#Elliotèinterista. Così i tifosi "accolgono" il sempre più probabile annuncio, che vedrebbe Pioli come nuovo allenatore sulla panchina del Milan. Dopo 48 ore in cui la dirigenza pareva voler dare il ruolo di tecnico a un profilo di primo piano, vedasi lo sfumato Spalletti, ecco l'improvviso cambio di marcia. Il "profilo di primo piano", definito come una scelta più che convinta e non un rincalzo, è Stefano Pioli. E fuori scoppia la rivolta. 

Se con Giampaolo si erano toccati livelli bassissimi di appeal, il Milan non vede migliorare la situazione annunciando il nuovo tecnico scelto. Anzi, se possibile, vede il suo trend peggiorare ancora di più. Pioli infatti non viene visto come l'uomo giusto dalla tifoseria. Il suo curriculum non entusiasma, la sua storia non brilla di trofei o qualificazioni importanti, Lazio a parte, e il suo modo di vedere il calcio avvicina un altro pericolo: il mantenimento del "susocentrismo", oramai odiato dai più. 

Insomma, imbarcando Pioli in questa nuova avventura, la dirigenza Boban-Maldini sta ancora una volta urtando pericolosamente i nervi dei loro fedelissimi supporters. Il che non è un bene, in una situazione già critica di suo. Inoltre, la rapidità di passaggio dal tentativo effettuato con Spalletti, a quello centrato con Pioli, ha le connotazioni della giravolta, di un salto triplo carpiato da nove in pagella. Stupendo, se avessimo occhio meramente estetico, ma rovinoso. 

D'altronde, basterebbe dare un occhio ai numeri per capirlo.
Vediamoli insieme. 

Nella sua carriera, Luciano Spalletti conta 858 partite come allenatore, di cui 433 sono vittorie. Media punti a partita un ragguardevole 1,76. Ben distante dalla media di Giampaolo: 1,25 punti a partita, con appena 110 vittore, su 332 partite da allenatore. Meno di un terzo. 

E Pioli? Purtroppo il tecnico emiliano non si distanza molto da Giampaolo, mentre vi è un abisso tra lui e Spalletti. Contando il doppio delle partite da allenatore rispetto Giampaolo, ha totalizzato 234 vittore su 631. Media punti a partita 1,42. Risultati importanti: un onorevole 3° posto con la Lazio. Stop, niente altro. 

Insomma, se dovessimo costringerli a un confronto, Spalletti e Pioli sono un po' agli antipodi. Entrambi sono bravi allenatori, sanno fare il loro lavoro, ma dal punto di vista dei risultati, non c'è storia. Pugilisticamente parlando, il match finirebbe con un knock-out alla seconda, massimo terza ripresa. Anche perché un confronto reale, i due lo hanno avuto allenando a breve distanza la medesima squadra. 

Spalletti giunge all'Inter nella stagione 2017-2018, l'anno dopo rispetto a quando ad allenare la formazione nerazzura vi era proprio Pioli. La differenza è chiara. Con una rosa non drasticamente diversa, Pioli era stato costretto all'esonero poco prima della fine, con un settimo posto finale a pesare sul proprio palmares. L'anno successivo, sebbene con un po' di fatica, Spalletti conquista invece l'accesso alla Champions League, tanto agognata dall'Inter negli ultimi anni. Risultato che si ripete l'anno successivo, sebbene Spalletti fosse già stato esonerato virtualmente, a causa della tentazione Conte. 

Domanda: con questi dati alla mano, quale tifoso non si infurierebbe? Chiaro, le società non sono guidate, e sottolineo per fortuna, dai tifosi. Le squadre devono essere gestite da personale che se ne intende, che ha competenza. Attenzione però che i supporters sono quelli che "finanziano" in maniera indiretta la squadra. Sono quelli che pagano il biglietto allo stadio; sono quelli che comprano magliette (merchandising); sono quelli che comprano abbonamenti tv. Senza di loro, i ricavi scendono e così le possibilità di crescere. Senza di loro, soprattutto, il brand di una club crolla. 

L'idea di dare la panchina a un tecnico esperto e relativamente vincente aveva un doppio lato positivo: cercare di rimettere in sesto la rosa, ma soprattutto rinfrancare i cuori sanguinanti dei tifosi che, ricordo, sono quelli che "pagano", generano i ricavi della società. 

Per questo, la giravolta targata Pioli è un suicidio di partenza. Forse, anche se non ho minime speranze, il tecnico ex Fiorentina, Lazio e Inter mi zittirà violentemente, con una sfilza di risultati utili consecutivi. Uno schiaffo morale che il sottoscritto accetterebbe volentieri, e con tanto di ringraziamento finale. Purtroppo, per mio modesto parere, una simile realtà è pura utopia. 

No, non credo che Pioli rivolterà il Milan come un calzino. Difficilmente si vedrà una scossa, dato che continuerà con la medesima filosofia protratta fino ad ora: Suso imprescindibile, Biglia regista e gioco spurio sulle fasce. Ciò che credo invece, è che il Milan vedrà il supporto dei tifosi calare sempre di più nei prossimi mesi e, contestualmente, il valore del suo brand già in discesa. 

Se e quando ciò accadrà, che cosa farà la proprietà targata Elliot? Vedendo il proprio "investimento" farsi sempre più ostico e oneroso, che linea decisionale prenderanno? 

Giunti a questo punto, c'è poco da dire. Se Pioli firmerà il contratto, non resterà che fargli sinceri auguri e sperare in meglio.
Ma come diceva Abatantuono, alias Lo Russo, nel pluripremiato "Mediterraneo" di Salvatores: "Chi vive sperando, muore Cag...".