che vanta il maggior numero di supporter e naviga da anni nelle zone di centro classifica. Queste a lei non competono. Non si vuole certo sostenere che siano posizioni mediocri, ma per i lombardi non riuscirei a trovare altre definizioni. Il Milan è un top team. E’ una big, una grande squadra o che dir si voglia. Non è ammissibile che viva tale situazione da tanti anni. E’ il club italiano che detiene il maggior numero di Champions League. Ne ha conquistate 7 e da 5 stagioni non riesce ad agguantare la qualificazione alla detta competizione. Il “danno d’immagine” sta ormai diventando allucinante e non più concepibile. Ricordo che durante la stagione 2008-2009, dopo un’esclusione dall’Europa League patita dal Werder Brema di Diego, un tifoso rossonero si rivolse a un suo amico dicendo: “Da oggi, per me, il Milan non esiste più”. Qualcuno penserà che si trattasse di un caso isolato. Non credo sia proprio così. Solo 2 annate prima, i lombardi salivano sul tetto d’Europa ed erano abituati a lottare per questi traguardi perché è quello che loro spetta. Deve essere così e più restano all’interno di questo baratro, maggiore è il rischio che il tempo per uscire si dilati ulteriormente. Urge trovare un rimedio.

Qualche settimana fa, trattando l’argomento, scrissi che le colpe non risiedevano in Giampaolo e che ritenevo piuttosto inutile un avvicendamento sulla panchina rossonera. Questo è avvenuto e non ho modificato la mia posizione. Pioli ha sostituito il tecnico abruzzese e vi è stato un miglioramento nelle prestazioni, ma i risultati continuano su un percorso piuttosto deludente. Il Milan è 14esimo in classifica con 13 punti in 14 giornate. La zona che garantirebbe l’accesso all’Europa League dista 8 punti. Quella che condurrebbe diritti in Cadetteria è lontana soltanto 4 lunghezze. Ognuno tragga le conclusioni che ritiene più opportune. Dopo la sconfitta in casa della Juventus, il mister emiliano ha deciso di appendere la graduatoria sulle pareti di Milanello così chi vive all’interno dell’ambiente lombardo ha potuto monitorare costantemente la situazione. Probabilmente il gesto del parmigiano era un chiaro richiamo alla responsabilità di ogni membro del gruppo. Sarò franco e diretto. Credo che i calciatori siano tra coloro che hanno il minore numero di colpe. Se l’obiettivo del Milan era centrare il quarto posto in serie A, non mi pare che la squadra sia stata costruita con le giuste prerogative. I limiti tecnici sono palesi in un torneo che è migliorato rispetto al passato. Nella trascorsa stagione, sfiorando la qualificazione in Champions, Gattuso stava per compiere un autentico miracolo sportivo. Alla “contiana maniera”, il calabrese aveva estrapolato il massimo da ogni giocatore portando i molti a esprimersi oltre le loro potenzialità e sfruttando il momento magico di un Piatek probabilmente sopravvalutato dai tanti.

Ammesso che Donnarumma è un portiere straordinario, Theo è un ottimo terzino e Bonaventura è un incursore formidabile, il resto della squadra mostra qualche difficoltà. Romagnoli è un buon difensore, ma si rifletta sul fatto che pare essere il quarto centrale scelto da Mancini per la Nazionale e non ha la certezza di entrare nel gruppo che andrà all’Europeo. Molto dipenderà dalla guarigione di Chiellini. E’ stato superato dal laziale Acerbi che, senza il livornese, potrebbe essere designato a far coppia con Bonucci. La mediana vanta giovani interessanti come Krunic e Bennacer, ma devono avere il tempo di crescere e non è un caso se nella passata stagione il loro Empoli è retrocesso. L’involuzione di Biglia è ormai evidente. Kessié potrebbe essere un mediano interessante, ma fatica ad ambientarsi. Calhanoglu e Suso paiono la bella incompiuta. Non riescono mai a tramutare la loro potenza in atto restando in un limbo che non consente loro di divenire top player. Piatek ha le polveri bagnate da troppo tempo e ci si chiede davvero se la passata stagione abbia rappresentato una grande illusione. Non vorrei essere troppo freddo. Esagerare e sentenziare non è assolutamente nel mio stile e, forse, si tratta di un’iperbole. Detto questo, la zona di graduatoria occupata dal Milan si distanzia in maniera non troppo evidente dal suo reale valore. Al di là dei più classici formalismi, si può tranquillamente affermare che, in rigoroso ordine di classifica, Juve, Inter, Lazio, Roma, Atalanta e Napoli sono più forti e attrezzate dei lombardi. Questo significa che i 6 posti che consentono l’accesso all’Europa non sembrano alla portata. Vi sarebbe la possibilità di entrare nella seconda competizione continentale per club giungendo settimi se una delle prime 6 squadre classificate vincesse la Coppa Italia. La situazione è molto probabile, ma il Cagliari? Non si può dimenticare che la compagine di Maran sta disputando un campionato fantascientifico e penso mi sia consentito sostenere che non mi stupirei se chiudesse il campionato davanti al Milan. I rossoneri potrebbero conquistarsi un posto in Europa League vincendo proprio la Coppa Italia, ma anche tale obiettivo non è così semplice.

