Il progetto giovani della gestione Elliot non ha come basi il "romanticismo" berlusconiano (anche se fasullo), che tanto il vecchio patron vociferava ai quattro venti. L'obiettivo di avere una rosa giovane è infatti più pratica e finanziaria: prendere giovani talenti per farli esplodere, per poi rivenderli a prezzi superiori e ricavarci così importanti plusvalenze. In altre parole, mentre si cerca di aumentare i ricavi gestionali (sponsor, merchandising e match day), ci si finanzia e si tiene in ordine il bilancio con il Player Trading. 

Per quanto possa suonare come una strategia più vicina alla mentalità delle medio piccole squadre, vedasi Atalanta, Udinese e Sassuolo, questo è il piano. Che sia accettabile o meno, in particolare dal mondo dei supporters, c'è però un qualcosa che stona particolarmente, soprattutto dopo gli ultimi imbarazzanti risultati. E' molto semplice: per cosa il Milan ha fatto vedere sino a oggi, i suoi giovincelli di sicuro non si stanno rivalutando. Anzi, quelli che potevano essere delle piccole perle in un mare di cozze vuote, stanno perdendo valore

Esempio lampante: Piatek. Ventiquattro anni per lui, il giovane ex Genoa è stato acquistato a gennaio dell'anno scorso per un cifra intorno ai 40 milioni (35 più bonus), con contratto quadriennale e due milioni di ingaggio. Con le sue 24 reti nella scorsa stagione (13 al Genoa, 11 al Milan), il suo valore presunto si è raddoppiato in poco tempo, raggiungendo a toccare i 70 milioni più o meno a metà del girone di ritorno. Sebbene non sia partito benissimo (perdonate l'eufemismo), dopo sei giornate il suo valore reale non è sceso di molto. In altre parole, si tratta di un rimandato al prossimo appello con riserva; la speranza è che si risvegli nel giro di qualche partita. Se ciò però non dovesse accadere, per il Milan sarebbero guai, in quanto vedrebbe un giocatore di punta svalutarsi sensibilmente. Una svalutazione che vorrebbe dire, in caso di cessione, raccattonare una plusvalenza striminzita, che poco potrebbe aiutare il bilancio. 

L'esempio di Piatek però è da distribuirsi su tutta la rosa. Quando una squadra gioca male e non vince, che sia per colpa di allenatore, dirigenza o altri, il valore stesso della rosa scende vertiginosamente. In altre parole, non solo i giovani non aumentano nel valore, ma quelli già rodati si svalutano sensibilmente, divenendo così inutilizzabili da un punto di vista finanziario. Il problema, come segnalato in principio all'articolo, è che la rivalutazione della propria rosa era l'obiettivo di questa nuova dirigenza. Ben consapevoli che aumentare i ricavi gestionali è una strada lunga e tortuosa, si poteva ovviare per bisogni di bilancio con la compravendita dei giocatori. Gestionalmente parlando, è una scelta legittima e, in questa sede, non vogliamo scendere nel merito della questione. 

Se però realmente questa è la strada da seguire nel breve periodo, il campo deve dare delle risposte e la gestione tecnica deve essere accorta. Immaginiamo per un momento che una persona, totalmente a digiuno di calcio da tempo, si sia seduta davanti alla televisione per vedersi Milan-Fiorentina. Quali idee si sarebbe fatto dei vari giovani della rosa rossonera, in particolari dei neoacquisti? Che cosa avrebbe pensato nel vedere Bennacer provocare due calci di rigore contro la sua squadra, Krunic entrare e sparire nello stesso momento, Theo Hernandez non azzeccarne una, per non parlare degli altri, Leao a parte? 

Ora, se pensiamo con freddezza, sappiamo bene che questi giocatori possono offrire ben altro. Non saranno campioni o fuoriclasse, ma valgono certo di più di quello scempio offerto ieri sera. Ma tra il pensarlo e il metterlo in pratica, vi è una distanza siderale. Il rischio di apparire come l'incompiuto, il "bravino, ma nulla di che", è un pericolo non solo per loro direttamente, ma per chi se li tiene a bilancio e punta su di loro. Piove così una domanda semplice semplice, seppur provocatoria. Non sarebbe meglio evitare strane idee e tatticismi, affidandosi a un trainer senza troppi tarli per la testa, che sappia come valorizzarli?

Prendiamo Leao. Quando ieri si è ripreso un po' la sua posizione naturale, per obblighi legati all'espulsione di Musacchio, i numeri li ha fatti vedere, eccome. Una bella figura per lui, nulla da dire. Ma certo, avrebbe avuto ben altro risalto se quel gol nato da una serpentina lodevole avesse deciso una vittoria, sancito un pareggio strappato con le unghie o con i denti. E questo non è colpa di Leao, ma di quello che gli gira attorno e per gli ordini che riceve. 

Essere consapevoli di ciò che si sta vivendo è la prima mattonella da porre, per poter risalire. Siamo appena alla sesta giornata, ma ciò non conta. La stagione del Milan, miracoli ultraterreni a parte, è già stata abortita. Ciò che si può fare è salvare il salvabile. Se cambiare costantemente allenatore è un male (indiscutibile), camabiare costantemente giocatori, puntando su scommesse, lo è ancora peggio. E magari farlo guadagnandoci nulla, sarebbe un peccato imperdonabile.