Trattando di “Effetto Farfalla” un noto dizionario afferma che si parli di “locuzione comunemente usata per indicare l’estrema sensibilità alle condizioni iniziali esibita dai sistemi dinamici non lineari. In altri termini, infinitesime variazioni nelle condizioni iniziali producono variazioni grandi e crescenti nel comportamento successivo dei suddetti sistemi”. Nel 1972 Edward Lorenz scrisse un articolo: Predictability: does the flap of a butterfly’s wings in Brazil set off a tornado in Texas? Senza voler entrare nei difficili meandri della lingua inglese, il matematico si chiese se il battito delle ali di una farfalla in Brasile potesse provocare un tornado in Texas. E’ chiaro che tutto questo sembrerebbe rappresentare un’esagerazione, ma specifica in maniera piuttosto comprensibile quale sia la portata del significato della citata teoria che è d’ispirazione per i più svariati utilizzi. Solo per citarne uno: nel 2004 Eric Bress e J. Mackye Gruber diressero un film dal titolo The Butterfly Effect. Evan, il protagonista, ha il potere di cambiare eventi importanti del suo passato e 5 modifiche di un medesimo fatto consentono di raccontare altrettante storie diverse tutte all’interno dello stesso thriller fantascientifico. “Si dice che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo”. L’opera si fonda proprio sul principio sopraindicato e spiega come una minima differenza legata a un’azione possa originare risvolti futuri molto diversi. Sovente, nella vita quotidiana, si trovano situazioni che riconducibili tranquillamente a tale analisi. Si pensi a chi si reca a una festa da un amico e lì trova la sua anima gemella. Se questi non avesse insistito tanto per farlo partecipare, non sarebbe nata una nuova coppia. Pare assurdo, ma accade molto spesso.

Così questa teoria tanto strana si può collegare pure al mondo del calcio ed è incredibilmente riconducibile alle più svariate circostanze. Il primo esempio che balza immediatamente alla mente è quello legato alla magica Inter del triplete. I fatti sono arcinoti. Come nacque quella straordinaria epopea? Bisogna tornare al 2006. La Juventus era guidata dalla famosa triade composta da Moggi, Giraudo e Bettega. Era tarda primavera quando emersero i primi inquietanti risvolti di ciò che sarebbe presto divenuto uno dei principali terremoti del pallone italico. Il riferimento è chiaramente a Calciopoli. Era il 14 maggio quando la Vecchia Signora sconfisse la Reggina sul neutro di Bari aggiudicandosi lo Scudetto che poi sarebbe stato assegnato a tavolino alla Beneamata e che ancora fa discutere. Le sentenze di quella felice estate mondiale spedirono i pimontesi in serie B dando il la alla demolizione di una grande squadra. Durante quest’opera, colonne portanti della Juve come Vieira e Ibra si trasferirono ad Appiano Gentile e l’Inter di Mancini festeggiò altri 2 titoli nazionali rinforzandosi a dismisura. Nell’estate del 2008 lo jesino lasciò la Pinetina per concedere spazio a Mourinho. Dopo una stagione di ambientamento che portò comunque in dote il quarto sigillo consecutivo entro il confine, lo Special One compì il suo più grande capolavoro centrando il triplete nerazzurro che il 22 maggio 2010, in una gloriosa serata madrilena, spedì in estasi il popolo della Beneamata. Dal 14 maggio 2006 al 22 maggio 2010 trascorsero 4 anni e 8 giorni durante i quali quella che appariva ormai come la “Cenerentola” del calcio italiano riuscì a conquistare l’Europa. Da compagine bella, ma non sufficientemente forte per contrastare lo strapotere juventino, l’Inter si prese tutti i trofei possibili. E’ chiaro che diventa un po’ forzato paragonare una vicenda di proporzioni abnormi come Calciopoli a un battito d’ali di una farfalla, ma la situazione pare rientrare nel range della teoria. Con questo, naturalmente, non si vogliono neppure negare i meriti dei lombardi che nell’arco di quel periodo crebbero a dismisura divenendo realmente una superpotenza calcistica. Il “Butterfly Effect”, però, non nega la possibilità del verificarsi di eventi che vadano a implementare le circostanze cominciate con il primo fatto. Questo è solo un motore che fornisce l’imput iniziale perché “la potenza si trasformi in atto”. Se si analizza l’esempio sopracitato, si comprende che il presenziare alla festa non sarebbe sufficiente da solo. E’ necessario che a questo si aggiunga lo sbocciare di un amore e, molto probabilmente, un’importante opera di corteggiamento. Senza l’incontro iniziale, però, le azioni successive risulterebbero impossibili.