Questa mi pare la realtà nuda e cruda che i tifosi dei lombardi stanno giustamente comprendendo e tastando con mano. Il calciomercato di gennaio, però, potrebbe essere un viatico importante per cercare di migliorare la situazione. Ibrahimovic. Sì, Signori. Il salvatore della patria potrebbe essere proprio il campione 38enne svedese. Nonostante l’età, Zlatan versa in ottime condizioni psicofisiche e sa cosa significa vincere. E’ proprio quello che serve a un gruppo nel quale quest’esperienza sembra mancare. Non ho grandi dubbi sul fatto che il bomber non verrebbe in Italia al solo fine di implementare il suo lauto conto corrente. Lo scandinavo non è il tipo di persona per questo genere di pensieri. Se Ibra decide di vestire una maglia, lo fa con la volontà di trionfare e la fame giusta. L’attaccante ha appena terminato la sua avventura in MLS quindi può liberamente accasarsi. Si tratta di trovare il giusto accordo tra 2 parti. Sicuramente questo può agevolare la strada ai rossoneri che non possono non provare con tutte le loro forze a regalarsi questa speranza. Si parla della “maledizione del numero 9” che colpirebbe quella maglia del Milan dal momento in cui Pippo Inzaghi l’ha lasciata vacante. Ammetto di non apprezzare tali fantasticherie. In ogni caso, Ibrahimovic può essere l’uomo giusto per risolvere la situazione. Zlatan potrebbe pure essere in grado di fornire l’input migliore allo spogliatoio. Alla maniera di Gattuso, lo svedese sembrerebbe l’uomo capace di trascinare il gruppo oltre i propri limiti. Con questo non si vuole dire che Pioli o chi per lui non sia in grado di farlo, ma il carisma di un giocatore come Ibra e il suo passato potrebbero rappresentare davvero l’arma vincente che può innescare meccanismi straordinari.


Vorrei concludere con un pensiero per la coppia composta da Berlusconi e Galliani. Premetto che non intendo assolutamente inserirmi in particolari discorsi politici, ma il magnate di Arcore ha davvero rappresentato qualcosa di eccezionale per il mondo rossonero. So che pensando al glorioso passato qualche lacrimuccia potrebbe solcare il volto dei milanisti perché quel duo è stato in grado di portare la squadra oltre ogni limite e aspettativa. Non può non mancare. E’ logico e ammissibile che dopo il loro addio, l’ambiente lombardo abbia vissuto momenti di sconforto e si sia trovato quasi spaesato. Si trattava di 2 grandi uomini di calcio che anche con il Monza stanno dimostrando di essere autentici maghi del mestiere. La loro guida capace e sicura non c’è più. Il Milan deve imparare a camminare da solo e, dopo l’esperimento targato Yonghong Li conclusosi negativamente, è necessario che il nuovo asset dirigenziale compia finalmente questo salto di qualità. Il distacco dai gloriosi trascorsi non è mai semplice e sembra quasi che il Milan non riesca a uscire da un legame affettivo praticamente indissolubile. Tutto questo è assolutamente comprensibile per il valore e la portata di certi momenti, ma urge tale doloroso sforzo. L’esempio è rappresentato dall’Inter. Con l’arrivo di Suning e alcuni innesti societari importanti come Marotta, la Beneamata è riuscita a risollevarsi dalla crisi. Ha convinto persino un tecnico importante come Conte a vestirsi di nerazzurro e ora infastidisce la super Juve. Ad Appiano non ci si è certo scordati il periodo targato Massimo Moratti, ma ci si è liberati dal fardello del passato per ripartire praticamente da zero senza troppi vincoli. Non voglio affermare che Maldini e Boban non siano grandi dirigenti, ma forse necessitano di un supporto maggiore. Non basta avere un curriculum di calciatore importante con determinati colori per divenire Re Mida e risolvere ogni situazione da dietro la scrivania. Serve un percorso di apprendimento.