Triste ma vero, per competere ad alti livelli, una società deve sostenere necessariamente costi elevati. Costi elevati in quanto il calcio sta sempre più difendendo un business entertainment. Una forma agonistica di intrattenimento, che attira molti sguardi e, quindi, molti denari. Basti pensare all’inflazione avuta, in particolare nell’ultimo lustro, sul valore dei cartellini, nonché degli stipendi dei giocatori. Dove un tempo il top player aveva una quotazione vicina ai 100 milioni di euro, oggi tale cifra è quasi raddoppiata e continua a crescere a ogni sessione di mercato. Il Fair Play Finanziario infatti, laddove si era prefissato l’obiettivo di contrastare l’inflazione, non ha avuto gli anticorpi necessari per evitare tale infezione. Un’epidemia che ha avuto come effetto quello di aumentare la differenza di potenziale economico tra top club e società medio-piccole. In altre parole, l’esatto contrario di quanto il FPF ha cercato di fare. Se andassimo infatti a leggere i dati pubblicati nella Deloitte Football Money League, noteremmo un fatto sconcertante. Tra le prime 20/30 squadre, ordinate per fatturato, e il resto di tale infinita classifica, vi è un vero e proprio abisso. Il che ci porta in definitiva a dire, come già qualcuno in questa piattaforma ha sentenziato, come una European Super League, sebbene non ufficialmente, esista già di fatto. Ed esiste in maniera assai più subdola, con regole non scritte, ma che hanno un effetto ancor più devastante. Una in particolare: se non hai i soldi, non vai da nessuna parte. E come si fanno i soldi nel mondo del calcio? Al di là di biglietti, abbonamenti e magliette, la cui somma in realtà rappresentano solo una parte minoritaria del fatturato, a contare veramente sono i contratti sponsor e i diritti tv. Fonti di reddito il cui valore può crescere, così come diminuire, in base ad alcune discriminanti: 

  • Peso del brand
  • Platea d’utenza (numero dei tifosi)
  • Storia del club
  • Risultati sportivi recenti
  • Progettualità

Per quanto riguarda le prime tre voci appena elencate, il Milan non dovrebbe avere alcun problema. Essendo però anch’esso un business, da anni nel calcio si è cominciato a pretendere ciò che viene da sempre richiesto nel mondo aziendale: risultati e progetti sostenibili. Ebbene, nelle ultime stagioni, ciò è proprio quello che è mancato nell’universo rossonero. Il che, come si potrà facilmente immaginare, ha avuto degli effetti devastanti sul suo blasone. Dove oltre un decennio fa era infatti una delle società con i fatturati maggiori, oggi è relegato ben oltre la ventesima posizione di questa particolare classifica. Il Milan non è dunque stato al passo con i tempi, non è evoluto come invece hanno fatto gli altri top club europei. Credendo di avere delle fondamenta talmente solide da poter sorreggere ogni situazione, non ha investito nella crescita e nella progettualità costante. Una mancanza strategica che ha portato ben due effetti assai deleteri: 

  • Crollo dal punto di vista tecnico sportivo
  • Ripercussioni sull’appeal economico finanziario del brand

In gergo economico, tale atteggiamento è tipico di chi si crede To Big To Fail, troppo grande per fallire. Più che un atteggiamento, si tratta di una vera e propria sindrome. Ogni anno che passa, da casa Milan infatti pare sempre giungere una sordida speranza, quella del “siamo in un momento di transizione, ma a breve torneremo grandi”. Purtroppo, questo benedetto anno di transizione alla fine si è tramutato in un lustro, se non addirittura in un decennio di transizione. E più il tempo passa, più questo limbo, dal quale si crede sempre di poter uscire in breve tempo, sta diventando sempre più la nuova dimensione del Milan: quella della media società. Ciò lo si può comprendere dal fatto che, nell’ultimo triennio, il Milan faccia fatica a stare tra le prime 20 società per fatturati (quest’anno è 21°). Inoltre, fattore che è a sia causa che conseguenza di quanto appena detto, il club si trova in estrema difficoltà dal punto di vista degli sponsor. Non solo Gazidis non riesce a riempire tutti gli slot disponibili per le sponsorizzazioni, ma quelli già occupati si svalutano anno dopo anno. È notizia di pochi giorni fa infatti che Fly Emirates, sebbene sia intenzionata a rinnovare il contratto di sponsorizzazione con i rossoneri, lo farà solo a cifre inferiori. Un problema non da poco, se si pensa che il Milan ha visto scendere di oltre un terzo il valore dei ricavi commerciali, nel giro di appena 4 anni. Così facendo i ricavi, già in discesa nell’ultimo triennio, continuano a diminuire, il che significa che il bilancio può sostenere costi sempre meno ingenti. Tradotto in parole più semplici: il Milan potrà sempre meno permettersi giocatori importanti, in quanto il loro cartellino costa parecchio, così come i loro stipendi. Non bisogna infatti dimenticarsi che, per quanto la Champions League sia sempre il primo obiettivo, per potervi giocare i bilanci devono essere necessariamente in equilibrio. E il Milan è ancora lontano da una simile situazione positiva. 

Esiste una via d’uscita a tutta questa situazione? La strategia approntata dal fondo Elliott, e in particolare dall’AD Gazidis, pare non aver sortito gli effetti sperati. I ricavi non sono saliti e, al contrario, il bilancio si è appesantito di stipendi il più delle volte troppo onerosi, in particolare se raffrontati ai risultati sportivi ottenuti. Forse, e ribadisco forse, un ennesimo cambio societario, magari capeggiato da un colosso come il gruppo di Louis Vuitton, potrebbe cambiare questo trend negativo. Nell’universo di Arnault orbitano infatti vere e proprie galassie miliardarie, il che potrebbe ridare lustro al brand e dare una scossa in chiave progettuale. Ovviamente, e questo lo dico per i tifosi come il sottoscritto, è inutile credere che, anche di fronte a una simile rivoluzione societaria, a Milanello possano approdare grandi nomi. Il Fair Play Finanziario vale infatti per tutti: dagli ultra ricchi, a chi non ha occhi per piangere.

Comunque vada, è ipotesi dello scrivente che la prossima stagione potrebbe essere decisiva. Il Milan si trova da troppo tempo in questo guado, in questo pantano, in questo limbo. Se nel breve non troverà finalmente le forze per uscirne, purtroppo è probabile che vi sarà condannato per molto, moltissimo tempo. Per quanto infatti si possa essere stati grandi, non esiste alcuna legge universale che permetta di esserlo in eterno. 

“Non rovinare mai il tuo presente per un passato che non ha futuro” - William Shakespeare



Un abbraccio

Novak