Si giunge così alla Juventus di Cristiano Ronaldo, Higuain, Ramsey e Dybala che deriva direttamente da quella del 2011 vantante Matri, Quagliarella, Pepe e Vucinic. L’intenzione non è certo quella di sminuire il valore degli eroi della prima Vecchia Signora “contiana”, ma di sicuro il paragone con quelli attuali non regge. La storia bianconera ha un antefatto e un epilogo diversi da quella nerazzurra, ma l’essenza della vicenda è assolutamente uguale. Per comprendere da dove nasce la versione dei piemontesi stagione 2011-2012 basta leggere quanto sopra. Non si vuole annoiare con inutili ripetizioni, pertanto si fa solo presente che Conte raccolse una squadra allo sbaraglio. I bianconeri giungevano da 2 settimi posti consecutivi e la situazione appariva ormai compromessa. Dove si riscontra il “Butterfly Effect”? In questo caso è difficile comprendere se l’epopea bianconera nasca dall’arrivo di Andrea Agnelli, Marotta e Paratici o da quello dell’attuale tecnico della Beneamata. Siccome i risultati positivi giunsero soltanto quando Conte presa per mano la sua Bella, si immagini che il famoso battito d’ali della farfalla combaci proprio con il ritorno del Capitano in territorio sabaudo. Senza dimenticare i nuovi-vecchi dirigenti della Juve, ci si concentri quindi sulla prima versione bianconera del mister salentino. Il pugliese iniziò subito un’opera di restauro morale e tattico di una compagine che assunse ben presto le sembianze di una micidiale armata. In una lotta incredibile contro il Milan di Allegri conquistò il primo Scudetto al quale ne seguirono altri 7 “contornati” da un doppio poker di Coppa Italia e Supercoppa Italiana. Il tutto senza dimenticare le 2 finali di Champions che, purtroppo, la Juve ha perduto. Dall’epopea interista, si è quindi passati a quella della Vecchia Signora ed entrambe derivano da episodi che rientrano perfettamente nella teoria “dell’Effetto Farfalla”.

Tale concetto, però, non sempre porta a conseguenze positive come negli esempi citati. Può capitare anche che la deriva sia negativa. Ecco, quindi, che si passa a parlare del Milan e per farlo è assolutamente necessario collegarsi a quanto scritto per la Juventus. Si potrebbe immaginare che il battito delle ali della farfalla rossonera sia proprio la sconfitta patita ad opera della Vecchia Signora che detronizzò i lombardi scucendo loro il tricolore dalle maglie. Ultimamente si prende sovente a prestito un celebre passo di una canzone di Riccardo Cocciante che recita così: “Povero diavolo, che pena mi fa”. Sono convinto che scrivendo Bella senz’anima il cantautore non si riferisse ai lombardi. In ogni caso, nell’immaginario comune, questa squadra è simboleggiata proprio dalla citata “bestia”. Data la situazione rossonera, il parallelo con le parole dell’artista cresciuto a Roma diventa abbastanza “azzeccato”. Questa pessima condizione nella quale versa il Milan partì proprio dal 2012. I tifosi bianconeri mi consentiranno di scrivere come sia favoloso romanzare sulla favola del “primo Scudetto” e su quanto fosse forte quella squadra guidata da Conte, ma la realtà impone di ammettere che gli uomini di Allegri andarono incontro a un folle harakiri perdendo, per esempio, punti fondamentali in casa contro una Fiorentina che si districava a fatica nei pressi della zona retrocessione oppure sempre a San Siro con un Bologna che non era proprio il Barcellona. Si potrebbero scrivere interi libri relativi al famoso gol ingiustamente non convalidato a Muntari, ma anche quello rappresenta il più classico degli “Effetti Farfalla”. Non si può certo dire che una rete non assegnata a una squadra in vantaggio per 1-0 in uno scontro diretto indirizzi inesorabilmente un campionato. Non si parla di Champions League. In serie A si giocano 39 giornate. Un episodio singolo non può mai fare la differenza, ma solo dare avvio a una trafila di eventi decisivi. Fu così. I rossoneri sconfitti persero Nesta, Zambrotta, Gattuso, van Bommel e Pippo Inzaghi. Ai loro addii si aggiunsero le partenze di Ibrahimovic e Thiago Silva. Così si avviò una lenta e inesorabile caduta verso gli inferi. Nel 2012-2013, gli uomini di Allegri centrarono persino un inaspettato terzo posto che arrivò con una rimonta straordinaria durante il girone di ritorno e permise ai lombardi di accedere ai preliminari di Champions. Gli ultimi sussulti di un’era. Nella stagione successiva, il toscano fu esonerato durante il mese di gennaio dopo una rocambolesca sconfitta 4-3 in casa del Sassuolo. I rossoneri erano l’unica italiana qualificata agli ottavi di Coppa, ma tale obiettivo non fu sufficiente a salvare il livornese che venne sostituito da Seedorf. L’arrivo dell’olandese rappresenta soltanto l’inizio di una lunga serie di vecchie glorie milaniste che hanno tentato invano di riaccendere la labile fiammella del Diavolo. Al centrocampista seguirono Filippo Inzaghi e Brocchi con l’intermezzo targato Mihajlovic. Risultato: in 2 anni e mezzo sono giunte solo grandi delusioni. Nel 2016-2017 Montella venne chiamato a rivitalizzare un Milan ormai spennacchiato. In effetti, il napoletano conquistò una Supercoppa Italiana che somigliava tanto a un brodino caldo che potesse essere terapeutico contro i malanni rossoneri. Nulla da fare. Dopo poche gare dell’annata successiva, all’Aeroplanino toccò la medesima sorte degli illustri Colleghi. Nel frattempo Berlusconi cedette la sua Creatura dopo tanti anni in cui l’aveva resa la squadra più titolata d’Europa. Con lui salutò pure Galliani. Al posto del magnate meneghino giunse tale Li Yonghong che scelse come collaboratori Mirabelli e Fassone. Fu l’estate delle “cose formali”, terminologia tanto cara alla nuova dirigenza rossonera. Arrivò Bonucci, ma di “formale” vi furono solo nuovi insuccessi. La proprietà asiatica fu presto costretta ad abbandonare e la società fu rilevata dal fondo Elliot che mise al timone Scaroni con Leonardo e Paolo Maldini al suo fianco. Nella trascorsa stagione il Milan di Gattuso chiuse l’annata al quinto posto, ma in nome del FPF non disputa l’Europa League. Il tecnico calabrese, chiamato al posto di Montella, fu sostituito da Giampaolo. Il resto è storia recente che è bene analizzare nel dettaglio.

Innanzitutto occorre sottolineare come l’estate abbia portato a un ennesimo cambiamento a livello dirigenziale. L’addio di Leonardo è stato compensato dall’arrivo di Boban. Sono contingenze e devono essere accettate, ma sicuramente non si vedeva la necessità di u’ ulteriore modifica nei vertici che scombussola l’equilibrio aziendale. Nella trascorsa stagione il Milan lottò per accedere alla Champions come non gli capitava da 6 lunghi anni. Si scorgeva, quindi, una possibilità di risalita fotografata da un palese miglioramento rispetto al passato recente. La domanda è: “Perché aprire nuovamente un altro progetto? Gattuso ha voluto a tutti i costi lasciare la sua panchina e non vi era modo di convincerlo a restare oppure la scelta è stata anche solo condivisa?Se possibile sarebbe stato meglio non lasciare la retta via. Sovente si parla di “bel gioco” o “gioco propositivo”, ma questa terminologia rischia di trasformarsi ben presto in “calcio champagne” nell’accezione più frivola del vocabolo. Senza i risultati non esiste teoria che tenga. Il calabrese non avrà mostrato schemi entusiasmanti o “tattiche d’alta moda pallonara”, ma era terribilmente concreto. Conosceva perfettamente l’ambiente ed era stato in grado di trasmettere un sentimento importante ai suoi uomini. In perfetto stile Conte. Eh infatti, l’Inter del pugliese vince mentre il Milan… In ogni caso, Ringhio appartiene ormai a un passato migliore del presente. Inutile piangere sul latte versato. La scelta di Giampaolo, poi, è tutt’altro che negativa. E’ un ottimo tecnico con idee importanti. All’apparenza non sembra disporre esattamente del phisique du role per gestire una situazione come quella attuale dei rossoneri, ma è solo un’impressione. Ha necessità di tempo. E’ un maestro di calcio e occorre concedergli ulteriori possibilità anche perché cambiare guida tecnica adesso significherebbe rinnegare un progetto appena iniziato e dover ripartire da capo. L’abruzzese ha le carte in regola per risollevarsi. Ora: si vuole parlare della comunicazione rossonera? Non sono certo un esperto, ma la sfida con la quale il nuovo allenatore ha aperto la sua avventura meneghina è apparsa un tantino azzardata. Poco prima un guru come Conte aveva utilizzato l’espressione “testa bassa e pedalare” legandola alla sua Inter certamente ridotta meglio del Milan. Replicare affermando “testa alta e giocare a calcionon è parsa strategia molto lungimirante o quantomeno il rischio di brutte figure era eccessivo. Eh infatti… Dopo 6 giornate di serie A, la Beneamata guida la graduatoria con 15 punti. I rossoneri ne hanno solo 6. Tutto questo è dettato pure da un calciomercato apparso alquanto deludente. Si è trascorsa un’intera estate esaltando Bennacer e Krunic. Bene. Anzi benissimo. Non si può, però, fondare la soddisfazione di una campagna acquisti su 2 giocatori che la stagione precedente erano i pilastri di una mediana retrocessa in serie B. Sono giovani di prospettiva molto interessante. L’algerino è addirittura stato recente protagonista della conquista della Coppa d’Africa da parte della sua Nazionale, ma è un neofita del nostro calcio. Ha bisogno di apprendere ancora tanto. Non si può concedergli le chiavi del centrocampo del Milan. Qualcuno affermerà che con simili ragionamenti non si darà mai largo ai giovani. Non penso che esporli subito al rischio della berlina sia la soluzione migliore. E’ risaputo, poi, che Giampaolo prediliga giocare con il trequartista. Un mister come lui necessita di essere posto nella condizione di poter esprimere le sue accattivanti idee. La rosa dei lombardi è zeppa di attaccanti esterni con Paquetà unico fantasista di ruolo. Suso viene adattato in quella posizione, ma la sua natura lo porterebbe in altri lidi. A proposito, sono anni che il Milan cerca di appoggiarsi sulle spalle dello spagnolo. Pur essendo un ottimo giocatore non è un campione. Che dire, poi, di Piatek e delle sue polveri bagnate? Con il tempo si spera possa ritrovare la micidiale forza d’urto della trascorsa stagione. E la difesa? Theo Hernandez è forte, ma non ha esperienza. Donnarumma e Romagnoli sono i 2 pilastri sicuri sui quali pare possa poggiarsi l’intera costruzione lombarda senza troppi pericoli di crollo. In sostanza, le difficoltà che il Milan sta affrontando non stupiscono più di tanto. E’ un ennesimo progetto che non pare nato sotto la migliore stella o che comunque necessiterà di un superiore lasso temporale per decollare e un’occasione sprecata dalla società per proseguire su una rotta che, seppur non perfetta, pareva positiva. Allo stato dell’arte sembra inutile cambiare ancora. Serve un altro battito d'ali della farfalla che rilanci questo povero Milan. Ah dimenticavo: leggo su più fonti che Rafael Boban, giovane figlio di Zvone, ha scritto commenti social non proprio confortanti sulla posizione di Giampaolo. Forse era il caso di evitare…